6. I tre quadri

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Pansy era sdraiata sulla schiena sulla scrivania nell'ufficio del direttore alla Gringott e baciava Blaise come se non ci fosse stato un domani. Il suo vestito era arrotolato in vita e, non indossando biancheria, era totalmente esposta. Ma la pelle scura del petto di lui continuava a darle brividi contro la sua e lei non se ne preoccupò.
L'unico problema era che lui avesse ancora i pantaloni. Voleva che se li togliesse al più presto. Voleva tutto di lui. Gli prese il viso fra le mani e lo baciò ancora. Gli mordicchiò le labbra e poi sussurrò sulla sua bocca: "Togliti i pantaloni. Voglio sentirti dentro di me".
"No". COME? Non di nuovo!
"Sì."
"No, perché vedi, io sono discreto". Pansy gli lasciò il viso e si mise a sedere così velocemente che si svegliò.
Si guardò intorno e si rese conto di essere in camera sua, nel suo letto e di avere addosso la camicia da notte. E di essere da sola.
Per Salazar, era un sogno! Sospirò e si rimise giù, coprendosi con la coperta. Non andava bene. Non poteva fare sogni così. Dovevano assolutamente risolvere la cosa. Al più presto.
Guardò l'orologio. Mancavano ancora tre ore all'orario in cui avrebbero dovuto vedersi alla Gringott. Oh, Merlino.
Di sicuro non avrebbe potuto smaterializzarsi a casa di Blaise a quell'ora. Sbuffò, si girò per trovare una posizione e provò a riaddormentarsi.

***

Blaise guardò ancora l'orologio. Lei era in ritardo. Aveva detto che ci sarebbe stata. Quindi sapeva che sarebbe successo. E se invece avesse cambiato idea? La sera prima avevano fatto tardi nell'appartamento di lei e Blaise sapeva che non sarebbe mai riuscito a sganciarsi da sua madre a un orario decente, così, pensando di aver risolto le cose fra loro, le aveva dato appuntamento direttamente alla Gringott, spiegandole quello che aveva bisogno che lei facesse.
Per Salazar, era stata una cattiva idea! Quando la vide entrare dalla porta d'argento, sospirò sollevato senza neanche rendersene conto.
La seguì con lo sguardo mentre entrava. Dannazione, aveva i pantaloni. No, ok, era meglio così. Avevano del lavoro da sbrigare. Quando lei lo vide gli sorrise e Blaise le fece cenno di avvicinarsi. Pansy si diresse verso di lui sorridendo.
"Tieni, ti ho portato dei muffin" disse, porgendogli un sacchetto di carta. Si portò una mano al petto con un sorriso.
"Adesso hai conquistato il mio cuore."

Lei sorrise sorniona. "Puntavo ad altro, ma va bene uguale, dai". Blaise rise e si avvicinò a lei quando Pansy fece il gesto di salutarlo con un bacio sulla guancia. Erano sotto gli occhi di tutti.
"Dov'è la stanza dei quadri?" gli chiese. Lui si incamminò facendole cenno di stargli vicino.
"È giù nei sotterranei. Dobbiamo chiamare un folletto e andarci con il carrello. Intanto spostiamo il tuo denaro?" La ragazza annuì.
Avrebbero spostato il denaro che lei si guadagnava. Aveva fatto un calcolo approssimativo dei suoi risparmi. Ma aveva tenuto in difetto il conto, così che suo padre non potesse reclamare niente. Il primo giro lo finirono alla camera blindata del signor Gustav Parkinson.
Pansy riempì a malincuore la borsetta, ampliata con un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile, con suoi galeoni. Le sembrava di tradire la sua famiglia. Ma sapeva che era il primo passo verso l'essere indipendenti. Indipendenti davvero. Poi tornò sul carrello, Blaise dovette capire quanto fosse difficile per lei, perché le mise un braccio sulle spalle e la baciò sulla testa. Si asciugò una lacrima di nascosto.
Tornarono verso la superficie. La sua nuova camera blindata era meno preziosa, quindi con meno sistemi di sicurezza magica. Svuotò la borsetta direttamente sul pavimento. Merlino. Sembrava ancora più vuota di quando era entrata. Si chinò e prese qualche moneta che infilò in tasca. Poi, sorridendo, tornò verso il carrello. Il moro l'aspettava fuori dalla porta.
"E ora? Dove andiamo?" chiese il folletto.
"Alla cantina dei quadri, Lookuoi. Dobbiamo controllare delle cose". Il folletto annuì e fece ripartire il carrello. Quando si fermò e loro scesero, Blaise gli disse che poteva andare.
"E come facciamo a tornare su, dopo?" chiese Pansy. Non conosceva molto bene le procedure bancarie, lei.
Il folletto si allungò verso di lei e le diede un campanello d'argento. "Può suonare questo campanello, signorina. Uno di noi folletti verrà subito a prenderla". Lei sorrise.
"Fantastico. Grazie mille."

Blaise tirò fuori dalla tasca la chiave della cantina e la infilò nella serratura. Mentre questa scattava, Lookuoi il folletto partiva verso la superficie con il carrello. Aprì la porta e con la bacchetta accese una lanterna.
Imprecò quando vide i quadri. Saranno stati un migliaio. Tutti accatastati l'uno contro l'altro, in piedi, sul pavimento. La stanza era enorme. Sentì Pansy sospirare.
"Sei sicuro che siano qui, almeno, vero?" Lui alzò le spalle. Lo sperava.
"Brittany dice che il signor Harris ha spostato i quadri che erano nel suo ufficio, il giorno prima di sparire. E dice che uno dei folletti l'ha visto uscire da qui, quel giorno. Quindi, no, non sono sicuro. Ma è il primo posto dove possiamo cercare. Altrimenti dovremo trovare un altro modo". Pansy annuì poi si voltò verso di lui.
"Chi è Brittany?" Lui rise.
"La tua Brianna". La bocca di lei divenne un cerchio.
"Oh". E ridacchiò. Avrebbe voluto baciarla. Ma se avesse iniziato, non avrebbero finito con i quadri e lui voleva godersi il momento con lei in tutta tranquillità.
La sera prima le aveva spiegato brevemente quello che doveva fare. Il signor Harris era scappato dalla Gringott improvvisamente e non si era più fatto vivo. Ormai era passato un mese. Non si capiva cosa fosse successo.
Così avevano mandato Blaise per indagare. All'inizio avevano pensato a un rapimento, al Ministero, ma poi nessuno aveva fatto richieste di riscatto. E se lui si era preso la briga di sistemare le cose nel suo ufficio, prima di andarsene, se n'era andato di sua volontà.
"Ok, allora hai detto tre quadri: un cacciatore che squarta un cervo, una matrona del diciannovesimo secolo vestita di giallo, e un paesaggio di campagna. Giusto?" Pansy
annuì ancora.

"Bravo, hai fatto i compiti."
Pansy si avvicinò alla prima pila di quadri e tirò fuori la bacchetta.
"Come procediamo?"
Lei scosse le spalle. "Io di qua e tu di lì? Se incontri qualcosa che si avvicina alla descrizione, mi chiami e vediamo. Ok?" Lui annuì.
Pansy fece sparire la polvere dal primo quadro per vedere di cosa si trattasse: dame a un ballo. Niente. Lo guidò con la bacchetta fino a un angolo vuoto e guardò il secondo. Al quarto era già stufa. Certi artisti non dovrebbero avere libero accesso alle tele e ai colori.

Blaise agitò la bacchetta e tolse la polvere da un altro quadro. Sentì Pansy tossire quando un quadro troppo impolverato venne scosso, ma poi lei stette zitta un attimo e gli chiese: "Dici che avrà fatto un incantesimo per la polvere?"
Il ragazzo si voltò verso di lei.
"La polvere?"
"Sì, per far sembrare che i quadri che ha portato per ultimi siano qui da più tempo. Cioè, io l'avrei fatto. Li avrei nascosti in mezzo agli altri e avrei lanciato un incantesimo impolverante". Alzò una spalla.
Merlino, aveva ragione. Blaise si spostò lungo le file di quadri, per vedere se ci fosse qualcosa di strano. "Ehi, non ti ho detto di girare a caso! Non dovremmo seguire una logica?" Lui si portò un dito alle labbra per dirle di stare zitta e sorrise.
"Forse so come fare presto. Guarda!" Alzò la bacchetta verso i quadri e la fece scorrere indicando il pavimento mentre formulava: "Finitem incantem!"
Dal centro della stanza si alzò una nuvola di polvere che sparì. Si voltò verso di lei e vide che sorrideva.
"Grande!" Alzò una mano per battere la sua, ma Blaise la prese e la tirò verso di sé, abbracciandola.
"Io direi che mi merito di più."
Lei rise e gli cinse il collo con ancora la bacchetta in mano. "Ma se ti ho dato io l'idea!"
"Allora ce lo meritiamo tutti e due". E la baciò. Lei rispose al suo bacio e Blaise la spinse contro il muro in uno dei pochi angoli liberi.

Quando Pansy sentì le mani di Blaise sulle natiche e la sua imprecazione sui suoi pantaloni, rise e lo scostò da lei. Oh, che penasse un po' anche lui, come aveva penato lei!
"Prendiamo quei quadri, va. Così li portiamo su" disse accogliendo la bacchetta da terra.
Si avvicinò alla fila dove si era volatilizzata la polvere e spostò mano a mano tutti i quadri che incontrava al suo passaggio.

Blaise rimase un attimo indietro. Se non si fosse allontanata lei, forse avrebbe fatto la sciocchezza di non fermarsi. Si sistemò i pantaloni e la raggiunse, mentre spostava l'ultimo quadro.
Una signora di mezza età molto in carne con una cuffietta gialla gridò quando lo vide e sparì sotto la cornice del quadro. Oh. Cos'era successo?
Pansy ridacchiò piano. "Mi sa che l'hai svegliata..."
"Io? L'hai svegliata tu!" Lei alzò una spalla, chinandosi a prendere il quadro.
"Forse. Ma tu l'hai spaventata". Annuì.
"È questo, comunque". Meno uno.
Pansy tirò fuori la bacchetta e lo fece volare vicino alla porta.

Ok, uno lo avevano trovato. Quel posto puzzava di muffa. Era fastidioso, Pansy sperava di non doverci mettere ancora tanto tempo. Blaise intanto spostò i quadri lungo la fila vicina e le fece cenno.
"Dovremmo esserci. Vieni a vedere se è uno di questi."
Pansy si avvicinò.
Ne spostarono altri due e poi, lì dietro agli altri comparve il quadro con il cacciatore che squartava il cervo. Si voltò. Non era mai riuscita a guardarlo.
Lui fu velocissimo e lo spedì vicino all'altro. Lo ringraziò con un sorriso.

Meno due. Rimaneva il terzo. Cos'è che era? Un paesaggio di campagna. Forse poteva essere più difficile. I paesaggi si assomigliavano un po' tutti. Iniziò a spostare i quadri nella fila vicino e Pansy lo aiutò. Passarono un sacco di quadri lentamente, perché lei non si ricordava con precisione come fosse il quadro.

Pansy era stanca. C'era poca luce, le lanterne non facevano il loro lavoro e lei aveva gli occhi pesantissimi. Si sedette per terra e illuminò la bacchetta per vederci meglio. "Sei stanca?" le chiese Blaise.
"Un po'..."
"Vuoi fare una pausa?" Scosse il capo.
"No. Non vedo l'ora di finire". Lui annuì mentre spostava un altro quadro.
"Dopo ti porto a pranzo."

Lei sospirò così forte che Blaise la guardò. Pansy alzò lo sguardo su di lui e disse sottovoce: "Daphne mi ha invitato a pranzo a casa sua..."
Annuì. Gli aveva raccontato della litigata con Daphne. Per quanto a lui non stesse particolarmente simpatica, visto che lo voleva lontano da Pansy, sapeva che loro erano amiche. E Pansy ci teneva. Nonostante tutto. E ci soffriva.
"Potresti andarci..."
Pansy alzò una spalla. "Ancora non lo so. E poi oggi pomeriggio ho appuntamento con lo psicomago, per via della sospensione". Lui annuì. Di sicuro non avrebbe insistito.
La ragazza spostò il quadro successivo e spalancò gli occhi, sorpresa. Si alzò in piedi velocemente e fece un passo indietro. Blaise, che la stava guardando, si voltò a guardare il quadro. Cosa aveva di particolare da farle avere quella reazione? Non era niente di speciale: un ragazzo dormiva sotto un albero. Intorno a lui c'erano un frutteto, un campo coltivato con delle spighe e in lontananza un boschetto. Lo guardò ancora.
Alla fine si voltò verso Pansy perché non riusciva a capire. Lei si portò il dito alle labbra come aveva fatto lui qualche tempo prima e fece apparire uno straccio coprente che lasciò cadere sul quadro.
"Prendilo. È questo."
Senza dire niente, fece quello che gli aveva detto.

Quando furono di nuovo nell'ufficio, gli chiese se potesse far portare del tè. Blaise la guardò stranito ma annuì. Chiamò uno dei suoi elfi e gli ordinò quanto richiesto. Appoggiarono i quadri al pavimento e lei lo bloccò quando fece il gesto di riappenderli al muro.

Pansy lo fermò quando tentò di scoprire il quadro.
"Rispiegami un attimo il lavoro che fai."
Blaise alzò le sopracciglia. Oh, per Salazar! C'era qualcosa che non gli stava dicendo.
Lui sospirò e lei incrociò le braccia al petto. Quando capì che non avrebbe parlato, continuò: "Dimmi che non stai facendo delle indagini anche per il San Mungo". Lui aprì la bocca e sgranò gli occhi sorpreso.
"Certo che no!" Poi però la guardò in una maniera strana.

Ma perché Pansy gli faceva quella domanda? "Perché?"
Lei tirò fuori la bacchetta e per un attimo pensò che la usasse su di lui. Fece un incantesimo non verbale ai quadri coperti dallo straccio e disse: "Il quadro del paesaggio di campagna... Dove c'era il tipo che dormiva... Era appeso qui..." Si fermò.
Lui mosse la testa per farla continuare e lei sospirò. "Il tipo che dormiva non lo avevo mai visto. Non qui". E dov'è che l'aveva visto?
"E dove l'hai visto? Al San Mungo?" Lei annuì lentamente. Merlino. Era una coincidenza o una complicazione? "Al San Mungo dove?"
"Nel quadro del mio ufficio."
Santo Merlino!

L'elfo si materializzò e portò un vassoio con del tè e dei pasticcini. Pansy si sedette, versò il tè in due tazze e gli fece cenno di sedersi.
"Dobbiamo parlare". Lui annuì e sospirando prese un pasticcino.
"Ti ho detto che ho mandato un gufo alla Weasley?" Blaise sospirò.
"Sarà una lunga chiacchierata, eh?"

***

"Ho detto che ti avrei portato a cena, e ti porterò a cena."
Blaise cercò di essere irremovibile. Pansy rise, di lui, e disse che preferiva mangiare una pizza a casa, sul divano. Sbuffò.
Sua madre gli aveva sempre detto che quando avesse incontrato la donna della sua vita avrebbe dovuto offrirle una cena prima di passare la notte con lei. Non gli era mai venuto in mente, prima. Ma ora...
Pansy rise di nuovo. "Perché fai quella faccia?" Blaise scosse la testa. "Dai, prometto che andremo a cena, ma stasera sono stanca". Lei fece quella faccia da cucciolo di unicorno. L'aveva vista un sacco di volte anche a Hogwarts, ma doveva essersi specializzata nel frattempo, perché non riuscì a dirle di no. Sospirò.
"Va bene. Vada per la pizza". Lei si mise in punta di piedi e gli circondò il collo con le braccia.
"Da te o da me?" chiese prima di stampagli un bacio sulle labbra.
"Dove vuoi."
"Ok. Andiamo a prendere la pizza, poi ti porterò dove voglio io". Blaise le circondò la vita e intrecciò le mani sulla sua schiena. Era così minuta, lei.
"E poi?"
"E poi farò di te ciò che voglio!" Sorrise ancora e disse qualcosa che lui non capì.
"Come? In che senso 'discreto'?" Pansy rise forte e scosse il capo.
"Niente niente. Andiamo via."
Uscirono dalla Gringott e si incamminarono per le strade di Londra.

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