Introduzione-Presente

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Ho capito che le cose belle, quelle che sembrano illuminare tutto, quelle che ti rendono sempre felice, sono le più pericolose, come una lama a doppio taglio.

Ti riempiono il cuore, facendoti credere che niente potrà mai andare storto, che tutto, sarà sempre come una fottuta favola della Disney ed è per questo, che quando finiscono, sono quelle che ti fanno più male.

E tu stai lì, seduta a gambe incrociate sul tuo letto d'ospedale, le cuffie nelle orecchie, la porta chiusa a chiave e la stessa canzone triste, che ti ricorda che niente va come credi, a fare da sottofondo al tuo dolore.

Ho capito che cercare di vedere sempre il lato positivo delle cose non serve a  nulla, dopotutto, la vita non è una favola.

E ti chiedi se sia possibile sentirsi soffocare dal dolore, mentre ti porti una mano alla gola annaspando in cerca d'aria, con il tuo cuore che batte così forte che sembra stia per esplodere.

Ho sempre pensato che l'amore fosse il più grande dono fatto all'umanità, e che grazie ad esso, un individuo potesse andare avanti nonostante tutto.

Ma ho dovuto ricredermi… è proprio l'amore che ti distrugge, ti svuota l'anima, lasciando cicatrici indelebili, che resteranno celate nei tuoi occhi.

E per quanto tu possa fingere di aver superato il dolore, loro resteranno lì, a ricordarti che niente è mai quello che appare; dopotutto, anche le rose, sono ricoperte di spine.

E forse, è proprio quando vedi una rosa per la prima volta, che dovresti renderti conto che le cose belle, sono anche quelle che fanno più male.

Fin da piccola, mi hanno detto:

dona amore e riceverai amore".

Solo adesso, a distanza di anni e svariate ferite dopo, mi rendo conto che non è vero, che quella frase è una menzogna.

Donare amore a persone che non lo desiderano o che non lo apprezzano, è come dare del succo di frutta a chi ti sta chiedendo dell'acqua.

Potrebbe sembrare una frase scontata, di quelle che al giorno d'oggi, non fai altro che vedere nella sezione “esplora" di Instagram.

Però riflettendoci bene, devo ammettere che ha il suo senso.

Donare amore, o almeno provare a farlo, ad una persona che non sa che farsene è una missione suicida eppure... eppure all'epoca mi sembrava la cosa giusta da fare.

Ero convinta che se avessi continuato ad amarlo, ad amare Bakugou Katsuki, prima o poi anche lui avrebbe amato me.

Fatto sta, che mi sbagliavo, come sempre quando si trattava di lui.

Io e Bakugou siamo cresciuti insieme, in un tranquillo quartiere di Tokyo, in Giappone e fin da che riesco a ricordare, sono sempre stata innamorata di lui e lui mi ha sempre vista come... be' ad esser sincera non lo so nemmeno io; forse come il suo animale da compagnia.

Semplicemente avevo sempre fatto parte della sua vita e fondamentale, era solo per quel motivo se riusciva a tollerare la mia presenza.

Sospiro e mi stringo nella giacca di pelle, un felice regalo che mi ha fatto Uraraka Ochako, la mia più cara amica per il mio compleanno.

L'autunno è appena iniziato, ma il freddo si fa sentire prepotente; si insinua sotto i cappotti ed i maglioni, fin dentro le ossa.

Cammino a testa bassa, cercando di ignorare il gelo che cerca di bloccarmi.

Non mi guardo mai attorno, ignoro tutto e tutti, troppo occupata a chiedermi come mai, dopo quasi cinque anni di silenzio, Bakugou mi abbia chiamata domandandomi di vederci al parco dove giocavamo da bambini.

Quando arrivo, lo trovo seduto su una delle altalene di plastica azzurre; si dondola leggermente avanti e indietro sui talloni e quando mi vede, il suo viso si apre in un sorriso sincero, uno di quelli che ha sempre riservato solo a me ed il mio cuore salta un battito.

Ho capito che l'amore è una fregatura molto tempo fa eppure... ogni volta che vedo Katsuki in tv o sul giornale, lo stupido arnese che ho nel petto e che tecnicamente non è altro che un muscolo, impazzisce, solo che adesso è decisamente peggio.

-Volevi vedermi?- chiedo e lui annuisce e mi fa cenno di raggiungerlo.

Esito, ma solo un secondo, poi mi avvicino e mi siedo sull'altalena accanto alla sua.

-Ne è passato di tempo, eh?- dice e mi rendo conto che la sua voce non è cambiata affatto è sempre la stessa, calda, e rassicurante.

-Cinque anni- mormoro in risposta e lui sospira, abbassando lo sguardo verso i suoi anfibi neri ed arancioni.

Poi, senza dire una parola, mi porge una busta rossa, lo stesso rosso dei suoi occhi, ed io la riconosco immediatamente.

La lettera dentro quella busta lo scritta io l'ultimo anno di liceo; l'avevo affidata ad Uraraka, chiedendole di consegnarla a lui, ma non l'ha mai fatto, o così credevo.

Bakugou non l'ha mai letta, non fino a questo momento almeno.

-È arrivata per posta le settimana scorsa. È stata riaffrancata così tante volte che il mittente era stato coperto, ma appena l'ho aperta, ho riconosciuto subito la tua calligrafia, disordinata ed illeggibile per tutti, escluso me e...-

-Senti, non significa nulla okay? Erano solo le parole di una stupida ragazzina e dopo tutto questo tempo, non hanno più alcuna importanza- dico stroncando il suo discorso sul nascere.

Katsuki mi guarda serio.

-Per me ce l'hanno invece-.

Stand By Me-Restami Accanto Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora