Blaise era nervosissimo quella mattina. Non riusciva a stare fermo. Brittany si affacciò alla porta dell'ufficio e sorrise. "Le faccio portare qualcosa? Un tè? Un caffè?" Lui scosse la testa. Avrebbe voluto bere un Firewhisky. Doppio. La ragazza annuì e fece per andarsene.
"Aspetta. Ehm, Brittany..." Lei si rigirò verso di lui sorridendo troppo. "Sì?"
"Tu sai... cosa c'era qui alle pareti?" chiese, indicando il muro. Lei seguì la direzione della sua mano e Blaise poté vedere la delusione sul suo viso. Oh, dai, su. Cerca di essere utile, almeno. Lei scosse la testa.
"Forse... dei quadri?" tentò. E va, davvero bravissima. Perché non hai fatto l'Auror con una mente così geniale?
Pansy aveva detto che c'era un quadro orribile alla parete. Subito non ci aveva dato peso, ma poi, pensandoci, si rese conto che quando lui era arrivato, la parete era spoglia. "E sai che quadri c'erano?" Lei scosse il capo. "Puoi scoprire se le cose che erano in questo ufficio sono state per caso portate in una cantina o da qualche altra parte?" Brittany sorrise e annuì. "Perfetto. Grazie" la liquidò.
Ma dopo poco lei tornò indietro. "Ho detto che non ho più bisogno" tentò ancora di mandarla via.
Lei arrossì e disse: "C'è una persona che la cerca". Lui si raddrizzò. Oh. Pansy? Pansy era arrivata? Sorrise senza accorgersene e seguì la bionda fuori dall'ufficio.
Quando si trovò di fronte sua madre, il suo sorriso svanì e imprecò mentalmente.
***
"Allora, adesso parliamo di cose serie."
Althea Zabini, finì di firmare tutte le pergamene che c'erano sulla scrivania e posò lo sguardo sul figlio.
Blaise sospirò. Quali sarebbero state le 'cose serie'? "Ossia?" La strega sorrise.
"Con chi vieni sabato?" Sospirò. Avrebbe dovuto intuire che intendeva il matrimonio. Cosa c'era di più importante per quelle matrone dell'alta società?
"Con un'amica". Il sorriso di sua madre si piegò in una smorfia. Sapeva che non era la risposta giusta. Ma era l'unica che potesse dare, al momento.
"Oh."
Althea sospirò. Ma quand'è che suo figlio avrebbe messo la testa a posto? Forse doveva iniziare a valutare l'idea di presentargli qualche ragazza. "Che tipo di amica?" Doveva assicurarsi che non si presentasse con una ballerina da locale notturno. Era il suo matrimonio, santo Salazar! E ci sarebbero state tutte le sue sorelle e anche buona parte delle cognate collezionate dai vari mariti. Non voleva dare spettacolo.
"Un'amica a posto, mamma. Davvero. Non preoccuparti."
Lei annuì. Sperò che lo fosse davvero. Lo guardò in viso. Era bello. Somigliava tutto a suo padre. Aveva i lineamenti marcati e i capelli corposi, forse un pochino troppo lunghi, ma capiva come mai le streghe cadessero tutte ai suoi piedi. Ora però sarebbe stato carino se avesse messo la testa a posto e avesse iniziato a pensare di sposarsi. E magari anche smetterla di girovagare di qua e di là e darle dei nipotini.
Aprì la bocca per parlare al figlio della visita ricevuta quella mattina, quando lui la sorprese e le chiese: "Mamma, se fossi stato una strega, mi avresti costretto a sposare qualcuno anche se io non fossi stato d'accordo?"
Lei spalancò gli occhi, sorpresa. E fu contenta di non avergli detto quello che stava pensando prima. "Se fossi stato una femmina, avrei voluto quello che voglio adesso che ho te. Vorrei che fossi felice. Vorrei tenere in braccio i tuoi bambini e vorrei vederti accanto a una persona che ti vuole bene. E vorrei che le volessi bene anche tu. Perché questa domanda, Blaise?" Lui scosse le spalle.
"Ho sentito diverse cose, da quando sono tornato. E so che esistono ancora i matrimoni combinati."
"Il mio primo matrimonio fu combinato dai miei genitori. Ma non è stato un matrimonio felice. Non ti obbligherei mai. Ma magari ti presenterei qualcuno che ritengo adatto e berrei una Felix Felicis!" Sua madre ammiccò nella sua direzione e lui si sorprese. Era la prima volta che gli parlava così.
Annuì e si alzò per accompagnarla fuori. "Verrai a cena questa sera?" Annuì ancora con il capo. "E mi farai conoscere la tua amica?"
"Non penso. Mi piacerebbe che non cambiasse idea per sabato". Sua madre ridacchiò. "Non sono così cattiva. O Forse sì?" Uscirono dall'ufficio e davanti a loro vide Daphne in coda alla cassa, vicino a una strega che non conosceva.
Sua madre si fermò e sussurrò: "Per Salazar!"
Il ragazzo si voltò verso di lei e poi guardò nella direzione del suo sguardo. Che stava succedendo? Guardava Daphne. La ragazza si girò, incrociò lo sguardo di Blaise e spalancò gli occhi per la sorpresa.
Poi la strega accanto a lei alzò gli occhi e sorrise a sua madre. Si avvicinò con un gesto teatrale esclamando: "Althea, che piacere rivederti. Anche tu qui?" Sua madre fece un verso strano con la bocca. Piano. Lo sentì solo lui. Poi sorrise artificiosamente alla strega e guardò Daphne mentre si avvicinavano a loro. La ragazza non sembrava particolarmente contenta ma, forse per educazione, seguì la strega docilmente.
Quando si fermarono davanti a loro sua madre esclamò: "Lilian, cara. È lei tua figlia Pansy?" Daphne sgranò gli occhi (probabilmente lo stava facendo anche lui, pensò Blaise) e si voltò verso la cara Lilian. "No, Althea". La strega più ridacchiò piano. "Lei è Daphne, la figlia dei Greengrass, ora Daphne Wilkinson. Anche lei era a Hogwarts con i nostri figli. Daphne, ti presento Althea Zabini".
Blaise sentì sua madre sospirare e guardare la pancia alla ragazza, mentre stringeva la mano di Daphne e la madre di Pansy gli rivolgeva un sorriso. "Lei è il nuovo direttore?"
"Lui è mio figlio Blaise, Lilian. Blaise, ti presento la signora Parkinson, sua figlia Pansy dovresti conoscerla già". Il sorriso della donna divenne ancora più ampio. "Oh, è proprio un bel ragazzo, complimenti Althea!" Daphne sbuffò. Lui la ignorò.
"Faccio le veci del direttore, comunque. Aveva bisogno?" La strega sorrise, ma un pochino meno.
"Sì. Ho una pergamena da consegnare. Mio marito ha firmato per dei permessi alla camera blindata..." Lasciò cadere la frase e sospirò. Lui annuì e prese il documento controllandolo. Era a posto. Pansy aveva di nuovo diritto ai suoi galeoni. Le avrebbe subito fatto spostare il denaro. Sorrise senza accorgersene.
"Scusate... Ho bisogno di sedermi..." Daphne si toccò la pancia e sperò di apparire stanca quanto doveva.
"Oh, sì certo, cara. Scusami". Lilian le indicò una sedia nel locale, mentre la madre di Blaise scosse la testa.
"Blaise, accompagnala nel tuo ufficio e falle portare un bicchiere d'acqua."
"No, io devo..." Sua madre si voltò verso di lui con lo stesso sguardo di quando gli aveva beccato i fumetti spinti sotto il letto. Sospirò. "Vieni Daphne, ti faccio portare qualcosa da bere". Le indicò l'ufficio e la seguì quando si incamminò con lentezza e la testa bassa.
Poi lei si voltò e disse alla madre di Pansy: "Grazie Lilian, penso che tornerò a casa da Steve, dopo". L'aveva liquidata. Blaise sbuffò.
Daphne si andò lentamente a sedere e aspettò pazientemente che lui chiudesse la porta. "Vuoi che ti faccia portare..." Quando la porta fu chiusa non dovette più fingere per chiedere a Blaise quello che voleva e lo interruppe.
"È stata qui?" Lui spalancò gli occhi.
"Come?"
"Non eri sorpreso dalla storia dei permessi alla camera. Lo sapevi già". Lui annuì. "Pansy è stata qui? E l'ha scoperto?" Blaise annuì ancora. Merlino!
Daphne si mordicchiò l'unghia di un dito. Aveva fatto un casino. Un grosso casino. Stavolta aveva esagerato. E aveva perso Pansy. Si era messa dalla parte dei suoi genitori e aveva provato a incastrarla in un matrimonio che non voleva. Aveva visto la rabbia e la delusione negli occhi della sua amica. Si era sentita tradita. E aveva perfettamente ragione. Solo che non sapeva come rimediare. E ora quella cosa che suo padre le aveva tolto l'accesso ai galeoni. Pazzesco.
"Era arrabbiata?"
"Sì."
"È colpa mia. Sono stata io."
"C'entri con la storia del fidanzamento?" Lei alzò lo sguardo sul moro. Merlino, gli aveva detto anche quello? Sentì le guance arrossarsi dalla vergogna e annuì lentamente. Lui si appoggiò alla scrivania e le chiese: "E perché l'hai fatto?"
"Io... Non lo so. Volevo solo che si sposasse. Come me..." Si toccò la pancia. Daphne non era cattiva, davvero, lo vedeva. Ma gli sembrava un po' stupida. E aveva detto anche a lui che Pansy si sarebbe fidanzata. "Ma lei non vuole sposarsi".
"No..." Vide i sensi di colpa nei suoi occhi.
"Suo padre le toglie l'accesso al denaro quando litigano."
Lei annuì. "Ma io non lo sapevo! Come potevo immaginare una cosa del genere? Lo giuro, non pensavo sarebbe finita così. Lei si è arrabbiata tantissimo e adesso ce l'ha con me!" Come se a lui potesse interessare di Daphne.
"Te lo meriti". Scrollò le spalle.
"Ho provato ad andare a casa sua per parlarle, ma ha il camino bloccato..."
"Sì, lo so."
Lei alzò un sopracciglio, meravigliata dalla sua riposta. Gongolò. "Ho bussato per ore alla porta, prima di capire che non c'era. Ma comunque non vuole parlarmi..."
"Non lo farei neanch'io."
Lei sbuffò. "Non è a casa sua. Tu sai dov'è?" Nel mio letto.
"Non sono sicuro di potertelo dire". Lei annuì.
"Dimmi solo se sta bene. Sua madre dice che è successo uno scandalo grosso al lavoro, ma non sapeva bene cosa..."
Blaise bleffò. "È stata una cosa grossa. Molto grossa. Lei è molto scossa. Magari avere vicino una persona un po' meno egoista le avrebbe fatto bene". Daphne abbassò la testa e guardò per terra.
"Puoi dirle che voglio fare pace?" Si alzò e lo guardò. Lui annuì. "L'ho detto anche a Theo, spero che uno di voi riesca a farglielo sapere..."
Blaise si alzò dal piano della scrivania. "Theo?"
"Sì. Sono andata anche da lui. Loro sono molto amici. Pensavo fosse là, ma non c'era. Quando l'ha saputo, Theo ha detto che si sarebbe smaterializzato a casa sua e l'avrebbe aspettata. Io invece sono andata a casa dei suoi, per questo ero qui con sua mamma, mi ha spiegato lei la storia dei permessi."
Lui scosse la testa lentamente. Daphne non capiva cosa gli passasse per la mente.
Theo? Theo a casa di Pansy? Qualcosa gli prese il petto e lo stritolò. Guardò l'orologio. Lei avrebbe dovuto essere già arrivata. E non lo aveva fatto. Sarebbe venuta? Ora iniziava a dubitarne.
"Ok. Adesso scusami, ma ho del lavoro da sbrigare. Devo chiedere a qualcuno di accompagnarti a casa?"
Lei alzò il mento e rispose un po' incattivita: "No. Ci riesco benissimo da sola. Ciao".***
Pansy si svegliò lentamente. Aprì gli occhi e stiracchiò le braccia oltre la coperta. Ma dov'era? Si guardò intorno. Merlino! Non era camera sua! Si tirò a sedere velocemente. Il plaid che la copriva cadde e lei notò che indossava lo stesso vestito del giorno prima. Si portò una mano alla testa, un po' dolorante. Cosa aveva fatto? Non si ricordava.
Il ricordo del bacio di Blaise nel vicolo si affacciò alla mente e lei sentì le guance andare a fuoco. Per Salazar non aveva quindici anni! Però si sentì come se li avesse ancora. Aveva bevuto un po' troppo e si era svegliata nel letto di Blaise. Merlino, non si ricordava niente. Ma poi si guardò intorno con più attenzione.
Scese dal letto. Era un letto dannatamente grande. Beh, ci stava. Blaise era alto e aveva le spalle larghe. Probabilmente gli serviva un letto grande. L'aria nella stanza profumava di lui. Ebano. Ebano nero e cedro. Raccolse da terra il plaid che l'aveva coperta quella notte e notò che il letto era sfatto solo da un lato. Quello dove doveva aver dormito Blaise. Ma... Lei aveva dormito sul copriletto? E perché?
Un altro ricordo le si affacciò alla mente: lui che la respingeva. L'aveva baciata ancora, più volte, dopo la prima. Ma non aveva voluto fare l'amore con lei. Si portò una mano alla testa. Non seppe dire se per la vergogna o il dolore.
Andò in bagno e si sistemò. Quando tornò nella camera per raccogliere le scarpe, notò un biglietto sul comodino. C'era scritto il suo nome.
Si sedette e lo aprì per leggerlo. Sorrise nonostante fosse andato tutto male. Ricordava la scrittura di Blaise, i compiti svolti tutti insieme in sala comune al quinto e al sesto anno, le chiacchiere a notte fonda. Theo, Draco, Daphne...
Sospirò e lesse le poche righe. Blaise era andato al lavoro. Non poteva non andarci e gli dispiaceva andarsene via, ma lei avrebbe potuto raggiungerlo quando si fosse svegliata. Era carino. Era gentile. Lo faceva con tutte? O solo con quelle che rifiutava? Sarebbe rimasto con lei se avessero fatto l'amore? Che domanda stupida, tanto non l'avevano mica fatto. Lui non aveva voluto. Lei aveva fatto la sostenuta, dicendo che non sarebbe andata a letto con lui e dopo nemmeno diciotto ore, lo pregava di farlo e Blaise le diceva di no. Umiliante.
Si alzò e si smaterializzò in Diagon Alley. Le aveva detto di andare alla Gringott e ci sarebbe andata. Ma alla Gringott la biondina del giorno prima le disse che il signor Zabini era impegnato con una strega nel suo ufficio e lei non poteva disturbarlo per nessun motivo. Aveva alzato le sopracciglia in una maniera inequivocabile, così se n'era andata.
Quando si materializzò in soggiorno, Pansy era ancora triste. Tristissima. Avrebbe fatto un bel bagno caldo e avrebbe potuto piangere silenziosamente e copiosamente nella vasca.
Ma quando si diresse in sala per andare in cucina una voce la fece sobbalzare: "Dove sei stata?" Pansy si guardò intorno, con il cuore che batteva a mille.
"Porco Salazar, Theo!" Il moro era seduto in poltrona e sogghignava mentre lei si sedeva pesantemente sul divano.
Theo era preoccupato. Non era mai successo che lei rimanesse fuori per la notte. Non senza dirglielo. Non era il tipo da storie di una botta e via.
Vederla gli fu di sollievo, finché non la osservò bene. Era strana. "Stai bene?" Lei annuì poco convinta. "Dove sei stata?" chiese ancora.
Oh, bella domanda. "Fuori". Lui alzò un sopracciglio. "Sbaglio o mi hai consigliato tu di farmi sbattere un po'?" Theo ghignò.
"Mi sa che hai capito male. Se avessi fatto quello che ti ho consigliato io, ora saresti distrutta, ma sorrideresti soddisfatta."
Lei annuì ancora. Certo, come se fosse facile.
"Lui non mi ha voluto..." La faccia si Theo si fece sorpresa. Già. Appunto. Si nascose il viso fra le mani.
"Per Salazar, non sai quanto è umiliante!" Sentì il ragazzo avvicinarsi. E la sua mano sulle spalle.
"È un troll..." Già. Un troll che le aveva annebbiato il cervello con i baci più intensi che avesse mai provato e probabilmente il giorno dopo si stava già sbattendo un'altra sulla scrivania del suo ufficio. Ma perché le aveva detto di andare alla Gringott se poi non aveva intenzione di incontrarla?
Sospirò. "Vado a farmi un bagno. Ehi, ma perché non sei al lavoro?"
Theo alzò le spalle. "Ero preoccupato per la mia miglior amica". Sorrise. Che carino.
Ma poi ci ripensò. "Non ti credo".
Lui rise e lei sentì il nervosismo e la tristezza scenderle lungo la schiena. "Hai ragione. Ho preso dei giorni di vacanza. Vado da Amelia". Amelia! La ragazza di cui era innamorato. Sorrise.
"Allora vai, che fai qui?" Si alzò e lo spinse verso la porta.
"Dovevo prima sapere se stessi bene."
"Sto bene, non preoccuparti. Sto bene fisicamente anche se sono stata un po' ferita nel mio amor proprio. Ma mi riprenderò. Lo faccio sempre!" E strizzò un occhio nella sua direzione.
Sperò che la sua sceneggiata servisse a farlo uscire. Non aveva nessuna voglia di parlare con lui di Blaise.
Theo annuì. Capiva che non stava bene, ma sapeva che preferiva stare da sola. La salutò prima di smaterializzarsi.
Intanto lui sarebbe andato a Diagon Alley a fare delle commissioni e, prima di andare da Amelia, avrebbe cercato qualcuno che la tenesse d'occhio. Anche se ancora non sapeva chi. Draco era ancora in viaggio di nozze e Daphne... Oh, Daphne aveva combinato un bel casino.
Ma il ragazzo sapeva che le voleva bene. E Pansy l'avrebbe perdonata, prima o poi.
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Pansy & Blaise
FanfictionLei è un medimago e lui un Auror. Avrebbero dovuto dichiararsi a Hogwarts al quinto anno, ma non l'hanno fatto e si sono messi con le persone sbagliate. Ora, dopo dieci anni, si ritrovano a dover indagare su due casi che in verità è uno solo... Pe...