"Non so dove vada la mia strada,
ma cammino meglio quando la mia
mano stringe la tua."
- Alfred De Musset
Logan
Cinque giorni, erano passati cinque giorni e non avevo ancora fatto nulla. Ero un codardo, ed un uomo senza palle, ne erano la conferma quei cinque giorni che avevo trascorso senza fare un passo verso di lei. Si, aveva conosciuto mio figlio, lasciandomi l'amaro in gola ed un tremore nel cuore, ma solo per una pura coincidenza. Tra due giorni se ne sarebbe tornata a New York, avrebbe messo uno Stato tra di noi, e mi avrebbe completamente cancellato dalla sua vita.
Dovevo fare qualcosa, e dovevo farlo subito.
Mi passai le mani sul tessuto sbiadito dei jeans e poi, dandomi un metaforico calcio in culo, suonai alla sua porta. Feci un passo indietro, dondolandomi sui i miei piedi – come se fossi un adolescente la sera del ballo – ed attesi impaziente che venisse ad aprirmi.
Non sapevo ancora cosa dirle, o comunque, qualsiasi cosa avessi pensato, una volta che lei aprì la porta, con indosso solo una vecchia maglietta che aveva visto giorni migliori e che le faceva senza problemi da vestito, con sulla faccia una poltiglia verde che mi strappò un sorriso, dalla mia bocca non uscì un fiato.
«Ti serve qualcosa?» chiese giustamente, visto che me ne rimanevo li imbambolato.
«Stasera ti porto fuori».
Si posò contro lo stipite della porta posando il peso sulla spalla, incrociò le braccia al petto – quel movimento le fece sollevare la maglietta ed ai miei occhi non sfuggì quel pezzo di pelle in più messo in mostra – ed inarcò un sopracciglio increspando la mistura verdastra che le ricopriva il volto.
«Mi dovevi questa settimana, ed ora mi rimangono solo due giorni».
Mi guardò ancora senza dire niente. Forse, giustamente, si era stancata di aspettare che facessi una mossa che non arrivava. Iniziai a pensare che magari Jason non avesse tutti i torti, forse andare sotto la sua finestra con lo stereo in spalla, che sparava una canzone romantica dalle casse, non era una cattiva idea. Ma poi lei sorrise...
«Okay».
«Okay?».
Sorrise ancora ed annuì.
«Va bene, stasera uscirò con te».
Sorrisi a mia volta, senza riuscire a trattenere l'euforia per quella piccola vittoria.
«Ti passo a prendere alle sei».
«Okay».
«Okay...», stava diventando imbarazzante ma non mi dispiaceva continuare a stare li ad ammirarla.
Abbassai lo sguardo sulle sue gambe nude. Osservai le dita dei suoi piedi, tinte di un rosso scarlatto, iniziare a muoversi. Risalii sulla sua pelle liscia, mi persi sull'orlo della maglietta grigia, che ricopriva le sue cosce e mi immaginai come sarebbe stato sfilargliela e portarmi le sue gambe attorno al collo...
Uno schiarimento di voce mi fece alzare velocemente lo sguardo. I suoi occhi erano vispi e velati di non so cosa...
«Ci vediamo stasera».
«A stasera» ribadì prima di fare un passo in casa e di chiudersi la porta alle spalle.
Passai tutto il pomeriggio a lavorare. Ormai era primavera ed avevo diversi vaccini da fare e altrettanti trattamenti antiparassitari da somministrare. Mi presi cura della dolce Labrador, alla quale presto avrei dovuto trovare una casa. In parte un po' mi dispiaceva, mi ero affezionato a quella palla di pelo beige. Con i suoi occhi color del whisky, mi aveva catturato nel suo avvolgente calore e sarebbe stato difficile separarsene.

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2. Brokenheart - L'amore non conosce ostacoli
RomanceSecondo volume di BROKENHEART "Paura di sbagliare, paura di sbagliare irreparabilmente. Paura di fare colossali cazzate. Paura di crescere. Paura di trovarmi bloccata in un lavoro che non mi piacesse, in una vita che non mi appartenesse. Avevo paur...