Come volevasi dimostrare

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Da quando era tornato ad Arezzo, Niccolò non era riuscito a togliersi di testa quella sera, arrivando perfino a parlarne con Gobbo mentre il gatto si strusciava contro il suo petto facendo le fusa, gustandosi i grattini che il padrone dispensava insieme ai croccantini.

Anche se era passato un mesetto e mezzo, gli risultava difficile non pensare a quel primo vero bacio e a tutti quelli che erano seguiti quando Domenico era tornato in Toscana e il ricordo gli impediva di concentrarsi sulla visione del Trono di Spade. Aveva deciso di riguardare le puntate di tutte le serie pur di perdere tempo e rimandare lo studio per uno degli ultimi esami che lo separavano dalla tanto agognata corona d'alloro.

Nascose la faccia tra le mani, mormorando qualche parola senza senso quando gli tornò in mente la serata a Catania in cui, in qualche modo, si erano dichiarati.

Cercò di concentrarsi sulla serie - meglio vedere teste tagliate che studiare, si disse deciso, ma si rese conto con orrore che Gobbo aveva deciso di saltare sopra il mobile e camminare avanti e indietro, lasciando che la coda coprisse le facce dei personaggi. Inveii contro il gatto, trattenendosi dal lanciargli contro una ciabatta. Il gatto si fermò al centro dello schermo e Niccolò si lasciò scivolare dalla poltrona, fino a finire sul tappeto rosso, decorato da un motivo alla greca in bianco. «Stupito gatto» borbottò quando Gobbo gli saltò addosso, iniziando a muovere le zampette sul petto del ragazzo. «Non sei un fornaio» gli disse accarezzandogli la testa.

Quando il suo telefono squillò, era indeciso se lasciarlo suonare o rispondere alla chiamata, ma la paura che Teresa tornasse a casa e gli tirasse qualche mestolo in testa per non aver tirato giù il pollo dal freezer, lo convinse a ignorare i miagolii di Gobbo. Prese il cellulare dal tavolo accanto alla poltrona, rispondendo alla chiamata. Si trattava di Marta, il cui nome con accanto cinque rose rosse campeggiava sullo schermo incrinato.

«Stasera ci vediamo alle nove al solito pub» gli disse tutto d'un fiato prima di chiudergli la chiamata in faccia senza dargli il tempo di ribattere. Niccolò sospirò, consapevole di essere stato messo con le spalle al muro. Si rimise in poltrona e Gobbo gli saltò in braccio, rannicchiandosi sulle sue gambe e iniziando a fare le fusa.

«Hai già mangiato, non ti do altri croccantini» gli disse distrattamente mentre componeva il messaggio per Domenico, scrivendogli se poteva venire a prenderlo a Rifredi verso le sei in modo da fare cena insieme e poi raggiungere Marta e Francesco.

Gobbo miagolò, saltò in terra e si allontanò con la coda alzata.

«Stupido gatto grasso».

-D'accordo, tesoro. Arancini, stasera?

Dopo qualche mese ancora non si era abituato al fatto che Domenico lo chiamasse tesoro e che Assuntina aveva ottenuto qualsiasi foto riattraesse loro due, ormai nominati nipote vero e nipote adottato.

-Devo ancora perdere i tre chili guadagnati con nonna Assuntina, ma va bene.

-Quei kili non sono di troppo. Quei chili sono amore puro. rispose Domenico allegando poi una serie di GIF. Niccolò scosse la testa, spense la TV, mandò un messaggio alla madre avvisandola che sarebbe rimasto a dormire a Firenze e si alzò, dirigendosi in bagno. Non appena chiuse la porta, sentì miagolare e graffiare fuori dalla stessa.

«Gatti» si disse sconsolato aprendo l'acqua.

***

Marta se ne stava con la testa appoggiata al braccio di Francesco, scorrendo le foto su Instagram e controllando ogni secondo che la foto che aveva messo nel pomeriggio con lo stetoscopio raggiungesse i soliti livelli di like. D'altra parte, chi avrebbe resistito a cliccare il cuore sotto una foto di una bellissima ragazza correlata anche da hashtag quali medlife e medstudent?

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