Second Moment

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Mi si era addormentato il braccio sotto il peso della sua testa ma, non mi stavo lamentando, piuttosto cercavo di capire cosa mi avesse fatto innamorare di lei, dei suoi capelli mori e di quel viso dai tratti argentini, cosi simili ai miei e a quelli delle donne della mia terra.
Se continuavo ad osservarla,anche per ore intere o intere giornate, non riuscivo più a ricordare cosa di me e lei, tempo fa , si fosse incastrato alla perfezione,a tal punto che credetti di aver trovato il vero amore della mia vita.
-tutto bene?- la sua voce mi riscosse mentre annui, sospirando sul finire. Non capirmi e non sapere cosa realmente volessi non mi era mai piaciuto ma, qui non potevo chiedere aiuto a qualcuno che non fossi io stesso.
Dovevo capirmi, in qualsiasi modo ma dovevo farlo perché non stavo bene con me stesso e vedevo angoli del mio essere che iniziavano ad apparirmi stanchi, privi di vitalità.
Le sue mani finirono sul mio volto, accarezzandomi il neo e chiusi gli occhi per riflesso, provando a cercare qualcosa in me che puntualmente non trovai.
Perche non riuscivo a provare più le stesse cose?
Mi odiavo per questo.
Mi odiavo perché iniziavo a credere di non essere più capace ad amare le persone, che il calcio e la mia carriera mi avesse privato di una parte di me che mi rendeva umano, e la consapevolezza che tutto ciò dipendesse solo ed esclusivamente da me e dalla priorità che mi ero imposto quando ero arrivato a Torino, mi facevano tremare da dentro perché non capivo come avessi potuto privare una donna delle attenzioni e dell'amore che credevo di sapergli dare, che credevo di dimostrargli quando invece il mio unico e costante pensiero era il calcio e la mia carriera.
Come mi ero ridotto a diventare un cumulo di aspettative per me stesso?
Come se non riuscissi più a vedere oltre il mio naso.
-sei stanco? andiamo a letto?- annui, volendo sfuggire da quel divano e chiudermi in bagno, anche solo cinque minuti.
Si issò in piedi, ed io rimasi solo qualche istante in più su quel divano, sapendo bene di avere il suo sguardo puntato addosso.
-Paulo, per favore parlami...ti prego- aprii gli occhi guardandola in piedi, mentre mi sentivo cattivo per farla stare così male e allo stesso tempo ,però, non volevo continuare a sentirmi così come se fossi insoddisfatto della mia vita.
-Anto, credo che dobbiamo prenderci una pausa- non ebbi nemmeno il coraggio di guardarla negli occhi ne di fare quello che forse dovevo realmente fare.
Metterci un punto.
Stare così, come se continuassi a rimanere fermo a quel bivio, stava lentamente distruggendo me e lei ed il solo fatto che lei fingesse di non ricordare tutto quello che le avevo procurato nei mesi scorsi  e che io per conto mio ignoravo le decine e decine di borse arrivate in casa nel solo arco di una settimana, quasi come mi avesse scambiato per un bancomat, non migliorava di certo la situazione.
Forse passarci sopra tante volte, aveva portato me e lei ad un punto morto,un punto di non ritorno.
Mi alzai da quel divano, percorrendo la strada dal salotto alla camera da letto e lo guardai quel letto, dove altre volte vi avevo fatto l'amore con lei , ma non provai nulla.
C'era come qualcosa che si fosse annidato nel mio cervello, un sentiero creatosi a furia di percorrerlo con costanza ogni cinque minuti buoni della mia giornata, qualcosa che somigliava ad una consapevolezza o solo l'assaggio di felicità che mi aveva fatto vedere il mondo per come realmente lo volevo io.
-c'è qualcun'altra?- c'era?
Non le avrei saputo rispondere con certezza perchè probabilmente c'era , e se mi fossi impegnato di più riuscivo a vederne i suoi occhi marroni e quelle labbra che le avevo baciato già due volte.
-è la ragazza della Juventus!- il tono acido con cui fece riferimento a Gwen, mi colpì come se mi avesse fisicamente dato un pugno allo stomaco e la rabbia incontrollata che provai in quel momento ,come se avesse toccato una parte di me, provando a calpestarla e a sputargli sopra, mi fece ribollire il sangue in vena.
-lascia stare Gwen! Sono io che non voglio più stare con te, non lo so che diamine mi è preso ma io....io non provo più niente- forse la rabbia non era mai stata amica di nessuno, forse le avevo inflitto l'ultimo colpo ma essermi liberato di quel peso mi diede la sensazione come se da un momento all'altro potessi iniziare a volare.
Le vidi quelle lacrime rigarle il volto e non provai quello che mi aspettavo di provare, era come se il mio cuore prima di me si fosse reso conto che nient'altro, oltre della mera abitudine, mi legava a questa ragazza e se solo avessi avuto il potere di ritornare indietro, avrei scelto di renderla felice e di far si che le cose tra di noi non si riducessero a cumuli di risentimento ed odio.
Quella valigia dalla cabina armadio mi guardava, tentandomi, ed io sapevo che voleva significare solamente una cosa e la paura che tutto di me mi spingesse lì, mi fece rimanere inchiodato al materasso per ancora una buona mezz'ora.
C'era la mia testa affollata di pensieri, quella chat con Mat cosi piena di parole nascoste tra le righe, c'era mia madre e la sua naturale propensione a capirmi prima di quanto ci impiegassi io stesso e poi c'era lei.
Bella come il sole che al mattino ti fa sorridere mentre guardi fuori dalla finestra e ti fai dei buoni propositi per ripartire, alla ricerca della felicità e il solo fatto che mi stessi ritrovando a sorridere come un ebete, al solo pensiero del suo volto cosi sorridente da sembrare l'estate, mi portò dentro quella cabina armadio a preparare una valigia.
-dove vai?- il tono preoccupato di Antonella mi fece sospirare.
-è finita, tra di noi è finita- perchè finalmente sapevo quale via prendere in quel bivio in cui mi ero fermato chissà quanto tempo fa.
-dove vado a dormire io?- era una domanda più che lecita
-qui, vado io a dormire da qualche parte....hai un mese di tempo per togliere la tua roba da qui dentro, anche due - perchè non potevo lasciarla in mezzo ad una strada.
Infilai le mie felpe preferite, quelle che oltre a farmi stare comodo mi piacevano per come mi stavano addosso e mi resi conto che, dentro quella valigia avevo messo tutto quello che mi facesse sentire bello e sicuro di me stesso.
Sorrisi perché ero sulla strada giusta per riprendere in mano le redini della mia vita.
Il numero di Mariano era memorizzato tra i contatti preferiti e prima di chiamarlo, digitai per lui un veloce messaggio con la richiesta di trovarmi il primo volo disponibile per New York.
Il rumore della cerniera della valigia che venne chiusa, fu come un input necessario per spingermi a tirare un sospiro di sollievo e a guardare la mia stanza.
Nonostante Antonella fosse seduta sul quel suo lato del mio letto, non riuscii veramente a memorizzare l'immagine di lei in quello spazio che sapevo andasse cambiato,anche solo per andare fisicamente avanti in un capitolo della mia vita in cui adesso avevo finalmente deciso a lasciare che certe cose non fossero più riscritte per essere continuate.
-Paulo, sto studiando..que pasa? Perché vuoi andare a NewYork?- sapeva ,forse addirittura meglio di me ,perché volessi andarci e mi fece sorridere il fatto che in qualche modo stesse provando a cavarmi fuori i sentimenti.
-voglio andare a vedere una partita dell'NBA....tu, prendimi il primo volo disponile- e sentii la sua risata, malcelata, mentre l'insopportabile click della penna che probabilmente aveva tra me mani, mi arrivava alle orecchie ad intervalli regolari.
-il primo volo disponibile è domani da Milano, alle sei e dieci del mattino- pensai velocemente a come autoinvitarmi da Gonzalo per questa notte
-d'accordo. Gracias Hermano- e lo salutai mettendo velocemente giù la chiamata.
Quando afferrai tutto, dirigendomi all'ingresso di casa, mi assicurai di aver preso tutti i documenti necessari e mentirei se non dicessi di aver letto l'ennesima punta d'odio in quegli occhi che un tempo mi avevano solo e sempre guardato con amore e desiderio.
-Anto- ne richiamai l'attenzione e si voltò a guardarmi
-ti ho amata veramente...non ti ho presa in giro- dirgli quelle parole , assicurandole che davvero era stata al centro del mio mondo, servì a me stesso e speravo in qualche modo potesse servire anche a lei.

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