2- Un pugno di troppo

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«Lasciami Dylan, lasciami!» sbraito dibattendomi tra le sua braccia come un'anguilla, senza riuscire a trovare un modo per sgusciare fuori da quella presa troppo esperta e ferrea.

Mi ha placcata per terra, e non appena monta a cavalcioni su di me non posso più muovermi.
Riesco a scorgere la figura dell'altro ragazzo dibattersi tra le braccia di due suoi amici atletici quanto lui, fino a che Dylan non si sdraia lentamente sulla mia figura per calmarmi il più possibile.

La sua mano destra afferra dolcemente le mie guance, i nostri sguardi si incrociano e si incatenano in una maniera tale da farci estraniare dal mondo, arrivando a esserci solo noi due.

Lentamente il mio respiro torna regolare; il petto sale e scende ad un ritmo umano e non come quello di un animale selvatico appena sfuggito al suo cacciatore come fino a poco fa.
Scuoto leggermente la testa, e realizzo di avere appena combinato un casino al quale dovrò rimediare in fretta, per lo meno prima che lui lo scopra.

«Piccola, ora ti calmi e mi spieghi che cos'è successo, okay?» dice Dylan delicatamente.
Quando capisce che la situazione è stabile si alza, mi porge una mano e mi tira su con lui.
Avanza in mia direzione, fino a che la mia schiena non è appoggiata al muro e la sua figura contro la mia.

Appoggia le mani ai lati della mia testa mentre continua a fissarmi, ma questa volta con rimprovero.
Odia quando perdo la ragione, anche quelle volte in cui sa che non è totalmente colpa mia. Ho sempre fatto fatica a tenere la testa attaccata alle spalle in determinate situazioni, e lui lo sa bene.

Rivolgo un sorriso di ringraziamento al ragazzo dai capelli corvini che mi sta fissando con dolcezza, per il quale ho perso la testa ormai tanto tempo fa.
«Che cos'è questo frastuono?» chiede una voce dura alle mie spalle, la quale non ammette decisamente repliche.

Tutte le persone presenti in corridoio si sistemano in posizione eretta, con occhi pieni di terrore e rimprovero verso loro stessi; la maggior parte di loro credo proprio che voglia trovarsi magicamente da tutt'altra parte.

«Perché il tuo naso sanguina, Jackson?» dice ancora la voce, più alterata di prima.
Rossi.
Un silenzio quasi inquietante prende posto alle grida di poco prima, e il sangue smette di scorrere tra le vene.
Mi si mozza il respiro, e Dylan si sistema più dritto dandomi le spalle, quasi a proteggermi.
Sono nei guai.
Ma è possibile che siano tutti così spaventati dal direttore?

«Quella ragazza, signore» dice con voce ferita James, o Justin, mentre il suo indice ancora sporco di sangue si alza in direzione di Dylan.

Un mugolio esce dalla sua bocca, e cade in ginocchio con la mano sul naso sanguinante. Era un gancio niente male, che fa venire male al mio setto nasale al solo pensiero.
Ora sono nei pasticci. Lo sapevo che dovevo girare i tacchi all'aeroporto e andare via. Adesso invece mi sospenderanno, mi ricaccerà indietro facendo riferimento al mio fascicolo e verranno riaperte tutte le pratiche.
Non se sono più veloce di lui.

La mano di Dylan cerca la mia da dietro la sua schiena, e mentre sento l'ordine che Rossi gli impartisce riguardo il naso di quel poveretto che tanto innocente non è il mio cervello si illumina di un'idea malsana.

La mia figura viene scoperta da quella del mio ragazzo, il quale, da buon medico, si china per analizzare la situazione del naso del compagno ferito.
Rossi si gira lentamente, e non appena incrocia il mio sguardo il mio cuore prende a battere velocemente, facendomi sentire il battito rimbombare nelle orecchie.
Corri.

È tutto ciò che il mio cervello, dopo aver analizzato le possibilità che ho a disposizione, mi suggerisce.
Le gambe si muovono ancor prima che io possa ragionare; devo correre via davanti al pericolo, così come ho sempre fatto. Scendo le scale con tre balzi, utilizzando il corrimano come se fosse un perno per guadagnare terreno. Corro lungo il corridoio fino a sbucare nella hall, svolto velocemente a destra e corro a perdifiato fino all'ingresso a vetri. Esco dalla porta principale urtando una ragazza di corporatura più piccola della mia, e la faccio sbilanciare.

Soldier - CARTACEODove le storie prendono vita. Scoprilo ora