Sixth moment

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Padre e figlia dormivano sereni sul letto della loro stanza e Paulo le passava un braccio attorno come a racchiuderla per tenerla al sicuro e sorrise osservando i due e notando quanto si somigliassero nei tratti somatici.
«vieni a letto anche tu?» gli bisbiglió stando attento a non svegliare quella piccola peste che sembrava avesse delle pile continuamente cariche.
Gwen per non turbare ulteriormente il silenzio preferì annuire e alzando le coperte, nella quale suo marito e sua figlia erano nascosti, si sdraiò prendendo parte a questo riposino postprandiale.
Guardò Paulo e gli sorrise innamorata mentre lui continuava a lasciare morbidi e delicatissimi baci tra i capelli color cioccolato di Aleyda.
«finarai per consumarla» gli disse anche lei totalmente attratta da quel corpicino cosi minuto che occupava la loro vita rendendoli migliori.
Aveva delle ciglia lunghissime e scurissime che ad occhi chiusi, durante il sonno, si adagiavano leggiadre sulla pelle delicata delle guance che sembravano avere il colore di deliziose pesche appena raccolte.
Era impossibile non amare Aleyda.
Cosi piccola ma cosi vispa come una trottola e sebbene ancora non camminasse - ma unicamente gattonasse- era capace di combinarne delle sue proprio sotto gli occhi vigili dei suoi genitori e dei suoi nonni.
Zio Gustavo, per la quale la bimba stravedeva senza remore, continuava a viziarla senza sosta e nonostante Paulo avesse provato in tutti modi a fargli capire che di questo passo la situazione gli sarebbe scappata di mano, non era ancora riuscito a convincerlo.
«Paulo, smettila di pensarci» la moglie lo ammonì con gli occhi.
Gli veniva assai difficile pensare che sua figlia sarebbe dovuta crescere come ogni altro singolo bambino dell'universo; per Paulo ogni piccolo graffio che sua figlia si sarebbe potuta procurare sembrava come se un samurai cinese l'avesse ferita a colpi di spada.
«ha un graffio sul ginocchio, non dirmi di non pensarci» rispose a tono e Gwen sospirò ridendo dentro di se.
E poi Paulo voleva fare la paternale al fratello Gustavo.
«senti, tua figlia deve giocare e deve correre il rischio di sbucciarsi le ginocchia e se mai questo dovesse verificarsi, sarà compito tuo disinfettarle la ferita, mettere un cerotto , baciarle la bua e dire che tra non molto tutto passera; oppure per caso muoveremo causa al pavimento nella quale è caduta?» Paulo la guardò non esprimendo a pieno quello che davvero stava pensando.
Era inutile che sua moglie continuasse a ripetergli che doveva farsene una ragione, perché lui una ragione non se la sarebbe fatta mai.
Aveva visto sua figlia in lacrime per un dannato sassolino che le aveva graffiato il ginocchio destro e mancava poco che Paulo si mettesse a piangere insieme a lei, talmente tanto gli si era stretto il cuore.
Lui era un padre apprensivo, non l'avrebbe detto prima di diventarlo ma adesso ne era assolutamente consapevole e non voleva far nulla per cambiare questo aspetto di se.
«io l'ho vista piangere, tu no» e Gwen non gli rispose ma non perché era stanca di dover discutere con lui sempre delle solite cose ,da quasi un anno, ma perché Paulo, quando si trattava di Aleyda, diventava totalmente irrazionale.
Quante volte Aleyda, seduta dentro il box, si era messa a piangere all'improvviso facendole venire il crepacuore e poi quando accorreva in suo soccorso, si rendeva conto che l'ennesimo pianto con grossi lacrimoni era dovuto ad un gioccatolo che la peste aveva lanciato fuori da box; cosa avrebbe dovuto fare?
I bambini sono molto intelligenti- le aveva ricordato il pediatra- loro imparano in fretta come ottenere tutto.
Cosi, di certo Aleyda non era sfuggita a questa prassi per cui ci aveva provato anche lei e se con la madre le cose erano andate diversamente da quanto si sarebbe potuta aspettare, beh con il padre le cose erano invece andate per il verso giusto.
Paulo Dybala aveva abboccato come un pesce all'amo.
Il braccio del marito non si allontanò neppure un attimo da quel piccolo corpo minuto e in qualche modo Gwen si rassegnò a dover badare a due bambini piuttosto che ad una sola.
«ti amo» lo guardò sorridendo contenta che suo marito non smettese mai di dirglielo,anche dopo i piccoli routinari battibecchi che avevano tra di loro.
Gwen si alzò uscendo fuori dalle coperte e facendo il giro del letto raggiunse il marito alle spalle, intrufolandosi cosi nuovamente sotto le coperte e abbracciando Paulo che intrecció le dita delle loro mani.
«ti amo anche io, anche se fai lo stronzo» Paulo rise e Gwen gli portò una mano sulla bocca ad attutire il suono.
«se la svegli ti uccido» lo minacciò e Paulo concordò con la moglie.
Amava sua figlia, la amava alla follia ma necessitavano entrambi di un momento di tregua.
Da quando aveva imparato a gattonare e a tenersi in equilibrio sul triciclo, era diventata un vero e proprio pericolo e poi, da quell'altezza era impossibile non correrle dietro evitando che mettesse in bocca l'ennesima cosa pescata da chissà dove.
Aveva già salivato sulla copertina di uno dei dvd preferiti del padre e quando se l'erano vista arrivare con quella custodia stretta malamente tra quelle piccole manine, Paulo era impallidito.
Per un attimo, un solo piccolo brevissimo attimo, Gwen aveva sperato che Paulo si fosse impanicato più per il dvd che per Aleyda ma,nemmeno a pensarci, le cose non erano andate cosi come sperava.
Il dvd era stato lanciato sul divano e Paulo aveva fatto tutto ciò che era in suo possesso per togliere i pezzi di cartoncino che sua figlia stava gustando anche con ritrovato ardore.
Il passo successivo sarebbe stata una gastroscopia.
«perché a me sembra sempre che l'abbiamo partorita ieri?» e Gwen si issò sulle ginocchia a guardarlo con un sopracciglio inarcato
«l'abbiamo partorita? Signor Dybala la prego mi illumini perché io non ricordo di averla vista con le gambe all'aria e..» Paulo le sorrise furbo
«ti ho tenuto la mano e me la stavi strappando a furia di stringerla in quel modo» e Gwen non fece altro che annuire ricordando il momento.
«e non sei svenuto come tutti avevano invece scommesso» gia perché si erano scommessi soldi su quanto Paulo avrebbe impiegato prima di capitombolare per terra come corpo morto cadde.
«siete stati tutti degli emeriti stronzi!» ancora non riuscivano a crederci.
Paulo oltre ad acquistare riviste come "bambino oggi" "bambino domani" e "bambino domani l'altro" si era persino scritto, segretamente, ad un corso preparto in cui si era fatto preparare psicologicamente a cosa gli si sarebbe presentato davanti.
In questa sua follia, solo uno come Federico Bernardeschi l'avrebbe mai potuto accompagnare e poi, quell'altro furbo si era tenuto tutto dentro lo stomaco senza spiccicare parola con nessuno.
Gwen ancora non riusciva ad immaginarseli alle lezioni, mentre probabilmente un'ostretica spiegava loro cosa effettivamente sarebbe accaduto durante un parto naturale.
«il prossimo bambino lo faccio nascere io, ormai sono esperto» Gwen lo guardò trattenendo le risate.
«dato che sei cosi esperto,mi preme ricordarti che ti toccherà autofecondarti perché tu non mi ingraviderai mai più!» le avete presenti quelle cagate per la quale ti dicono che dopo il parto il dolore delle contrazioni durante il travaglio,viene dimenticato?
Ecco, quando vi dicono così mandateli a fanculo.
Gwen li ricordava, certo forse non avrebbe saputo quantificare il dolore in una scala dolorimetra ma di certo non era stata una cazzo di passeggiata come sua madre ed Alicia le avevano fatto credere.
Ad un certo punto ricordava di aver pensato che da un momento all'altro si sarebbe trasformata perché le veniva voglia di ridere, di piangere dalla gioia e dal dolore, di urlare per quanto male stesse provando e si sentiva confusa come se nient'altro a parte l'impellente voglia di far nascere sua figlia,avesse un significato nella sua vita.
«quanto la fai lunga» e si beccò il consueto pugno sulla spalla.
Un'altra cosa che Gwen non era riuscita ancora a spiegarsi era il modo del tutto naturale con la quale le sue abitudini e quelle di Paulo si erano modificate e plasmate ai ritmi di Aleyda e come quest'ultima fosse diventata inevitabilmente il perno centrale della loro vita.
Che Paulo avesse un innato istinto per i bambini era molto più che evidente ma mai nessuno dei due, in particolar modo il diretto interessato, si sarebbe aspettato di comportarsi da padre così come effettivamente ogni singolo istante dei nove mesi di gravidanza si era augurato.
«io vado a lavoro, mi raccomando non andare in ospedale per uno starnuto» la moglie lo prese in giro mentre si issò in piedi sparendo nella cabina armadio per poi emergerne fuori completamente vestita per andare in ufficio.
Paulo era in pausa con un giorno in anticipo per la partenza con la nazionale e la valigia, quasi del tutto completata, gli faceva venire il mal di pancia perché non aveva assolutamente voglia di separarsi da sua figlia.
In un modo del tutto particolare pensava di esserne entranto in simbiosi e il solo fatto che si fosse reso conto che averla intorno ogni attimo gli desse un senso di appagamento del tutto straordinario ed inimitabile gli fece capire quanto grande ed intenso fosse il sentimento che provava per sua figlia e soprattutto quanto a pieno avesse rivestito il suo ruolo di padre.
Gwen li salutò entrambi con un bacio, quello con il marito fu leggermente più approfondito ma fu brava a ricordarsi di dover andare a lavoro alla Continassa e di fare anche in fretta per evitare di rimanere drammaticamente imbottigliata nel traffico torinese; mentre sedeva nel seggiolino di pelle della Jeep del marito, ferma all'ennesimo semaforo rosso, si assicurò che la pasticceria Pfatish avesse commissionato la torta al cioccolato che aveva ordinato con ventiquattro ore di anticipo e che la madre la andasse a ritirare per tempo
Era una tradizione e come tutte le tradizioni andavano rispettate e da quest'anno i papà da festeggiare erano ben due per cui anche Paulo avrebbe dovuto sottostare alla taciuta regola della torta al cioccolato tipica di casa Meneghini.
Gwen aveva invitato i suoi genitori a cenare insieme a lei e Paulo proprio da loro, aveva pensato a tutto organizzando la cena come se fosse un appuntamento di lavoro e questo le era parecchio caro perché avendo una figlia non poteva permettersi di sottrarle ulteriore tempo mettendonsi dietro ai fornelli cosa che per altro non era nemmeno capace di fare al cento per cento.
Quando arrivò nel suo ufficio il lavoro era già inoltrato dalla mattina, momento che lei aveva avuto libero perché la sera prima era rincasata a casa ad un orario indecente, cosi indecente che suo marito e la sua bambina dormivano nel divano da almeno due ore.
Roberto, il suo giornalista e amico fidato, passò come ogni giorno a salutarla e ad informarla di ciò che era avvenuto in sua assenza e dopo di che ognuno ritornò al proprio ufficio dietro la propria scrivania a portare al termine il proprio lavoro.
Gwen era grata per ogni singola cosa che la vita ed il destino le avesse regalato ma lo era molto di più per tutti quei sacrifici che aveva dovuto fare e che adesso stavano dando i suoi frutti; agli inizi separarsi da Aleyda ,dopo ben tre mesi di stretta convivenza, era stato difficile e ricordava come il solo pensiero della sua bambina la rendesse nervosa ed emotivamente instabile quasi fosse nuovamente in gravidanza poi però con il tempo le cose avevano avuto il loro corso e si erano messe al proprio posto piano piano.
Paulo era stato di aiuto perché sebbene Gwen lo burlasse della sua iperprotezione nei confronti di Aleyda alla fine lei non la pensava del tutto diversamente solo che tra i due era dovuta essere quella a darsi un contegno maggiore altrimenti tutto questo non sarebbe stato positivo per la loro vita di famiglia.
Quando le capitava di parlare di bambini e mariti, seduta con Valentina al tavolo del bar della Continassa, inevitabilmente le nasceva un sorriso spontaneo sul volto; un sorriso fatto di gratitudine e di amore nei confronti di Paulo che era il suo compagno perfetto ma anche un ottimo padre per la loro bambina ed in qualche modo era capace a far sentire protetta e sicura anche Gwen. Non erano frequenti i momenti in cui Gwen pensasse che stare a casa piuttosto che a lavoro fosse decisamente migliore ma oggi la situazione era diversa e non aveva e non sentiva quel bisogno di ritagliarsi dello spazio per essere semplicemente Gwen e non la mamma di Aleyda ne la moglie di Paulo.
Oggi, desiderava non essere uscita da quel allogio che teneva al sicuro la sua famiglia, avrebbe preferito rimanere li a cucinare qualcosa con suo marito e a giocare sul tappetino con sua figlia e il solo fatto che guardasse quella foto sulla sua scrivania, circa dieci volte al minuto, le fece ben intuire che piega avrebbe preso la sua giornata lavorativa.
Erano le sedici del pomeriggio e mancavano altre cinque ore prima di ritornare a casa dalle sue persone preferite per eccellenza e dal momento che suo marito non la stava importunando come invece era solito fare quando rimaneva a casa in sua assenza, tutto ciò le suggerì il fatto che probabilmente Paulo si fosse addormentato a ruota dopo aver messo a letto Aleyda.
Difatti a casa la situazione era proprio quella: Paulo stava sonnecchiando ,non troppo profondamente, alle spalle di Aleyda e stava in quella specie di sonno vigilante cosi che se Aleyda si fosse lamentata nel sonno lui l'avrebbe percepito.
Anche questa era un'altra cosa che non si era spiegato; prima di diventare padre ,Paulo,ricordava benissimo quanto fosse profondo il suo sonno e ricordava persino quanto difficile fosse buttarlo dal letto la mattina e ad avvalorare ciò vi erano le quindici sveglie impostate ognuna con una scadenza di un minuto per volta poi però, quando Aleyda era venuta al mondo, questo aspetto di se si era modificato.
Le prime notti che tutti e tre si erano ritrovati a dormire da soli nella loro casa, senza che Alicia e Carlotta dimorassero nei loro stessi ambienti, era rimasto sveglio facendosi venire delle profonde occhiaie e cosi come lui anche Gwen era stata dello stesso avviso ma, con il passare dei giorni e delle notti la sicurezza aveva preso un po di terreno nelle loro menti cosi a turni si addormentavano con la certezza che uno dei due sarebbe comunque rimasto sveglio a fare da guardia al sonno della bambina .
Passati i giorni, poi le settimane ed infine i mesi le cose erano cambiate e Paulo si era reso conto che non serviva rimanere sveglio ma che il suo corpo si fosse adattato alle necessità e per di più non voleva che solo Gwen dovesse alzarsi in tarda notte per qualche pianto per cui lasciava che sua moglie riposasse qualche minuto in più rispetto a lui prima di finire tutti e tre in piedi a passeggiare per il perimetro del salotto.
Ricordava diversi momenti di quelle notti insonni e ognuno di essi aveva un preciso valore tra i suoi ricordi e non avrebbe saputo in alcun modo trovarne uno che fosse il suo preferito.
Erano tutti i suoi preferiti e in qualche modo ognuno di essi gli aveva insegnato qualcosa che non credeva nemmeno posso possibile imparare.
Fu proprio una manina calda ,posatasi sul suo volto, a svegliarlo qualche oretta dopo e nel preciso istante in cui il suo paio di occhi verde smeraldo incontrarono quelli altrettanto verdi di sua figlia, Paulo credette di essersi nuovamente innamorato di lei.
«hola bebé» le disse mentre la più piccola lo guardava totalmente assorta e incuriosita dall'ennesimo dettaglio del volto del padre.
Paulo piegò leggermente la testa per baciare la boccuccia rosa della sua bambina,scatenandone una piccola risata fanciullesca e poi le prese a riempirle i piedini di baci sapendo quanto piacesse a sua figlia e quanto piacesse a lui sentirla ridere con quei versi che Paulo aveva paragonato alla felicità pura.
La connessione indistruttibile che aveva con Aleyda lo portava a sentirsi forte in qualsiasi momento e se si guardava attorno non c'era nulla di quello che gli stesse capitando che non gli piacesse o che avrebbe voluto cambiare.
Era grato per tutto quello che sua figlia gli stava regalando, era grato persino delle notti insonne e di tutte quelle paure che gli avevano offuscato la mente ogni qual volta gli sembrava che le potesse capitare qualcosa.
«que es esta chiquita muy linda?» le solleticó il pancino prima di prenderla a baci sul nasino
«Aleyda Marie Dybala» se si fosse visto da fuori sarebbe del tutto sembrato un pazzo.
Conversava con una bambina di un anno e talvolta la conversazione era a senso unico.
«papi» e la piccola lo conquistò letteralmente.
Prima di Aleyda, Paulo era convinto che altro tipo di cose lo avrebbero reso felice, cose come : un pallone d'oro, la vittoria della Champions, la vittoria dei mondiali, una vacanza ai Caraibi, una casa con tutti gli agi e tante altre cose che adesso non trovavano neppure posto nella top ten delle cose capaci a renderlo estremamente felice.
Il giorno in cui Aleyda aveva pronunciato la sua prima parola, per l'appunto "papi", era inciso a fuoco nella sua mente e ricorda ancora con estrema precisione l'evolversi della cosa.
Paulo era seduto per terra sul tappeto del salotto, quello grigio fumo che avevano fatto mettere su tutto il pavimento per evitare che Aleyda gattonando a mani nude e piedini scalzi alla fine si beccasse un raffreddore; stava osservando sua figlia giocare con un insolito gioco che non ricordava di averglielo comprato lui e si stava chiedendo quando esattamente questo tipo di giocattolo avesse messo piedi in casa loro.
Quelle costruzioni non gli piacevano per due motivi sostanziali: il primo era perché gli sembrava che sua figlia avrebbe potuto chiudersi un dito tra una costruzione e l'altra e il secondo era che gli sembravano abbastanza pericolosi se mai Aleyda avrebbe deciso di lanciarli per aria come ultimamente piaceva fare con quasi tutte le cose.
C'era in tv la replica della partita finale dei mondiali del  novantaquattro, Italia contro Brasile, e come era solito fare gli piaceva guardare queste vecchie partite giocate da giocatori che hanno lasciato il segno nel mondo del calcio ma oggi, non sembrava riuscire a concentrarsi su di essa.
Gwen era seduta su una sedia in cucina e cercava di prenotare i voli per Cordoba, provando a far incastrare alla perfezione l'arrivo del loro volo di ritorno da Vienna con quella di partenza per Berna, la capitale svizzera nella quale avrebbero dovuto prendere il volo di andata per Buenos Aires, Argentina.
Guardò distrattamente l'orologio e dal pranzo erano già passate quasi quattro ore e per questo iniziava ad avvertire allo stomaco la sensazione di doverlo riempire con qualcosa prima che il piccolo vuoto si sarebbe trasformato in una voragine e cosi si era alzato, aveva disturbato Gwen baciandole prima  la spalle lasciate nude dalla canottiera a bretilline sottili che stava indossando, poi le aveva rubato un bacio passionale e alla fine si era approvvigionato della sua barretta energetica ai frutti di bosco per poi ancora ritornare al proprio posto sul tappetò difronte lo schermo della televisione.
Era stato un attimo, si stava concentrando su un azione di Baggio e sebbene sapesse il finale di quella partita, alla fine per lui non era poi cosi difficile continuare a sperare invano che l'Italia battesse il Brasile come invece nella realtà non era stato.
Non sapeva se tifare l'Italia era qualcosa che gli era venuto nel tempo per il fatto che vi abitasse o se invece dipendesse dal fatto che giocando alla Juve negli anni aveva preso con se un istinto di appartenenza a quella maglia, cosi forte al punto che era impossibile con tifare per Baggio e per tutti quei altri colleghi bianco nero scesi in campo; difatti però era totalmente assorto che non si accorse di come Aleyda attratta da ciò che il padre stesse mangiando, decise di abbandonare le costruzioni e di gattonare fino a lui ma rimase sorpresa del fatto che a discapito di quanto accadesse sempre, questa volta Paulo non le stava propriamente dando le attenzioni che si aspettava di ricevere indietro, per cui aveva deciso di poggiare le sue piccole e paffute manine insalivate sulle cosce del padre e di interrompere il silenzio umano di quella stanza con un sonoro e sbiascicante «papì» che aveva fatto girare di scatto Gwen e che aveva fatto scoppiare Paulo in lacrime.
Paulo era certo che quello sarebbe stato il miglior ricordo di tutta la sua intera esistenza e che se ne avesse avuto l'opportunità avrebbe rivissuto quella giornata per chissà quante altre volte.
Adesso era certo che in cima alla lista delle cose che lo rendevano felice c'era la felicità di sua figlia e di sua moglie e sapeva di trovarsi allo stesso posto in cima a quella lista di Gwen.
«andiamo a mangiare la frutta, peste» e così la prese in braccio facendo attenzione a non farle alcun male e con l'ennesimo bacio sulla boccuccia se la portò in cucina.





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Hola babes🎊🎉.
Avevo promesso un aggiornamento🎁 e così è stato, so che forse vi sareste aspettate un aggiornamento di "Inchiostro" ma, questo capitolo era stato inconsciamente e parzialmente scritto  qualche settimana fa poi lo avevo abbandonato per dedicarmi ad altro (il capitolo di Inchiostro e altro ancora) ma oggi che è la festa del papà mi sono detta che vi volevo regalare e mi volevo regalare qualcosa che fosse inerente🧸 e cosi cliccando sulla bozza,nemmeno a farlo di proposito, c'era quel capitolo scritto a metà che aveva proprio tutte quelle caratteristiche che servivano a me, per cui eccoci qui.
Spero 🤞🏼 vi piaccia ⭐️e vi auguro una serena giornata a voi e ad i vostri papà 👨‍👧👨‍👦👨‍👧‍👦👨‍👦‍👦👨‍👧‍👧 ♥️.
All the love🎈
Vostra, Girasole 🌻

LE RAGIONI DEL CUORE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora