chapter twenty-seven

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2 settimane dopo.

Lo strazio continua.
La mia vita ha preso una piega diversa nelle ultime due settimane che seguono gli eventi dello scorso mese.

Anche oggi mi sveglio stanca.
Che ironia.

Ho dormito ciò che credo siano state due ore scarse, nella speranza che potessi vederlo in sogno come è sempre stato: amabile, gentile, non-stronzo, ecco.

Il davanzale della mia finestra è diventato il mio letto; le luci della mia strada, le campagne che si vedono in lontananza sono tutte cose che bene o male mi rassicurano in qualche modo.

Guardarle aiuta a pensare, a ricordare...

«Elizabeth, tesoro, è da giorni che non vai a scuola, dimmi che ti succede...» mi chiede mia madre.

Mi volto verso di lei,
«Sono stata presa in giro mamma» sussurro, «Che vuoi dire?» chiede confusa.

«Jughead non mi ama... mi ha lasciata mamma» singhiozzo tremendamente, mi si spezza la voce e non riesco a gestire il mio fiato.

Lo perdo, lo riprendo...

«Oh, tesoro mio, non fare così...» mia madre è dispiaciuta, si siede si fianco a me e mi tira dentro un abbraccio caloroso e di amore. Un abbraccio di cui avevo tanto bisogno.

«Ma perché è successo questo? Cosa ti fa pensare che non ti ama?»
«Me lo ha detto lui stesso. Me l'ha sputato in faccia come se non fossi niente. Mi ha usata e poi gettata via. Non voleva avere a che fare con me o "con le mie situazioni", sono tremendamente arrabbiata, ma non ho forze. Sono distrutta» piango ancora.

«Elizabeth, che situazioni?» mi chiede preoccupata.

«Ricordi Dylan? È venuto qua a dare problemi... ma non voglio pensare a lui al momento, scusami mamma» dico, perché non voglio farla preoccupare con tutti gli eventi brutti causati da lui.

«Tranquilla Betty, tranquillizzati adesso» mia madre mi culla nel suo abbraccio, come se avessi ancora sei anni, e riesce a placare ogni mia emozione.

«Mi dispiace che questo sia successo a te, eppure sono convita lui che lui ti ama davvero. Elizabeth si vede, e si è sempre visto da come ti guarda, da come ti parla... ogni sorriso che fa appena ti vede. Vi amate, e io l'ho sempre saputo, e sono stata fortunata a vedervi innamorarvi l'uno dell'altra» mi confessa.

«Non so se importa o se è per questo motivo, ma giusto due settimane fa l'ho visto piangere sulle scale della casa di lato alla nostra» dice pensosa.

«Vai da lui!» mi sprona.
«Sarebbe troppo difficile parlargli» mi spavento di un ennesimo rifiuto, perché sono sicura che questa volta non lo tollererei.

«Vai da lui, o te ne pentirai per sempre» mi consiglia nuovamente.
«Ci proverò» sussurro, mia madre mi accarezza la guancia ed esce da quell'abbraccio, spostandosi al piano di sotto della casa.

Mi preparo velocemente. Indosso un pantalone della tuta e una t-shirt che solitamente uso per pigiama, afferrò la mia giacca e prendo lo zaino dal pavimento vicino la porta della mia camera.

A passo svelto mi dirigo verso casa di Jughead cui, una volta arrivata, mi apre la porta e guarda sorpreso.

«Betts che ci fai qui?» il nomignolo, quel nomignolo con cui solo lui mi chiama mi fa quasi cedere a unaltro pianto isterico.

«Dobbiamo parlare» dico ormai decisa. Lui mi guarda interdetto, «Non è una buona idea Betty» dice freddo, e stavolta con il nome che tutti usano.

«Se non hai niente da dirmi bene, parlerò io» lo spingo dentro casa e con passo deciso entro guardandomi intorno, non è cambiato nulla.

«Mi hai umiliata, calpestata, distrutta e uccisa. Le tue parole quella sera sono state terminali per me, lo sai questo?! Tu vuoi dirmi che pensi veramente quello che hai detto? Che sei stanco di me e i miei problemi, che non mi hai mai amato!» il dolore si trasforma in rabbia.

E io ne sto provando tanta.

«Io ti amo Jughead, e non capisco cosa ti ho mai fatto per farti dire cose di questo genere, sono davvero così orribile da meritarmi questo?»

«Senti Betty, a me dispiace se mi hai creduto capace di essere uno di quei principi azzurri delle favole. Ho scritto tante storie e come sai nessuna di queste ha mai avuto la fine che gli altri si spettano, perché non esistono! Nessun "e vissero tutti felice e contenti", nessun fottuto lieto fine» mi risponde seccato.

«Smettila di fare il pessimista Jughead, io ero felice con te, e scusami se tu ti sei sentito infelice ma posso rimediare...» cerco di trovare un compromesso, ma la sua espressione rimane fredda.

«Io ti ho usata e basta Betty! Fattene una cazzo di ragione. Odiati quanto ti pare ma lasciami in pace, dimenticami cazzo!» mi risponde rassegnato, ancora più freddo e impassibile.

Ma percepisco altra rabbia, ed è la sua. E anche per lui è tanta.

«Tu non capisci che questo è il fottuto problema!» urlo frustrata dal suo ignorarmi continuo. «Giornalmente dimentico di tutto, che siano cose concrete o astratte, dalle chiavi e i soldi a casa, alle feste o uscite con le amiche. Eppure non mi sono mai dimenticata un nostro appuntamento, e non mi dimenticherò mai un nostro bacio o anche un nostro piccolo e insignificante momento. Quindi come posso dimenticarti se sei stato l'unica risorsa di felicità nella mia vita» e mentre urlo le lacrime non temono di farsi vedere, perché se c'è una cosa che riesce a fare Jughead, è rendermi vulnerabile.

«Sei sempre stato l'unico ad esserci.. e adesso non puoi dirmi che tutte queste cose non hanno avuto significato, ti prego parlami e dimmi la verità» singhiozzo ancora.

Fa qualche passo avanti e mi bacia, le sue labbra sono sulle mie, io sono senza fiato e riesco a malapena a respirare.

Quanto mi è mancato questo suo contatto, così vicino, così piacevole.

«Non ho mai smesso di amarti» sussurra sulle mie labbra prendendo le mie guance e approfondendo in seguito il bacio.
«...e mai lo farò» dice infine facendomi sospirare sollevata.

« E allora per quale motivo l'hai fatto?» mi asciugo le lacrime, con anche l'aiuto dei pollici di Jughead che mi accarezzano le guance bagnate.

«Quello stronzo di Dylan mi ha ricattato, anzi ti ha ricattata. Ha detto che se non ti avessi lasciata ti avrebbe— chissà cosa voleva farti quel pervertito di merda, l'ho fatto solo per proteggerti, non avevo scelta» abbassa il capo sedendosi su una sedia e portandomi sulle sue ginocchia, tirandomi per i fianchi.

«Potevamo affrontare la cosa insieme» dico mentre appoggio la fronte sulla sua, «No! se la tua vita era pericolo» sussurra.

<Io ti amo Betts,ma non possiamo stare insieme, ho paura che possa succederti qualcosa per colpa mia, del mio egoismo» mi confessa, guardandomi con strazio.

«Lui non è qui» piango a dirotto,
«Mi manchi troppo Jug, non posso sopportare questa lontananza, sono stata una merda questi giorni, voglio solo te. Ho bisogno di te» lo prego.

«Per me è lo stesso» dice baciandomi la fronte.

«Allora mettiamo le cose a posto Juggie, non ce la faccio più»

Jughead mi bacia con fervore, mi stringe a se come se me ne stessi andando.

Mi tiene addosso a lui come ci fosse colla fra di noi, mi preme la testa contro la sua, le labbra contro le sue, affondiamo l'uno nell'altra.

Quella sera rimango da lui, stiamo abbracciati nel suo letto a essere felici nella presenza di entrambi.

Another Bughead Story | sprousexloveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora