Mandanti e complici

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Niccolò non aveva risposto a Marta per tutta la sera precedente: aveva visualizzato il messaggio e ignorato volutamente i successivi cinquanta, spesso senza senso. Ma ora la doveva affrontare di persona: la tramvia faceva ormai capolino in fondo a Viale Morgagni, circondata dal solito traffico. Niccolò la stava aspettando seduto sulla panchina della fermata, giocando senza troppa partecipazione a Candy Crush, chiuse l'app senza curarsi di perdere una vita quando il tram si fermò, aprendo le porte. Marta, riconoscibile dai capelli biondi e ricci che le incorniciavano il viso, scese dal tram con un sorriso stampato in volto, dirigendosi a grandi passi verso Niccolò che la considerava un demone travestito da angelo: occhi chiari, capelli biondi, una bellezza ammaliante che avrebbe incantato qualsiasi ragazzo etero di passaggio che celavano una mente perversa e una passione per tutto ciò che andasse a trovarsi sotto la dicitura "vietato ai minori di diciotto anni". Era a conoscenza del fatto che teneva sempre nella borsa qualche fumetto giapponese a tematica gay o che sul telefono teneva senza vergogna un'intera raccolta di storie dello stesso genere. Nessuno in famiglia lo sapeva, la consideravano un'eccellente studentessa di medicina con la media del trenta e lode.

«Allora, che ne dici del mio progetto?»

«È pessimo» rispose lui arrotolando le cuffie. Gli ultimi cento metri fino al plesso di ingegneria sarebbero stati i più terribili, soprattutto perché era convinto che l'amica non avrebbe mollato la cosa senza lottare.

Marta scosse la testa. «Andiamo, Ninì! Si vede quanto tu sia cotto di lui! E secondo me gli interessi!»

«L'hai detto anche quando eri convinta che Luca ci stesse provando per te quando in realtà voleva solo la Chiara» le disse Niccolò alzando un sopracciglio.

Marta incrociò le braccia, il solo sentir parlare di quei due insieme le faceva ribollire il sangue nelle vene. Luca si era dimostrato solo un viscido play boy e considerava il suo attuale fidanzato, Francesco, come una manna dal cielo. Il solo averle offerto un gelato mentre piangeva su una panchina di Piazzale Michelangelo dopo aver scoperto il tradimento di Luca le aveva fatto perdere un battito e l'aveva lanciata in un film mentale degno di Oscar. Il ruolo del salvatore era stato assunto da Niccolò che conosceva bene Francesco, suo collega di corso e amico fin dal primo giorno della loro carriera universitaria. L'aretino aveva implorato quasi in ginocchio quel tipo dai capelli castani, gli occhi color nocciola e il fisico da statua greca che non aveva mai avuto una relazione stabile, di non illudere Marta per non incorrere nella sua furia omicida. Francesco alla fine si era convinto, dando ascolto all'amico e, lasciando tempo al tempo, si erano messi insieme dopo essere usciti per un mesetto, quando lui si era reso conto di essere cotto di Marta. Luca era tornato strisciando, guadagnandosi solo un bel vaffanculo da parte della ragazza.

«Credi che non ci sia un motivo per il regalo che papi mi farà per i ventidue anni? Voglio la Ferrari solo per investirlo, cosa pensavi? Non posso farlo con una Panda, sarebbe troppo da poveri!»

«Non insultare così le Panda».

«Oh, a un campagnolo come te fa comodo» sorrise lei sfoderando un altro sorriso. Niccolò sospirò: sapeva quanto fosse ricca la famiglia di Marta, ma lei prendeva la cosa più con ironia, rinfacciando solo a lui il fatto di essere pendolare. «Sì, ma che ne dici del mio progetto?»

«Mhmh» fece Niccolò, guardando l'orologio. «Cazzo, è tardissimo, sono in ritardo!» biascicò prima di darle un bacio sulla guancia e correre via, rischiando di scivolare sulla grata alla fine delle scale. Marta alzò le spalle, avviandosi verso Careggi, verso l'edificio in cui si tenevano le lezioni. Si fermò un attimo, guardando il dipartimento di matematica dall'altra parte del viale. La costruzine gialla si stagliava davanti a lei. Si guardò ai lati, accertandosi che non arrivasse nessuna tramvia – finire sul giornale come la prima a essere investita da uno dei mezzi era l'ultima cosa sulla sua to-do list – poi attraversò a corsa, costringendo una macchina a inchiodare. Si ricompose i capelli non appena fu sul marciapiede dall'altra parte, ignorò gli insulti e il continuo suonare del clacson della macchina che quasi l'aveva investita. Aveva imparato a memoria gli orari delle lezioni dei suoi amici, in modo da poter progettare gli incontri della sua coppia preferita. Sorridendo, si avviò all'interno, cercando con lo sguardo Domenico. Dato che erano le dieci di mattina, lui era a lezione già da due ore e lei non avrebbe iniziato prima di una. Era arrivata in anticipo solo per convincere Niccolò del suo piano, ma Niccolò era scappato a seguire le sue lezioni; di tanto in tanto gli chiedeva se tutto ciò gli servisse per costruire con il Lego e lui, dopo aver negato le prime volte, aveva ammesso di voler creare una città con il Lego sfruttando la mansarda vuota che la casa dei nonni offriva.

Take me awayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora