Capitolo 27

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"Eravamo insieme, tutto il resto

del tempo l'ho scordato."

-Walt Whitman

Claire

«Sei pronta?».

Sobbalzai sbattendo lo schermo del computer per chiuderlo. Mi girai verso Logan alzandomi dalla sedia della scrivania.

«Si, certo».

Mi stava guardando cercando di carpire qualcosa del mio strano atteggiamento.

«Che stavi combinando?».

«Nulla, stavo solo mandando una copia del contratto per l'acquisto della pasticceria a mio padre».

In parte era vero. Il computer lo avevo accesso per mandare quei documenti a mio padre, Dáireen si era decisa a vendere il locale e mi aveva ritenuta "adeguata" (parole sue) per portare avanti la sua attività. Poi però... mi ero messa a fare altro.

«Quello è il diario di mio nonno?» domandò guardando oltre di me, sulla scrivania in legno che si trovava davanti alla finestra della stanza che una volta era stata di Dylan ma che adesso era diventata uno studio.

Ricuperai il diario, un po' in imbarazzo. «Si, ecco... io...».

«L'hai tenuto per tutto questo tempo?» chiese con un sorriso dolce.

«Scusa se non te l'ho ridato subito...».

«Non devi scusarti», mi prese per il polso e mi attirò a se, «è di entrambi, ed un giorno potremmo leggerlo a Richy, o ad altri bambini», inarcò ripetutamente le sopracciglia strappandomi un sorriso, «Sai, mi ero domandato dove fosse finito».

«Me lo ero portato a New York... l'ho letto e riletto... ormai so le parole a memoria», ridacchiai nervosa.

«"Era l'estate del quaranta"».

«"Era la prima volta in cui ti vidi..."» continuai perdendomi nel suo sguardo.

«Mi sarebbe piaciuto aver l'abilità nella scrittura che aveva mio nonno, avrei potuto scriverti lettere d'amore» soffiò contro la mia bocca.

«Non mi serve che tu mi scriva parole d'amore, mi basta che mi guardi negli occhi».

Sorrise contro le mie labbra prima di baciarmi.

«Dovremmo andare, prima di perdere il volo».

«Giusto» mormorai perdendomi nel suo abbraccio.

Dopo quasi otto ore di aereo arrivammo finalmente a Seattle. Non stavo più nella pelle, Seattle era sempre stata una delle mie città preferite sin da adolescente, ma ero decisamente stanca quindi non mi godetti più di tanto il viaggio in taxi dall'aeroporto all'hotel.

«Il Four Seasons?», chiesi quando Logan fece il giro dell'auto per venirmi ad aprire la portiera, «Chi paga?», una stanza in quell'albergo sarebbe costata più di cinquecento dollari a notte.

Ignorando la mia domanda scaricò i nostri bagagli e mi condusse verso le grandi porte in vetro. Un uomo sulla sessantina ci tenne aperta la porta con un sorriso cortese sul volto. Mi sembrò un po' surreale ma cercai di non farci caso. Andammo verso la reception, mentre tentavo di non saltellare per l'emozione di essere in uno dei migliori hotel di lusso d'America.

Il design era moderno ed accogliente, c'era odore di limone, come quello della cera che si passa sul legno, ed una nota più dolce di cannella, i pavimenti erano lucidi e i toni andavano dal grigio al beige e il bianco.

2. Brokenheart - L'amore non conosce ostacoliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora