Tenth moment

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«dai, da un bacino a tuo padre e va a letto perché è tardi» erano le ventuno e Gwen teneva tra le braccia una piccola ed assonnata Aleyda che stava proprio sull'orlo di crollare tra le braccia di Morfeo.
Paulo era appena uscito dal bagno,dopo essersi concesso una doccia rigenerante, guardò sua moglie e sua figlia e gli andò incontro frizionandosi i capelli con il telo di spugna bianco.
«buenas noches mi niña» le baciò il naso paffutello come il suo e poi la fronte in segno di protezione .
Era un normale e tranquillissimo venerdi sera, un tempo quando ancora non erano genitori forse sarebbero usciti a cena fuori, poi al cinema e forse Paulo avrebbe ,come sempre, fatto contenta Gwen e l'avrebbe portata su ai Cappuccini per guardare una Torino frenetica ma cosi bella da riempire il cuore.
Adesso, il cinema se l'erano portati a casa con uno di quei comodi abbonamenti mensili con queste reti televisive a pagamento, addirittura avevano attivato l'optione anteprima e la macchinetta dei pop corn in cucina, di cui solo Paulo era l'esperto, aveva messo tutti d'accordo.
La vita con i bambini non era certo quella di una volta, ma alla fine loro la amavano ancora di più e Gwen negli ultimi tre anni era riuscita a vedersi più cartoni animati di quanti ne fosse riuscita a vedere in tutta la sua infanzia.
«ti amo papi» la piccola voce assonnata del l'altrettanto assonnata bambina, chiaramente fece impazzire suo padre che già era innamorato di lei ma ogni volta era sempre un colpo al cuore.
Gwen uscì fuori dalla stanza per dirigersi verso la stanza dei bambini, Mathias riposava già da qualche minuto e Aleyda questa sera era così tanto stremata dal pomeriggio al parco passato a rincorrersi sul prato con i suoi genitori, che non aveva nemmeno più le forze per ribellarsi.
La mise a letto, accarezzandole i capelli, le rimboccò le coperte lasciandole il volto scoperto e stette li qualche secondo a stringerle le mani e a rassicurarla; Stitch tenuto stretto tra quelle piccole braccia e poi l'immancabile maglia della Juventus, di suo padre, sotto il cuscino.
«amore»Paulo entró silenzioso, e a piedi scalzi,in camera ma non appena Gwen gli fece segno con l'indice sulle labbra di fare silenzio rimase fermo sull'uscio della porta e aspettò.
Qualche minuto più tardi, Aleyda era completamente abbandonata al sonno e riposava tranquillamente mentre Paulo e Gwen stavano in cucina a ridere tra di loro.
«dai» Paulo fece il labbruccio mentre avvolgeva le sue braccia attorno ai fianchi di sua moglie e se la portava addosso e la stringeva mentre il suo naso inevitabilmente fini dritto in quell'incavo di pelle tra la spalla ed il collo.
Il suo profumo,per Paulo, era da sempre stato sinonimo di tranquillità e di pace ritrovata.
Gwen spense i fornelli, sapeva bene come sarebbe andata a finire e rischiare di bruciare la cena non le piaceva affatto quindi , decise che per quella sera avrebbero cenato leggermente più tardi.
Si rigirò tra le sue braccia e gli posò le mani sul volto per avvicinarselo al proprio mentre il solito calore le fece vibrare ogni singola terminazione nervosa del suo corpo.
«buonasera mr Dybala» lo provocó con le parole mentre le sue labbra,sapienti, stuzzicarano la mandibola marcata di Paulo.
Una scia di baci, calda allo stesso modo della scia di una stella cadente.
Paulo era questo: era calore, passione, colore...Paulo era il suo sentimento più puro, qualcosa impossibile da spiegare a parole ma Gwen era sicura che somigliasse a quel paio di calze sotto quel vestitino sexy che aveva comprato, anche adesso che era mamma. Paulo era quella massa selvaggia di capelli che le ricadevano suadenti sulle spalle nude, era quella strisciata di rossetto rosso sulle labbra carnose e quella goccia di profumo sul collo.
Le afferrò le cosce portandosele all'altezza della vita, la fece sedere malamente sul ripiano della cucina e il tessuto dei pantaloncini ,che stava indossando , sfregò pericolosamente con l'interno coscia di sua moglie.
«aha» ansimò mentre la bocca di Paulo aveva già lasciato le impronte su quel seno che aveva amato ancora di più quando l'aveva visto non più come un'ornamento anatomico distintivo tra uomo e donna ma come il frutto maturo del loro amore.
Il vestitino di cotone, che Gwen era abituata ad indossare come mise per casa, fu arrotolato velocemente così come velocemente i capelli di Paulo finirono sotto il mento di Gwen, in un impeto di passione funesta.
«Mia» Paulo sospirò di tante cose, era accanto alla sua persona preferita nel suo momento preferito anche se a pensarci bene con Gwen ogni momento,passato insieme, era il suo preferito.
Le mani di Paulo camminarono esperte sulla pelle di Gwen e poi fu come un'esplosione, fuochi d'artificio visti da un'attico nel piano più alto di un grattacielo a New York, fu come lo scoppiettio della legna di un camino in una tenera baita in mezzo alla natura, era un cielo sgombro dalle nuvole con tante stelle e poi all'improvviso una scia color verde.
Paulo era Alba ma era anche Aurora.
Mai tramonto e questo se l'erano promessi per sempre.
Il cuore di Gwen batteva all'infuriata, il suo volto giaceva innamorato sul petto di Paulo mentre quest'ultimo le accarezzava la schiena, sdraiati sul pavimento della cucina alla ricerca di tutto quell'ossigeno che avevano consumato.
«bentornata all'età dei ragazzini delle superiori» Paulo scalfì il silenzio mentre un senso di gioia lo percorse da capo a piedi.
Gwen scoppiò a ridere coprendosi la bocca con le mani, gli occhi le si strizzarono e le guance le si imporporarono.
«scemo» lo apostrofò mentre ripercorse velocemente quello che avevano appena fatto.
Si, lei e Paulo sarebbero rimasti per sempre i soliti ragazzi di sempre.
Si girò su un fianco e poi si sedette sul busto di Paulo sorprendendolo, la guardò mentre i segni della bocca di Paulo erano molto più che evidenti e persino lui ne rimase stupito.
«fammi respirare un attimo» la burló solo per vederla ancora imbarazzata.
«stronzo!» Gwen arrossi sempre di più mentre suo marito si alzò da terra in un agile gesto e la strinse tra le sue braccia.
«te amo» le disse
«te amo mas» Gwen gli baciò le labbra una due e tre volte.
L' indomani mattina Paulo si era dovuto alzare presto per lasciare il calore del suo letto coniugale in cambio della stufa della sua automobile ,diretta verso la Continassa, già accesa a causa delle fredde temperature mattutine in quel di Torino; quando arrivò al suo posto privato, accanto a quello di Douglas e di Ronaldo, notò che l'ultimo dei due era già arrivato e stava seduto in macchina con un paio di occhiali da sole sul ponte del naso, per un attimo gli passò la folle idea che Ronaldo si fosse addormentato.
Avere quattro bambini non doveva essere facile.
Scese dall'auto, recuperando la sua personale valigia dai posti posteriori mentre sorrise nel ritrovare uno dei tanti peluches dei suoi figli, ormai lo perseguitavano ovunque o forse inconsapevolmente era lui che se ne circondava, e poi la sua immancabile pochette di pelle nera con i suoi affetti personali,lo zaino in spalle e una sistemata alla tuta che stava indossando.
«hola amigo» quasi gli mancò un colpo quando si ritrovò il portoghese in piedi.
Non si era nemmeno reso conto che Ronaldo fosse uscito dalla sua vettura.
«buenos días » si salutarono mentre uno sprint Bernardeschi si introdusse nel parcheggio con un volto cosi felice.
Paulo non era sicuro di voler sapere quale fosse il reale motivo di cotanta felicità, specie se sua nipote Dolores c'entrasse qualcosa.
«buongiorno a tutti» li raggiunse velocemente, portandosi dietro tutta la sua roba.
Quando entrarono dentro, Maurizio Sarri era già seduto ad un tavolo con una tazza di caffe davanti e un bel giornale "Gazzetta dello sport" aperto davanti il volto.
Paulo l'aveva trovato strano, in tanti anni di calcio non aveva mai incontrato un mister così anticonvenzionale.
Il fumo di sigaretta però l'aveva dovuto abbandonare, alla Juve certe cose erano imprescindibili.
«buongiorno mister» lo salutò mentre si diresse al bancone ad ordinare la tua spremuta di arance, provenienti da chissà quale posto nel mondo.
Niente a che vedere come quelle che il nonno di Gwen gli spediava direttamente dalla Sicilia.
«"Paolo, sono ottimi per la tosse e poi a te fanno benissimo"» e se ve lo state chiedendo, no non c'era riuscito a spiegargli che si chiamasse Paulo con la u e non con la o ma in fin dei conti non gli importava nulla, gli voleva un così grande bene che l'avrebbe potuto chiamare in qualsiasi modo gli sarebbe piaciuto.
«buongiorno Miater» Federico lo segui a ruota e si mise la sua pochette ,Louis Vuitton, sul braccio e poi si sistemò i capelli passandoci le dita delle mani.
«stai provando a conquistare il mister? Basta che ti sbottoni la camicia» Paulo lo prese in giro e tutti e tre scoppiarono a ridere.
Che non si dicesse che gli attaccanti della Juventus non avevano un gran senso dell'umorismo.
Certo, Mario era un caso a parte ma alla fine anche lui si era dovuto adeguare.
«buongiorno ragazzi» li salutò tornado poi a fare le sue cose.
Più tardi di mezz'ora, erano quasi arrivati tutti e Maurizio iniziò a parlare al gruppo stabilendo chi fossero quelli sicuri che avrebbero giocato fin dal primo minuto.
«Paulo, giochi dal primo minuto» Paulo quasi rimase stupito, sapeva di aver giocato bene in allenamento ma con Sarri nulla era certo.
Mandò un veloce messaggio a sua moglie,certo che fosse già sveglia e a lavoro ed infatti quella gli rispose immediatamente,quasi più entusiasta di lui.
Prima di mezzogiorno si misero in viaggio per Milano, prima sarebbero arrivati prima avrebbero definito gli allenamenti.
Questa non era mai stata una semplice partita, Paulo l'aveva capito dalla prima volta che aveva giocato quando era arrivato alla Juventus.
E poi,indossare la dieci in occasioni come queste aveva un significato ancora più forte, specie se sei Paulo Dybala e se dall'altro lato del campo allena Antonio Conte.
Alla fine il mister neroazzurro,ex bianconero, non aveva mai nascosto di avere un debole per Paulo ma Paulo avrebbe giocato bene non per mettersi in mostra ma per rimarcare il concetto che Juventus è un concetto superiore a qualsiasi altra cosa.
Gwen chiuse lo schermo del cellulare mentre già organizzava come far quadrare gli impegni, lei sarebbe andata a Milano ma i suoi figli sarebbero dovuti rimanere a Torino con Mat e Federico il suo storico compagno da ormai tre anni ma adesso, che Paulo giocava dal primo minuto, le cose cambiavano decisamente.
Stampò un biglietto per Mat ed il suo compagno, i pass per i suoi figli e inserì il nome dei suoi figli tra l'elenco degli ospiti speciali per i calciatori.
«Gwen, hai un minuto?» il volto di Filippo si affacciò dalla porta del suo ufficio.
«certo,accomodati» aveva ancora qualche altro progetto da visionare ma poteva concedersi una chiacchierata con il suo collega del reparto giornalistico.
Uno dei pochi rimasti a lavorare alla Juventus; Andrea ultimamente aveva avuto voglia di cambiamenti e non si era accontentato di riverniciare le pareti, sostituire la  mobilia e le piante, ma aveva cambiato tutto.
«dimmi, è successo qualcosa?» di solito Filippo non era mai stato un tipo che si scomodava per disturbarla, piuttosto aspettava la pausa pranzo o la pausa caffè e sigaretta.
«no no, tutto bene» lo vide accavallare le gambe mentre il suo elegante vestito blue notte si accarciava nelle caviglie e lasciava scoperte quel paio discutibile di calze poco sobrie.
Un tocco di originalità.
«devo intervistare Paulo a fine partita per Sky sport, non riesco a contattarlo e non so come fare» a Gwen fece un sacco ridere.
Paulo aveva sicuramente spento ogni mezzo di comunicazione con il mondo esterno per andare in ritiro con se stesso in previsione del match della sera successiva.
«a pranzo lo avviso io, non preoccuparti» lo rassicurò e poi rimasero li qualche altro secondo a parlare di Valentina e del marito Giovanni, entrambi ex colleghi che si erano da poco trasferiti in America per lavorare sempre per la famiglia Agnelli ma in un altro settore.
«allora ci vediamo a pranzo» si salutarono e Gwen ritornò a lavorare per la società.
Il suo posto all'interno della società si era mano a mano affermato e investito di responsabilità cosi tanto che alla fine Andrea Agnelli aveva preso ad interpellarla per quasi tutte le cose e questo aveva spostato di gran lunga i suoi orari di lavoro.
Però, nonostante questo, Gwen faceva di tutto per essere una mamma presente.
Una buona mamma.
Il pensiero della sua famiglia le fece spostare lo sguardo su quella cornice che teneva sulla sua scrivania di vetro, lo scatto che aveva immortalato il momento ritraeva loro quattro, a Cordoba,mentre provavano a leccare il gelato dai rispettivi coni senza impiastricciarsi le mani ed i vestiti, era stato un momento cosi bello che ancora Gwen riusciva ad emozionarsi come se lo potesse rivivere ogni istante.
Se ci pensava, mai avrebbe detto che nella sua vita sarebbe riuscita ad ottenere tutto questo, tutta questa felicità.
Continuò a lavorare provando a portarsi avanti con le pratiche, controllò che tutto filasse dritto e che non ci fosse nemmeno l'ombra di un inghippo.
Alle tredici in punto mise in stand-by lo schermo del suo computer da scrivania, inviò l'ultima e-mail per accertarsi che la società calcistica nazionale, dei rispettivi giocatori, fosse chiara sul concetto che alcuni di loro sarebbero partiti il lunedi sera e non il lunedì mattina e poi si decise a chiudere la porta del suo ufficio personale, una porta accanto a quello di Andrea Agnelli.
Da quando si era trasferita li, al secondo anno che la Continassa era stata ufficialmente inaugurata, le visite caffè e dolcetto si erano notevolmente ridotte e qualcosa le aveva immediatamente suggerito che l'estrema vicinanza all'ufficio del grande capo, doveva per forza esserne la motivazione.
Arrivò al suo solito posto e Filippo era già seduto a telefono,chissà con chi, aveva già ordinato la loro solita bottiglia di vetro di acqua fresca naturale e il cestino del pane era stato già razziato di qualche fetta.
«eccomi» lo salutò e poi si sedette.
Si sentiva che i ragazzi fossero partiti per la trasferta perché si respirava un'aria tranquilla non come quando invece passavano loro di li e sembrava che fosse contemporaneamente passato un uragano.
«cosa ordiniamo?» le chiese sapendo bene che il cameriere,notandoli seduti, sarebbe immediatamente arrivato e lei invece avrebbe immediatamente chiamato prima la baby-sitter per i suoi figli e poi il marito.
«un'insalata con tofu» Filippo si annotò il numero nel menù e come aveva previsto Gwen prese il telefono per chiamare Pamela che era appena rientrata a casa dopo averli presi dall'asilo nido e poi Paulo che era a pranzo con la squadra.
«allora, tutto okay i bambini a casa?» le chiese sapendo bene quando inorgoglisse Gwen il fatto che si parlasse dei suoi bambini.
«si, Mathias sta mettendo su i primi dentini e ogni tanto mi fa perdere qualche ora di sonno e lo sai come è fatto Paulo, appena gli vede due lineette di febbre da di matto e chiamarebbe persino uno specialista oltreoceano - Filippo annui ridendo - Aleyda invece ha iniziato a scrivere i muri se passi a trovarmi a casa sembra una grotta del paleolítico» ancora non era riuscita a dimenticare quello strano quanto bizzarro scarabocchio che si era ritrovata sulla parete del salotto mentre una sgambettante e felice Aleyda le correva incontro fiera del suo operato artistico.
Paulo, ovviamente, aveva scattato foto e inoltrato a tutta la sua rubrica.
Picasso, l'aveva definito come un'opera migliore di quella di Picasso.
Ve l'aveva già detto che lei di bambini ne aveva tre e non due?
«tu con la casa nuova? Sei riuscito a scegliere la carta da parati? O come Mat devi impiegare una settimana per fare le prove?» lo fece arrossire
«alla fine ho scelto quella con i fenicotteri, il verde petrolio si abbinava meglio al tessuto del divano» a volte parlare con Filippo sembrava come parlare con Mat con la differenza che il primo era etero ma molto più paranoioco di una donna mentre il secondo in qualche modo era giustificato.
Pranzarono con calma, riuscirono persino a prendersi il caffe seduti e non in piedi come facevano tutte le volte.
«tu parti stasera per Milano o vai domani mattina?» le chiese prima di dividersi al secondo piano in cui Filippo sarebbe sceso.
«parto stasera, sono riuscita a sistemare tutto con i miei figli e ho trovato due biglietti per Mat e Federico e vengono anche loro» lo salutò mentre le porte dell'ascensore si chiudevano e ognuno di loro ritornava a lavoro.
Nel tardo pomeriggio, quando tutto quello che doveva fare era stato fatto e controllato non una ma ben due volte, si decise a ritornare a casa, la aspettavamo due valigie da dover fare e due figli coccoloni da dover accudire.
Quando apri la porta di casa, Aleyda le corse incontro facendosi prendere in braccio e baciandole tutto il volto; Mathias era per terra sul tappeto e prese a gattonare verso di lei.
«hola mammina» fece la ricarica di amore e coccole per cui andava matta.
I suoi figli erano, sono e sarebbero sempre stati la sua gioia più grande.
«hey Gwen, stavo sistemando le ultime cose dentro la lavatrice» Pamela la salutò mentre la giovane donna si disfava dei suoi tacchi riponendoli nella scarpiera.
«Grazie mille,davvero» non sapeva come ringraziarla perche per Gwen era stato traumatico ritornare a lavoro dopo il periodo di maternità. Separarsi dai suoi figli ,con la consapevolezza che sarebbero stati in mani di altri, la faceva vivere nell'angoscia più totale ma poi per fortuna Pamela era stata la cosiddetta "manna dal cielo".
«lo sai che per me sono come i miei nipotini» e Gwen le sorrise grata, lo sapeva si e questo l'aveva spinta a vivere più serenamente questo distacco.
Mentre i bambini guardavano i cartoni animati barricati sul divano del salotto, Gwen preparava le valigie e ogni tanto faceva una capatina di là per controllare che stessero bene e che Aleyda non avesse preso a salire e scendere dal divano.
Chiuse l'ultima cerniera alle diciannove e dieci, qualche minuto prima che Mat e il suo compagno citofonassero al portone del suo palazzo pronti per dirigersi verso Milano.
Fecero il cambio auto prendendo la jeep compass di Gwen perché aveva già i seggiolini per i bambini e Paulo c'aveva impiegato tre giorni nel tentativo di montarli nel modo corretto e ripetere l'esperienza era l'ultima cosa che avrebbe voluto.
Mat, in modo del tutto acrobatico, riuscì a sistemarsi nel mezzo dei due seggiolini per bimbi e stette li tutto il tempo del viaggio a giocare con i suoi figli.
Si amavano, questo era più che evidente.
Federico si propose di guidare al posto di Gwen e lei gli consegnò ,ben più che volentieri,le chiavi della macchina.
Arrivarono all'Armani Hotel alle venti e quarantacinque, fortuna che online Gwen era riuscita a trovare un'altra camera matrimoniale libera.
Andarono a letto circa intorno alle ventitré dopo che lei e i suoi figli avevano giocato al solletico sul materasso in mezzo a tanti cuscini.
Gwen fu poi la prima a doversi svegliare, alle dieci aveva il primo appuntamento a Sansiro ,con le testate giornalistiche,per la conferenza stampa e per questo fu fuori dall'Hotel già alle nove di mattina mentre Mat prese il suo posto nel lettone,assicurandola che loro se la sarebbero goduti e che avrebbero fatto colazione al Duomo.
Quando arrivò allo Stadio, l'autobus della Juventus era già parcheggiato al suo posto, le si aggrovigliarono le budella dall'ansia ma si mosse spedita dentro quei corridoi illuminati che conosceva bene, dato che nel suo tirocinio post laurea aveva lavorato per Mediaset e alcune volte era finita da queste parti, per conto del FC Milan.
«buongiorno Mister» salutò Maurizio Sarri mentre lo vide rientrare dalle porte antipanico.
Agli inizi era stato strano convivere alla Juventus poi però le cose erano andate come dovevano e i rapporti erano stati ben più che distesi.
«hei Gwen, ti aspettavo...sai bene che non mi piace fare queste cose senza di te» e Gwen sorrise.
«eccomi qui per lei» Maurizio le passò una mano sulle spalle.
«te» la corresse l'ennesima volta ma le veniva difficile.
Quando entrò dentro la sala conferenze sentì quel solito formicolio tipico dell'ansia da prestazione.
«buongiorno a tutti» salutò prima di sedersi sulla sedia di pelle di fronte il microfono spento.
La folla di giornalisti si ricompose,ognuno risistemandosi al proprio posto, e solo quando sentì il rumore di tappi di penne che venivano pigiati e microfoni che venivano attivati, capí che per lei la partita, quel giorno, era appena iniziata.
La conferenza stampa proseguì in maniera distesa, l'annuncio di Dybala titolare fin dal primo minuto fu causa di alcune domande a cui Gwen, dopo quasi quattro anni di matrimonio, aveva imparato benissimo a venirne fuori.
Usci da quella stanza, sufficientemente condizionata, circa tre ore e mezza dopo, saltò il pranzo per la frenesia e per i continui messaggi di Andrea Agnelli che sembrava in presa ad una crisi di nervi.
I ragazzi erano in Hotel a prepararsi per la partira, Douglas e Giorgio Chiellini erano arrivati per farle compagnia ed erano stati una bella distrazione.
Il brasiliano poi le aveva riempito la mente di foto sel suo piccolo Liam,l'ultimo arrivato in famiglia sebbene avesse da qualche settimana una nuova compagna.
Ultimamente alla Juventus c'era un gran via vai di bambini, quasi fosse l'anno propizio per le nascite è più volte Paulo aveva scherzato su una loro terza gravidanza ma Gwen l'aveva minacciato al punto giusto.
Aveva bisogno di prendersi il tempo necessario per riuscire a stare dietro a due bambini e non aveva ancora fatto in tempo a finire con pappe e pannolini che l'idea di riprendere tutto da capo le faceva venire una febbre da cavallo.
Avevano ancora tempo.
Le serviva del tempo.
«ma io ormai lo so che parlate di pappe e pannolini piuttosto  che di tette e culo, ormai è questa la dura vita da padre» Douglas guardò Chiellini come se volesse risponderle ma forse Paulo poi l'avrebbe ammazzato nel sonno con un coltello da cucina.
«Douglas Costa, tieni la bocca chiusa perché il tuo amico Paulo Dybala potrebbe rimetterci il crociato» Gwen lo guardò assottigliando gli occhi anche se alla fine era consapevole che quel gruppo di pervertiti, era già troppo che mantenessero la decenza.
Certo, era pur vero, che Gwen non era più andata negli spogliatori da quando si era fidanzata con Paulo.
Ed era facile intuirne il perché.
Il tailleure che indossava la faceva sentire ingessata, avrebbe tanto voluto strapparselo di dosso e poi iniziava a tirare un certo fresco che le venne spontaneo stringersi nel suo giubbotto a vento, altro che Milano Fashion Week.
Sembrava un vero e proprio sacco di patate e questo era quel periodo dell'anno in cui climatologicamante parlando faceva fatica a vestirsi forse perché a lei l'idea dell'abbigliamento a cipolla non le era mai piaciuto così tanto.
Riuscì ad incrociarsi con Paulo prima che questo scappasse per la sua seduta fisioterapeutica pre partita, Federico l'aveva salutata mentre saliva le scale a piedi e rimaneva concentrato con quel paio di airpods nelle orecchie.
Ultimamente sembrava proprio il tipico auricolarman torinese, insomma il tipico tipo alla moda che indossa occhiali da sole anche in pieno sabato sera solo perché fa figo.
In fondo però si somigliavano più di quanto volessero far credere.
«sono a bordo campo, tua figlia ha preso proprio tutto da te» Paulo le baciò con il sorriso sulle labbra.
Doveva segnare, perché c'era la sua famiglia, le sue persone preferite e perché il Derby d'Italia e lui un dieci.
IL DIECI.
«sono quella con due marmocchi dagli occhi verdi come sue padre e con la maglia Dybala 10» guardò lo specchio dell'anima di suo marito e gli promise vicinanza,coraggio e tanto ed infinito amore.
Quando Mat arrivò con i suoi figli, si senti di essersi ricongiunta con una parte di se; Aleyda indossava la maglia di suo padre però della sua taglia da bambina, aveva i capelli mossi e morbidi sulle spalle, Mat le aveva messo un maglioncino scaldacuore per tenerla al caldo perché Aleyda era testarda ed il suo giubbottino non l'avrebbe mai indossato.
«papà?» le chiese mentre si reggeva in piedi tenendosi alle ginocchia di sua madre.
«adesso arriva» la rassicurò passando un cracker a Mathias che se ne stava tranquillo sul sediolino e guardava il prato verde come se ne fosse rapito.
I tappi per le orecchie erano al loro dovuto posto e anche lui, piccolo com'era, aveva la sua divisa della juventus con tanto di calze e pantaloncini.
Paulo era stato chiaro fin dal primo giorno in cui erano venuti al mondo; Gwen aveva potuto fare ben poco anche se ad essere sinceri lei proprio non aveva voluto che le cose andassero diversamente.
Quando la Juventus entrò in campo, Aleyda quasi trattenne il respiro, vide suo padre che teneva per mano un altro bambino e iniziò ad urlare "Papà" perché era gelosa e Gwen sorrise intenerita.
La rassicurò che lei fosse e sarebbe rimasta l'amore più grande di suo padre, persino Gwen aveva dovuto imparare a convivere con questa notizia.
Al quarto minuto avvenne la magia.
Quel goal le fece schizzare il cuore in gola mentre il volto di Paulo le venne incontro con quel sorriso da bambino felice; Gwen ringraziò gli dei, Dio in persona e suo suocero perché era quello che gli serviva perché quella sera Paulo era il suo Paulo, quello di cui si era innamorata.






Pensavate che fossi sparita ma invece eccomi qui.
Nulla, volevo solo dirvi che è stato scritto di getto quindi non so cosa ne è venuto fuori ma so solo che mi fa stare bene.
Vi aspetto numerose nei commenti e se volete potete trovarmi su Instagram al: 6comeungirasole
Besos 😘 a todos.

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