6- La divisa non fa il soldato

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Due mesi dopo..

Busso indecisa alla porta che ho davanti dopo essere stata in piedi di fronte ad essa per circa cinque minuti.

Un permesso profondo arriva dall'altra parte, e prendo un bel respiro prima di entrare.
Sono un fascio di nervi.

«Tenente» dico mentre le mie gambe si muovono passo dopo passo meccanicamente per raggiungere la grande scrivania di mogano presso cui è seduto.

«Dimmi, Marshall» risponde tranquillo.
Alza il capo in mia direzione mentre si sistema meglio sulla sedia, e fissa i suoi occhi verdi nei miei in attesa di una risposta.

Dopo l'accaduto turbolento della prima settimana iniziale al Rosberg, Rossi ha selezionato alcune persone che ha allenato personalmente nei due mesi successivi ogni singolo giorno, mattina e sera, usando un regime prettamente militare. Gli allenamenti si son rivelati decisamente tosti, tanto da aver preso una batosta praticamente ogni volta che mi sono allenata, in qualsiasi disciplina. Credevo di esser messa bene a livello di muscolatura e resistenza, ma evidentemente non era così. Il mio corpo, per il primo periodo di allenamento, ha risentito del pessimo trascorso dal quale arrivavo.

Avevo intuito che Rossi fosse molto rigido, ma non pensavo fino a questo punto; mentalmente è una persona distruttiva. Ha passato due mesi a sottolineare ogni singolo errore o difetto della mia persona, e anche se sono consapevole del fatto che lo abbia fatto per il mio bene, non sempre sono riuscita ad accettare le critiche.

Ogni giorno, però, sono riuscita a capire l'errore e a migliorare.
«Non sono pronta, signore» dico indecisa, mordendomi il labbro inferiore con nervosismo.
Sul suo viso si disegna un'espressione contrariata, severa. Domani dovremo sostenere l'esame finale che ci darà la conferma se questi mesi siano stati utili o meno alla nostra ammissione in accademia.

Osservo l'uomo che ho davanti, pensando a quanto sia particolare.
Da quella sera non l'ho più rivisto in divisa; è sempre stato in giacca e cravatta quando svolgeva mansioni amministrative, mentre indossava una tuta dell'ARMY ogni volta che ci allenava.

Ci ha addestrato nella lotta corpo a corpo, nella postura da mantenere, nei modi di dire e di fare, ci ha preparato psicologicamente a scenari che potranno capitarci più avanti, ci ha massacrato fisicamente in modo da "farci arrivare a scoprire la versione migliore di noi stessi". 

Questa è stata la sua giustificazione ai crampi, agli strappi, ai dolori muscolari, ai lividi, alle batoste mentali.
Si deduce che, nonostante l'età, sia stato sul campo parecchio tempo. È un uomo deciso, duro, rigido, sicuramente reduce da anni sul fronte che l'hanno segnato più di quanto non riesca ad ammettere.

«Si che lo sei» dice deciso, poggiando la penna alla scrivania.
Questi mesi mi sono serviti per staccare veramente il cervello da New York e concentrarmi totalmente sul mio futuro, ma ho paura che ciò non possa più bastare per tenermi lontana dai miei demoni.

«No, non lo sono, signore» rispondo cantilenante, quasi come se avessi bisogno della sua rassicurazione.

Non sono mai stata una persona che si tira indietro dinanzi alle sfide, ma questa cosa è successa tutta così in fretta da lasciarmi spaesata; ho il sogno di una vita intera davanti agli occhi, e non posso permettermi di fare passi falsi.

Si alza dalla sua sedia in pelle, poggia le mani sulla scrivania di mogano spessa e mi guarda con i suoi occhi verdi smeraldo, i quali sarebbero capaci di mettere in soggezione chiunque.

«Devi dimostrare a tutti quanto vali. Non sei fatta per stare al Rosberg, hai una personalità che deve essere applicata al campo il più presto possibile» ribadisce in tono deciso, quasi come se fosse pronto per una battaglia.

Soldier - CARTACEODove le storie prendono vita. Scoprilo ora