Se son rose fioriranno... se son peonie...

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Qualche anno dopo


«Ninì, sbrigati, dai!»

Niccolò si passò una mano sulla faccia: Marta non l'avrebbe mai lasciato in pace.

«Non abbiamo trent'anni per scegliere quei fiori!» continuò Marta continuando a chinarsi a ogni singolo vaso per osservare da vicino i particolari.

«Preferisci questo colore o questo?» chiese indicando due vasi di peonie, ciascuno ai suoi lati. Quello a sinistra aveva fiori tendenti al fucsia, l'altro tendenti a un rosa più chiaro. «Allora?»

Niccolò si strinse le tempie tra pollice e indice. «Toglimi una curiosità. Rompi le palle così anche ai pazienti? Chiedi se preferiscono il catetere blu o verde?»

Marta lo fulminò con lo sguardo. «Giuro ti passo sopra con la Ferrari solo per farti provare ebbrezza di toccare un po' di ricchezza».

Niccolò ridacchiò, indicando poi quello a destra. «Mi ricordano la pantera rosa».

«Non cambierai mai, eh?»

«Marta, è un classico! Come le Winx».

Lei annuì poco convinta, grattandosi una guancia per poi allontanare subito la mano, preoccupata dal fatto che potesse sbavare il trucco per cui aveva perso buona parte della mattinata. 

«Senti, puoi prendere delle decisioni? Non ho tutta la giornata per stare dietro ai tuoi ripensamenti e, soprattutto, al tuo guardare le travi della serra al posto dei fiori!» sbottò Marta incrociando le braccia. «Ma quanto aveva bevuto Domenico per farti la proposta di matrimonio? Tre barili?»

«Veramente un bicchiere di Pinot Grigio...» rispose Niccolò abbozzando un sorriso. Marta sospirò, scuotendo la testa. «Gnamo, va', grullo d'un aretino».

***

«Allora? Emozionato?» Marta fece una giravolta, facendo alzare appena la gonna del vestito viola che aveva comprato in America, aggiungendo un "Tanto prima o poi lo userò" dopo aver passato la carta di credito al commesso.

Niccolò si lasciò cadere sulla poltrona del salotto della casa dei genitori di Marta. «No. Sono. In. Panico. Come faccio ad andare a vivere con un insegnante di matematica? Io che sono un ingegnere! E stavolta lo sono davvero!»

Marta lo guardò inclinando la testa. «Così come hai fatto un tatuaggio di coppia con lui».

«Sì, però potevi lasciarci fare quella matrice!»

«Niccolò, per favore. Va bene che siete scemi, ma così è anche troppo!» sbottò lei mettendosi le mani sui fianchi.

«Spero solo di sopravvivere a te e alla Rita durante il ricevimento».

«Non puoi continuare a nasconderti nel salotto per sempre. Sembri un bambino di tre anni, non un ingegnere di ventisei!»

«E non è forse vero che un ingegnere civile è solo un bambino che non ha mai smesso di giocare con il Lego?»

Marta sospirò. «Ora chiamo Domi, forse ti convince ad affrontare il terremoto di sua cugina».

«No, ti prego. Ha fatto il servizio fotografico fuori da Palazzo Vecchio. È stato più imbarazzante di quando mia madre entrò in camera chiedendomi se volessi la salsiccia per cena mentre avevo un altro tipo di salsiccia in bocca».

Marta spalancò la bocca, allargando poi le braccia. «Tu... Cosa... Come... Quando... Perché...»

Niccolò scosse le spalle. «Fu imbarazzante».

«Ah, quindi è qui che ti nascondi» disse Domenico avvicinandosi con un bicchiere di spumante in mano e trascinando la gamba mentre il cagnolino di Marta si avventava sull'orlo dei pantaloni bianchi che indossava.

«L'unica volta che compro un completo lo devo trovare impelato da Cassata e morso da questo moscerino fastidioso».

«Marshmallow! Qui, bello!» urlò Niccolò allargando le braccia mentre il cagnolino - un volpino bianco - si precipitava a fargli le feste.

«Almeno qualcosa di utile sai fare. Però, minchia, sei davvero un idiota. Non puoi fuggire sempre da Rita e Assuntina. Ah, a proposito, ci sono gli arancini, mica vuoi evitare di mangiarli?» chiese Domenico abbozzando un sorriso. Niccolò si alzò, lisciando la giacca bianca - perché Marta aveva preteso anche i completi uguali quando si era improvvisata wedding planner per loro due -, poi diede un veloce bacio sulle labbra a Domenico. «Sono pronto ad affrontare qualsiasi sfida per gli arancini!» gli disse prima di tornare in giardino dove Marta aveva deciso di organizzare il ricevimento. D'altra parte, la vista panoramica su Firenze e la capienza c'erano, perché pagare altro?

Assuntina, come vide Niccolò mettere piede sull'erba curata del giardino, si precipitò da lui con un piatto colmo di arancini e altri assaggi di cibo rigorosamente siciliano e cucinato da lei tra il giorno stesso e il precedente. 

«Mangia a nonna, ora che sei mio nipote devi mettere su qualche altro chilo» gli disse mettendogli in mano il piatto. Poi si allontanò, tornando poco dopo con un altro piatto altrettanto pieno per Domenico. «Mangia, che stai sciupato».

Niccolò gli lanciò uno sguardo divertito, alzando poi le spalle. «Guarda che se non lo finisci ci penso io».

«Ma sei una fogna o cosa?»

«Probabilmente un condotto di aspirazione... però il cibo di tua nonna è speciale, mi era mancato troppo».

«Sei stato a Catania tre settimane fa».

«Mi è sembrato secoli fa».

Domenico sospirò, prendendo poi in mano un arancino. «Ne ha fatti di cinque tipi diversi. E stanno continuando a essere portati... Marta, toglimi quel topo dalla gamba, mi sta sbavando sulle scarpe da cento euro».

«Volevamo un cane da guardia, ma poi mamma tornò a casa con questo batuffolo e i' mi babbo l'ha addestrato a fare queste cose quando ci sono sconosciuti» rispose lei cercando di addentare un arancino senza distruggere il rossetto che aveva scelto per la giornata. 

Domenico sospirò, guardando poi il volpino. «Sciò» gli disse. «Sei più invadente di Cassata».

L'altro cane, sentendosi chiamato, alzò la testa, poi si avvicinò a Domenico scodinzolando. «Mio Dio, perché devono capitare tutte a me?»

«Tu hai voluto che Cassata portasse gli anelli e per poco non ha buttato in terra il sindaco per dare una bella lavata di faccia» fece notare Marta continuando a sbocconcellare l'arancino, mentre Niccolò annuì dopo essersi passato il tovagliolo sulle labbra. 

«Mangia a nonna, che sei sciupato» gli disse Assuntina togliendogli il piatto vuoto di mano e dandoglielo un altro pieno. «Vedi come sei magro?» continuò tastandogli il braccio. «Mangia a nonna, mangia che sei sciupato».

«Mangia a nonna!» ripeté lei tastandogli il braccio.

«Nicco. Benvenuto in una famiglia del Sud. Qui nessuno sfugge a nonna».




L'angolino buio e misterioso

Bien, una promessa è una promessa quindi ecco a voi il capitolo extra/conclusivo/sorpresa per le 1k letture. Non mi pare che nessuno l'abbia indovinato, ma fa niente, eccolo qui. Credevate che le rose e le peonie fossero messe a caso? E invece no! 

cioè, all'inizio sì, poi faccio tornare cose. 

Anyway, spero che vi sia piaciuta questa storiella! 

Grazie a chiunque sia passato di qui❤

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