Capitolo 10

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C'era del leggero imbarazzo,in quella mattinata uggiosa e dal cielo plumbeo, spezzato dal calore della luce della cappa della cucina e il suo tipico stordente rumore regalava un alquanto strano e impercettibile equilibrio che a dirla tutta si respirava a pieni polmoni, insieme a quel profumo di cucina genuina che proveniva dalle pentole che stavano sul fuoco dei fornelli.
«vuoi assaggiare ?» mi chiese mentre con un mestolo di legno afferrava  dalla pentola,quello che aveva tutte le apparenze di un raviolo e che sembrava ben cotto e saporito, e me lo porse avvicinandosi alla mia bocca.
«fa attenzione,scotta» mi avvisò,mentre ne apprezzavo il buon sapore e lasciavo che le mie papille gustative si risvegliassero,una ad una.
«è...è buonissimo» gli dissi sincera,mentre le mie pupille si aprivano leggermente più del dovuto,accompagnando di fatto lo stupore che stessi provando.
«dove hai imparato a cucinare così bene?» gli chiesi curiosa mentre mi sistemavo poco distante da lui. Mi guardai intorno raccogliendo quante più informazioni possibili su ciò che mi circondava e che sembrava essere stato scelto seguendo più un pensiero che uno stile.
Si vedeva che fosse l'appartamento di Veronique anche solo per il semplice fatto che un teschio verniciato di lacca nera e di indubbio gusto, stava comodamente poggiato sul piano cottura.
«si, a quello non far caso. Ho provato a farlo sparire la prima settimana che sono rimasto qui ma Veronique ha dato di matto » risi capendo che effettivamente quella ragazza avrebbe sul serio potuto fare follie.
«è il talismano del suo gruppo di motociclisti mangiatori di asfalto. Se vuoi renderla felice non regalarle un mazzo di fiori e pasticcini, comprale un set di coltellini svizzeri» scoppió a ridere trattenendosi l'addome.
« comunque ho imparato a casa con mia madre» spense il fuoco dei fornelli e mi sembrò che stesse lasciando qualcosa in sospeso ma il suo sorriso mi rassicurò
«anche a me piace cucinare» gli confessai nonostante all'apparenza potesse sembrare che fossi una persona negata per i fornelli ma a discapito della mia figura, ero proprio una di quelle donne a cui piaceva avere le mani in pasta.
«sei proprio una donna dalle mille risorse, mia cara Charlotte Duboise» il fatto che sapesse chi fossi e che molto probabilmente,come me, aveva fatto delle ricerche, mi rese follemente curiosa di sapere che idea si fosse fatto di me e se  questa fosse troppo vicina o troppo distante da quello che ero sempre voluta essere.
Essere e apparire.
«con tutti questi tatuaggi e per il lavoro che fai, non si direbbe affatto che sei anche un ottimo uomo di casa» sembrava totalmente a suo agio come se effettivamente, per la sua dieta quotidiana, fosse solito cucinarsi da se.
Alla fine non sarebbe neppure apparso troppo strano, immaginarselo nella sua dimora a cucinare piatti che dovessero essere rigorosamente privi di grassi.
«non si direbbero tante cose di me» il suo tono sempre vago, sempre misterioso era quella caratteristica per la quale provavo profonda attrazione verso di lui.
Infilò il cavatappi nel collo della bottiglia di vino e ne estrasse il tappo di sughero odorandolo, proprio tipico di chi di vini ne capiva; sorridi mentalmente perché questa era una delle tipiche cose che tutti gli uomini fanno proprio per fare colpo sulle donne.
«so a cosa stai pensando»mi disse mentre versava delicatamente il vino nel bicchiere, non riempiendolo ma lasciando che si riempisse solo per due dita.
«a cosa?» mi porse il bicchiere e si accomodò sullo sgabello
«Charlotte, i tuoi occhi parlano anche molto di più dei tuoi silenzi» rimasi li a guardarlo per brevi minuti che in realtá nella mia mente apparvero come interminabili attimi in cui trattieni il fiato in gola e senti la terra sparirti da sotto i piedi.
«me lo ripeto sempre che l'abito non fa il monaco ma, purtroppo, spesso mi è fin troppo facile cercare di capire come sono le persone per quello che appaiono» e sembrava del tutto un controsenso con la mia vita.
Nessuno forse si sarebbe mai immaginato che dietro a cumuli e cumuli di vestiti firmati, si nascondesse una donna con le proprie fragilità e di certo io non ero per nulla disposta a venderli al mercato , in piazza.
Federico mi guardò come a provare a scavarmi dentro ancora di piú e percepii uno strano disagio che mi fece muovere sullo scomodo sgabello mentre provavo con tutta me stessa a non dormela a gambe levate.
«sono certo che ci sia una grande donna dietro il sarcasmo che utilizzi sempre» bevve del vino, muovendo il polso della mano destra che indusse un movimento nel liquito alcolico contenuto nel bicchiere di vetro.
«pensi che ci sia ancora?» rimase stupito cosi come anche io mi stupii di me stessa.
Era assolutamente impensabile per me, parlare delle mie cose con le altre persone, indipendentemente dal grado di confidenza che avessimo.
Benedict, era forse l'unica che realmente fosse a conoscenza di molte cose che negli anni mi avevano portato ad essere la Charlotte di adesso.
«anche a me capita di domandarmi se il ragazzino di una volta è ancora dentro di me o se ha lasciato totalmente spazio a quello che sono adesso» fu un tentativo di consolarmi? Di confortarmi?
Non riuscivo a capirlo con certezza.
«ma un italiano, come è finito qui a Parigi?» a guardarlo bene a tratti sembrava perfettamente rientrare in quei canoni che pensavo attenessero al tipo di ragazzo che Veronique potesse volere al suo fianco ma, per altri mi sembrava diametralmente opposto.
Sotto l'inchiostro che gli adornava la pelle del busto, dietro lo sguardo a tratti impenetrabile, a quelle parole pesate a peso d'oro, sembrava vivesse nascosto qualcosa che facesse a pugni con le sue apparenze.
«Veronique. L'ho conosciuta ad una mostra d'arte» doveva essere assolutamente originale incontrare l'uomo della propria vita, mentre si sta in piedi con lo sguardo perso dentro un'opera d'arte.
Benedict è solita trascinarmi con se in giro per il mondo, dentro nuovi musei e nuove gallerie d'arte. Con il tempo ho imparato a guardare qualsiasi cosa e cercarci dentro non quello che potrebbe sembrare ma quello che è per me. Una singola pennellata o semplicemente una sfumatura capace di scatenare uragani di emozioni che ti scuotono forte per poi lasciarti all'angolo della vita, con i pugni pieni di qualche certezza e nuovi mille dubbi.
«ti piace l'arte?» mi sorrise annuendo mentre portava alla bocca un raviolo, inumidendo le sue labbra carnose e rosee.
«sono cresciuto in mezzo all'arte. Mia madre fa la pittrice e mio padre lavora in una fabbrica per il marmo, giù a Carrara. Sono toscano, amore l'arte è più un dovere e un segno di riconoscimento» conoscevo Cararra; non c'ero mai andata ma Pierre me ne aveva parlato tantissimo.
Il mio ex marito aveva frequentato l'Italia, per gran parte della sua giovane vita da scapolo e la sua famiglia benestante, aveva acquistato lì  delle terre e lui da ragazzo era solito passarvi qualche settimana estiva all'anno.
«a cosa pensi?» gli chiesi vedendo il su sguardo un po' perso.
«nulla in particolare. Comunque, hai davvero intenzione di portare Alan a vedere una partita a Torino?» annui nel mentre che deglutii l'ennesimo boccone.
«assolutamente si. I miei fratelli glielo hanno promesso e trovo che sia un'occasione fantastica per poter passare del tempo in famiglia che non fa mai male» stare con i miei fratelli era il periodo dell'anno in cui più mi sentivo felice.
Da giovani, erano frequenti i momenti di litigio durante l'arco della giornata, a volte mi portavano all'esasperazione con il loro entrare ed uscire dalla mia camera senza mai chiudersi la porta alle spalle o bussare per avvisare del loro ingresso, altre volte invece mi divertivo parecchio a sentirli battibeccare tra di loro anche piuttosto animatamente.
Jean e Flavien sono sempre stati migliori amici prima che essere fratelli ed in qualche modo contemporaneamente fratelli prima che migliori amici ma di certo i dispetti non potevano mancare.
Ricordo ancora come Jean da giovane, passasse le domeniche pomeriggio seduto a giocare alla playstation davanti la televisione mentre Flavien,più mite, stava sdraito a letto a leggere un buon libro; ogni singolo tratto del loro carattere sembrava incastrarsi alla perfezione e al contempo entrare in collisione.
Non erano di certo rare le volte in cui i miei genitori, dovevano provare a rimettere in ordine il casino che combinavano anche per stupidaggini come quella volta in cui Jean decise di farsi lo shampoo proprio mentre Flavien stava nudo sotto il getto dell'acqua che improvvisamente divenne fredda.
Sorrisi al ricordo.
«sei molto legata alla tua famiglia?» mi chiese curioso
«moltissimo. I miei fratelli sono i miei migliori amici e i miei genitori hanno la mia stima» non importava se la loro visione del mondo fosse un po' distante dalla mia, ma ad ogni modo li amavo per tutti quei sacrifici che avevano fatto per me.
«anche per me la famiglia è importante. Io sono il figlio più piccolo di due; in famiglia siamo quattro ed ho una sola sorella più grande di me» gli sorrisero persino gli occhi e da questo ne dedussi ,facilmente, il tipo di rapporto che potessere avere con sua sorella.
La conversazione continuo per un'altra mezz'ora, mentre mi accorsi quanto simile per certi versi potesse essere la nostra vita e mentre ci spostammo ,con i bicchieri di vino, sul divano del salotto, quasi dimenticai totalmente di averlo conosciuto realmente solo qualche minuto addietro.
Era naturale e spontaneo, starsene seduti li a raccontarsi qualcosa, qualsiasi cosa, a riempire lo spazio di quel salone open space con cumuli di parole che correvano fuori dalle labbra.
Ogni ricordo o aneddoto che correva fuori, con l'impellente voglia di essere raccontato, non faceva altro che avvicinare quel varco che gli anni avevano creato.
«quindi, prima giocavi alla Fiorentina» gli chiesi per essere sicura che effettivamente avessi capito tutto di quello che mi aveva detto.
«ho giocato alla Fiorentina e per la Fiorentina, molti anni con la maglia viola ma le strade presentano sempre dei bivii e devi scegliere» il tono della sua voce si fece nostalgico e a tratti malinconico . Lasciai che un breve istante di silenzio si accodasse alle sue parole per dargli spazio e tempo.
«è stata la colonna sonora della prima parte della mia vita -gli sorrisi accompagnandolo in qualcosa che aveva tutte le intenzioni di essere una vera e propria confessione- se cambi casa, non significa per forza che smetti di voler bene a chi continua ad abitare in quelle mura, no?!» annui perfettamente in accordo con lui.
«se cambi città, non vuol dire che cancelli chi sei e da dove vieni» era quello che avevo per anni ripetuto a me stessa, ogni singola volta in cui mi infilavo su un aereo per Grenoble.
«c'è qualcosa che ti manca ?» sospirò e ci pensó su, non credo non lo sapesse forse piuttosto gli serviva trovare un modo per dirlo e per liberarsene.
«non mi sono pentito, ho dato a quella maglia tutto quello che potevo dargli in quel momento ma poi le nostre strade si sono divise ma mai del tutto. Continuo a seguirla come un tifoso che la guarda seduto nel divano dietro lo schermo della televisione» bevve un sorso di vino inumidendosi le labbra.
«se speri che il mondo ti capisca, credimi che non lo farà mai ma puoi star certo che alla fine come per tutte le cose,dimenticheranno anche questo» perché era stato esattamente lo stesso trattamento che la vita aveva riservato per me.
«la nostra vita è un po' strana no? -rise a vuoto passandosi una mano tra i suoi lunghi capelli biondo grano così simili a quelli di mio figlio-Ti conoscono tutti eppure tu non conosci nessuno di loro ma loro costruiscono castelli sulle tue spalle, costruiscono speranze e quando al bivio scegli una nuova esperienza, qualcosa di diverso e di nuovo senza riuscire a dare troppe spiegazioni perché queste ti fanno male, loro si fanno sentire. Per vivere in questo mondo bisogna farsi le spalle grandi e robuste» portò un cuscino sulle sue gambe e lo strinse impercettibilmente.
Il suo corpo mi stava parlando.
« Grenoble, il posto da cui provengo, è una piccola città tranquilla e deliziosamente monotona. Nel mio quartiere ci si conosce tutti e in qualche modo si forma una famiglia, puoi anche solo immaginare cosa sia successo quando la piccola Charlotte si fosse sposata con Pierre Laurent, un giovane adulto imprenditore di Parigi. Forse una strega al confronto sarebbe passata inosservata . Il mondo è piccolo Federico...la gente parla qualsiasi essa sia la tua scelta» che poi io fossi una donna dai mille casini era solo l'ennesima cosa che si aggiungeva alla frenesia della mia vita.
Mio padre per mesi aveva evitato di parlarmi, ma non lo giudicavo e lo avevo compreso fin da subito.
Non puoi pretendere che le persone corrano alla tua stessa velocità,che le persone capiscano anche quando per loro è difficile farlo...serve tempo, il tempo poi rimette quasi tutto al proprio posto.
«mia madre pensava che fossi diventata pazza, che stessi gettando tutti i loro sacrifici solo per qualche borsa firmata o qualche vestito in più nel guardaroba ma, come avrei mai potuto pretendere che lei accettase che mio marito avesse più del doppio dei miei anni quando non aveva mai neppure realmente capito cosa veramente volessi fare nella vita» con le mani sfiorò impercettibilmente le mie ginocchia ma continuai a mantenere il mio sguardo fisso nel suo, evitando che una piccola e breve interruzione spostasse questi precari equilibri.
«Giovanna Di Castiglia la vendetta» mi disse facendomi scoppiare a ridere mentre automaticamente gli lanciai addosso un cuscino.
«ha parlato Dante» rimase a bocca aperta guardandomi stupito ma tratteneva a stento le risate.
«e tu che ne sai di Dante?» si finse offesso mentre già rideva
«che c'è Bernardeschi? Anche qui in Francia si studia la letteratura italiana» rise ed io lo accompagnai confondendo altri rumori come quello della serratura che venne aparta e dei passi che Veronique fece per raggiungerci in salotto.
«bonsoire, disturbo?» il sarcasmo mi apparteneva da tempo per cui non riuscii a trattenermi e le risposi
«no prego, accomodati e fa come se fosse casa tua» mi alzai dal divano e guardai Federico schiacciandogli debolmente un occhiolino mentre la sua ragazza lasciava scivolare la sua roba sul divano, in un modo che creava una terribile confusione che detestavo.
«grazie ancora Fede» lo salutai di proposito lasciando una bacio sulla sua guancia dove della leggera barba inspida faceva capolino e mi solleticò la pelle del volto.
«arrevoire Veronique, e i bicchieri puoi tenerli» le porsi il bicchiere in mano e mi avviai alla porta sorridendo neanche troppo celatamente.
Quando chiusi la porta e mi ritrovai sul corridoio, guardare l'ascensore e ricordare tutti quei brevi momenti in cui eravamo stati li dentro, mi fece sfarfallare lo stomaco.
Federico era un'opera d'arte  piena di sfumature.
Quando arrivai a casa, Antoniette non mi diede nemmeno il tempo di bere un bicchiere d'acqua che ero a malapena riuscita a riempire dal rubinetto del lavabo.
«ha chiamato la segretaria di quel signore con i capelli bianchi famoso che ti vuole un sacco bene» Karl? Che voleva da me?
«ha lasciato qualche messaggio?» le chiesi mentre già digitavo il numero privato di Karl sulla tastiera del mio smartphone.
Salii le scale di casa, raggiungendo la camera da letto e attesi che qualcuno rispondesse al posto suo, spesso  lui era solito stare interi pomeriggi ad accarezzare il pelo bianco di Chloé, quella gatta che sembrava essere l'unica capace di riempirgli la vita.
«Charlotte» la voce di Donatella mi stupi parecchio e in qualche modo mi preoccupai persino.
«Donny? Che sta succendendo?» camminai per il perimetro della mia camera da letto in attesa che qualcuno mi spiegasse cosa fosse successo.
«puoi raggiungerci?»


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Hola amoricite ,come state?
Spero bene, mentre la vostra girasole ha beccato l'influenza e quindi mi tocca tossicchiare di continuo qua e li.
Mi faccio viva, su questa storia, dopo ben due settimane di pausa ma sapete bene che ho lavorato ai missing moments di Fino Alla Fine che avevo lasciato in pausa per molto più tempo e per di più come vi ho gia detto su Instagram, (che per chi non mi seguisse ancora e gli fa di farlo può cercarmi come 6comeungirasole) sto lavorando ad un progetto a quattro mani che in futuro proveremo a pubblicare.
Comunque, bando alle ciance o ciancio alle bande....ma, quante di voi come me hanno adorato Charlotte?
Fatemelo sapere se via va, qui sotto nei commenti e se il capitolo vi è piaciuto lasciate una stellina 🌟.
Alle the ❤️ love
Vostra Girasole 🌻.

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