La prima cosa che facevo ogni mattina, proprio quando dopo aver chiuso la porta del mio studio ed essermi rifugiata li dentro, tra una marea di copertine e l'odore di vaniglia del mio deodorante per ambienti, era quello di spogliarmi del mio cappotto invernale appenderlo alla moderna stampella per shopping e avvicinarmi alla parete di vetro che si affacciava sulla strada che divideva me dalla Tour Eiffel.
Ogni giorno la guardavo per diversi minuti come se una parte di me entrasse in trance e ogni giorno riuscivo a coglierne un sapore e un dettaglio diverso senza mai stancarmi della sua bellezza,seppure fosse fatta solo da lamiere di ferro perfettamente incastrate tra loro.
Ogni tanto, nelle belle giornate di sole o sul finire della sera, quando il sole iniziava a calare oltre la linea dell'orizzonte nel cielo, scorgevo qualche coppia di neo sposi, entusiasti e agli inizi della loro vita coniugale, baciarsi innamorati ai suoi piedi e sorridevo della loro incosciente gioia.
Mi sarebbe piaciuto poterne rivedere alcuni di essi tra dieci anni.«avanti!» risposi al suono di nocche sbattute ritmicamente sul legno della porta.
Mi girai sui miei tacchi mentre Vincent faceva il suo ingresso con in mano il bicchiere di carta, colmo di caffe americano che aveva sicuramente preso nella caffetteria qui all'angolo.
Non era di certo il mio preferito ma era l'unica bevanda che mi piaceva assaporare durante la mattinata, senza rischiare una crisi nervosa.La caffeina mi aveva tenuta sveglia nottate intere mentre studiavo in sessione e lo faceva anche adesso, quando dovevo scrivere la recensione a qualche importante collezione di un altrettanto importante brand di moda.
Non potevo sbagliare alcuna parola, alcun segno di punteggiatura perché su quelle righe che macchiavo di inchiostro ordinato, sembrava dipendesse il futuro della moda e se da un lato mi dava un potere immenso, dall'altro mi metteva una paura bestiale.
Non ero nata per sbagliare e sbagliare seppure mi rendesse umana, mi faceva stare male.
Più volte avevo provato,con tutta me stessa, a scrollarmi di dosso questa sensazione appiccicosa che aderiva alla mia pelle come colla e che sembrava mi facesse rimanere addosso tutte le cose della vita,senza via di scampo e puntualmente non ci riuscivo.
Volevo avere la libertà di esprimere me stessa, il mio modo di concepire la moda e l'arte , il mio modo di vedere il mondo sempre un passo avanti rispetto alla quotidianità,di parlare di esso e di come realmente mi faceva sentire, con quella spontaneità che mi rendeva felice e che nel mio mondo, quello fatto di carta ingiallita dal tempo, di penne dal tappo perso chissà dove e di tessuti colorati dalle più svariate sfumature , mi faceva sognare.«alle dieci hai un appuntamento» mi ricordò, leggendo velocemente da quel taccuino di pelle che si portava dietro ovunque andasse.
Annui ricordando perfettamente di dover incontrare Mr Lagerfeld, era impossibile dimenticare di avere un appuntamento cosi importante.
La prima volta che lo conobbi ero a Londra, nella grigia e piovosa capitale inglese e stavo ancora studiando le ultime due materie prima del conseguimento del master ed ero andata a trovare Benedict, la mia storica migliore amica.
Londra mi era sempre piaciuta per il suo lato misterioso, quello mai realmente raccontato che ti accorgi che esiste solo se guardi oltre la linea dell'appartenenza ma,nonostante questo, non era mai stato uno di quei posti in cui avrei comprato una casa per poterci vivere il resto della mia vita; Parigi al contrario aveva sempre avuto quel qualcosa in più che altri posti non avevano mai avuto e che me l'aveva fatta amare da sempre.
Benny o Bebby , come la chiamavo io con quegli appellativi tra amiche adolescenziali , era invece stata sempre una dallo stile urban , un po visionaria e anche rivoluzionaria per certi versi.
Disegnava in continuazione anche agli angoli delle pagine dei libri, portava matite mangiucchiate sul suo portacolori pieno zeppo si scritte con pennarello indelebile e se le domandavi cosa avrebbe voluto fare nella vita: Renzo Piano! Era la sua risposta secca e decisa.
Così, aveva preso la sua valigia e si era trasferita a Londra affittandosi una stanza in una casa mista e sebbene avesse dovuto lottare contro i suoi genitori , alla fine era arrivata esattamente doveva voleva stare.
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Inchiostro
FanfictionParigi è la foto bianca e nera e senza tempo di Lei, quella finita tra gli angoli di Palais Versailles proprio quel posto che fin da piccola l'ha sempre lasciata con il fiato sospeso e lo sguardo di chi non ha paura di guardasi. Già, perché Charlott...