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T A S Y A

Mi rigiro fra le coperte senza riuscire a chiudere occhio, perché ogni volta che ci provo mi ricordo che questa non è casa mia.
Le lenzuola non sono color turchese come quelle della mia camera, le pareti non sono più verde acqua e il mio quadro preferito, quello di Friedrich, rimarrà appeso al muro per settimane - forse mesi - a prendere polvere e ragnatele.

I miei genitori sono partiti una settimana fa, lasciandomi nello sconforto e nella desolazione più totale, e mi sono trasferita a casa di Annabeth e Zach. In altre circostanze, la cosa mi avrebbe resa più che felice, ma dati gli ultimi avvenimenti le cose si sono fatte molto complicate. Tra silenzi imbarazzati, ore passate chiusa in camera a piangere e sensi di colpa, questi sette giorni sono stati interminabili.

Il sentimento peggiore, però, è la sensazione di essere stata tradita da mamma e papà, che hanno deciso di lasciarmi a Yellowknife nonostante siano a conoscenza della mia depressione. Mi hanno abbandonata sapendo che mi sento in questo modo ogni giorno della mia vita, anche quando sono circondata da persone disposte ad amarmi e restarmi accanto in ogni momento, difficile o facile che sia.

L'amore della famiglia è una delle poche cose al mondo che dovrebbe essere scontata, della quale non dovresti mai dubitare.
I genitori dovrebbero essere il tuo punto di riferimento, i tuoi consiglieri, la spalla su cui piangere, le persone con cui condividerai quasi tutta la vita. Ma non per tutti è così, basti pensare a com'è andata a Calvin, con un padre violento e una madre egoista.
Qualche volta mi fermo a riflettere e provo ad immaginarmi con un bambino - il mio bambino - fra le braccia, eppure riesco a vedermi responsabile di una vita quando a malapena riesco a far continuare la mia.

I genitori sono le figure a te più vicine e le prime a ferirti irreparabilmente. Sono quelli che ti fanno sentire una nullità, stupido, perso e che non perdono occasione per fartelo notare.
Loro sono gli adulti, sono gli unici a poter parlare e avere ragione perché tu sei troppo piccolo per comprendere determinate cose.
Sono capaci di distruggerti nell'arco di un'occhiata ricca di rabbia, con una frase colma di rancore, con lacrime di delusione sul volto e tu sentirai il tuo cuore farsi sempre più pesante.
Davanti a loro fingiamo di essere la generazione menefreghista, ma dentro siamo ancora quei bambini che aspettano solo una carezza sul viso.

Sento la porta aprirsi e il letto cigolare sotto il peso di un corpo. Una mano, probabilmente quella di Zach, si posa sulla mia spalla. «Ciao, Tasya» dice «Come ti senti oggi?»

È da una settimana che lui e Annabeth cercano di tirarmi su il morale, continuando a parlarmi come se non fosse successo nulla. Più lo fanno e più mi rendo conto di non meritarmi persone come loro al mio fianco e i sensi di colpa si fanno sempre più presenti. Nonostante le parole cattive, sono rimasti gentili e disponibili e non posso far altro che domandarmi il motivo.

Non merito nulla, nemmeno la loro amicizia.
Hanno fatto così tanto per me e io ho ricambiato con odio e cattiveria. Una volta Zacharias mi disse che bisogna aiutare, non solo essere aiutati. E a distanza di mesi di quelle parole non ne ho fatto nulla: sono rimasta egocentrica e fissa solo sul mio dolore, sulle mie esigenze e su ciò che volevo io.

Senza nemmeno rendermene conto scoppio a piangere. Cerco di trattenere i singhiozzi e sfogo tutte le emozioni represse sul cuscino, stringendolo con le mani e tirandogli qualche pugno. Le lacrime lo inumidiscono sempre di più, ma vi affondo comunque il viso per impedire a Zacharias di guardarmi. Lui, però, si stende al mio fianco e mi stringe in un abbraccio, che cerco di respingere. Gli tiro pugni sul petto, provo a dimenarmi e scendere dal letto. «Smettila, spostati. Ti prego, lasciami andare. Non me lo merito, per favore» ripeto, ma alla fine lui mi attira a sé, dove scoppio nuovamente in lacrime.

Dietro ai miei occhi [Cartaceo disponibile] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora