thirteenth moment

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Gwen stava indossando quel paio di tacchi che tanto le facevano male ai piedi a fine serata ma che sapeva fossero quasi necessari per la sua mise a lavoro; si guardò velocemente allo specchio verticale dentro la cabina armadio di Paulo e si sistemò il solito elegante paio di orecchini di perle per poi controllare,come al solito, che dentro la sua borsa si fossero tutte le cose che le servivano.
Non voleva accendere la luce perché Paulo stava ancora riposando, perciò, provando a non fare rumore usci fuori dalla camera da letto e raggiunse la cucina.
Non aveva il cuore leggero come tutte le qltre mattinate che si era alzata da quel letto, oggi si sentiva come se una brutta nuvola all'orizzonte stesse via via camminando verso di lei; tutto questo perché non erano riusciti a capirsi.
Quale era la sua colpa? Aveva fatto un favore al suo capo che poi più di un favore si trattava di lavoro vero e proprio e forse magari Paulo aveva pensato che fosse facile per lei mantenersi il suo posto dentro quella grande azienda ma Gwen era consapevole che dopo di lei ce ne sarebbero stati a milioni a poter occupare il suo posto e quindi sarebbe dovuta scendere a compromessi, un po' come si fa con tutto nella vita.
Quella notte aveva dormito poco e niente, le faceva male lo stomaco per tutte quelle cose che non gli aveva detto per paura di sbagliare, di rendere tutto ancora più incomprensibile.
Non capiva per Paulo si fosse rifiutato di capire, perché si fosse impuntato sul fatto che lei sarebbe dovuta rimanere a Torino non potendo andare alla partita di Champions a Madrid contro il Real, ci sarebbe voluta andare ma lei lavorava cosi come chissà a quante altre cose Paulo aveva dovuto rinunciare per il sul lavoro.
Il calcio.
Nel portafrutta ,che stava al centro del tavolo, riconobbe il mazzo di chiavi del suo appartamento qualche strada più sotto da piazza Cnl, non vi abitava più da chissà quanti mesi ma l'aveva comunque mantenuto forse perché la consapevolezza di avere un posto in cui poter tornare la faceva stare più sicura.
Anche adesso,ad esempio.
Le prese, le guardò rigirandosele tra le mani e poi le cacciò dentro la borsa richiudendola.
È che aveva questo brutto presentimento,solo per quello.
Prima poi l'avrebbe lasciato, per adesso serviva a Mat, questa era la scusa che si era rifilata da sola quando persino il suo inconscio le aveva domandato quale fosse la paura, tra le tante che provava, a frenarla dal rassegnarsi che alla fine lei e Paulo aveva intrapreso una vera e propria convivenza.
Usci da quel palazzo così centrale mentre già Torino da chissà quanto tempo si fosse svegliata, riconobbe l'avvocato del secondo piano mentre infilava il suo ombrello nel porta ombrelli all'ingresso, di salutarono velocemente e poi gwen percorse la strada a pieni fin dove aveva parcheggiato la macchina la sera prima,quando era rincasata ad un orario non proprio comodo.
Sapeva che Paulo fosse sveglio, prima di decidersi ad alzarsi dal letto l'aveva visto ritornare dal bagno ma quando Paulo si rilegava nel suo silenzio stampa era sempre meglio dargli il tempo per sbollire altrimenti le cose sarebbero capitombolate precipitosamente.
L' argentino,d'altro canto,l'aveva sentita alzarsi dal letto e mettersi sotto il getto dell'acqua della doccia ma non si era alzato perché già la sera prima avevamo discusso per il lavoro, alla fine Gwen sarebbe rimasta a Torino mentre lui sarebbe andato in Spagna accompagnando i suoi compagni di squadra in una partita che non avrebbe potuto giocare.
Bella merda.
Le aveva chiesto di fargli compagnia, di non lasciarlo amdare solo proprio quella notte per quella partita perché a Paulo si sentiva debole e colpevole e sebbene non glielo avesse detto proprio in questi termini, era stato chiaro nelle sere precedenti a farle capire che avesse bisogno che lei andasse li con lui.
Che non lo lasciasse solo.
Quando si accertò che Ginevra fosse fuori dalle mura di casa, anche lui si decise ad uscire fuori dalle coperte con una strana sensazione che aleggiava nella sua mente, la stessa che stava vorticando attorno alla giovane ragazza torine,come se quella giornata fosse partita con il piede storto e con altrettanto piede storto si sarebbe conclusa; il suo volo era prenotato per le dieci del mattino e considerato che fossero appena le sette e che viveva a meno di mezz'ora dall'aeroporto, aveva un bel po' di tempo per fermarsi a non far nulla.
Gironzolò per casa da una stanza all'altra, raccolse alcuni vestiti da terra e li annusò prima di appoggiarli nella poltrona di pelle, che stava nell'angolo destro della camera,con il suo tipico fare da ragazzo, per accertarsi che fossero capi da mettere in lavanderia o da poter ancora riutilizzare.
Lo annoiava stare da solo a casa, lui non era mai stato abituato ad abitare uno spazio in totale solitudine e per questo provò a tenersi impegnato il più possibile dedicandosi persino ad annaffiare quelle piante di basilico che aveva comprato due giorni prima al Carrefour ma che sapeva fossero destinate a passare a miglior vita, ne lui ne tanto meno Gwen erano tipi da pollice verde e addirittura la torinese se fosse stato possibile avrebbe fatto appassire persino una pianta di quelle finte che compri proprio perché sei consapevole di non essere il massimo nel giardinaggio.
Non lo sapeva perché le aveva prese,forse perché erano carine ed in qualche modo gli ricordavano sua madre, o forse perchè a volte la noia lo spingeva a far cose inutili.
Alle nove decise di chiamare un taxy, ne aveva uno di fiducia ed infatti compose proprio il suo numero e quando arrivò a Casellette fu per lui assai facile muoversi dentro quel piccolo aeroporto che conosceva a memoria.
Non si era ancora scritto con Gwen, aveva letto il suo buongiorno scritto su un post-it lasciato sul frigo ma lui non era ancora dell'umore esatto per chiamarle, sapeva che rischiassero troppo per finire in una lite che non avrebbero potuto chiarire in quanto distanti fisicamente e aggiungerne una nuova a quella lasciata insospesa di ieri non era proprio la cosa migliore da fare.
Passò l'ultima mezz'ora,dopo aver fatto i controlli, all'interno di un negozio di profumi spendendo più di qualche banconota per l'acquisto di profumi che probabilmente avrebbe messo nella sua personale collezione,sulla mensola nel bagno, ma che mai realmente avrebbe indossato, ma in quel preciso istante fu l'unica reale cosa che lo avesse effettivamente distratto dal pensiero fisso di Gwen e quella piccola discussione irrisolta che avevano avuto la notte precedente.
C'era rimasto male, era inutile persino nasconderlo perché c'era rimasto cosi male che si sentiva messo da parte, messo da parte per il lavoro e quella brutta sensazione che aveva provato mentre realizzava che Gwen non sarebbe andata in Spagna con lui a causa del suo lavoro, a quel punto Paulo non aveva potuto far altro che pensarci...pensare a quante volte Antonella si era sentita cosi mentre lui rincorreva il pallone.
Forse questo, dopotutto, era il motivo del perché fosse finito per passare una notte insomme con miliardi di sensi di colpa a divorargli lo stomaco.
Poi, pensare ad Antonella nello stesso letto in cui stava dormendo con Gwen, lo fece stare anche peggio e si sentì come un verme viscido incapace a migliorare se stesso.
Alle dieci e dieci il suo aereo decollò per Madrid, passò il tempo del volo a guardare qualche puntata di Peaky Blinders che si era perso in quelle sere in cui si era messo sul divano con Gwen ma era finito per l'addormentarsi sotto le carezze della sua ragazza, e a messaggiare con suo fratello Mariano; poi, quando atterrò, la sua attenzione fu completamente dedicata alla Juventus e al match che avrebbero disputato il giorno seguente.
Si sentiva una merda,era inutile che provasse anche solo a comvincersi del contrario, si sentiva come uno che aveva decisamente pisciato fuori dal vaso e che il suo essere cosi giovane ed impulsivo avesse inevitabilmente trascinato dietro tutta la squadra.
Non aveva chiuso occhio per giorni e per notti, in allenamento provava a rimediare ma seppure tutti i suoi compagni non gli avessero detto nulla, lui si sentiva colpevole.
Quando arrivò in albergo, la sua camera era sempre quella insieme a Gonzalo e Douglas, tutte le loro cose erano state sistemate sui loro letti ed il solo fatto che si trovasse li in qualche modo lo fece sentire meno peggio,ovviamente sempre nei limiti di quelli che erano i suoi sensi di colpa.
Dalla finestra della loro camera d'hotel osservò la fila di gente che si era accalcata fuori, i ragazzi non c'erano perché erano già andati allo stadio per gli allenamenti e per la conferenza stampa pre-partirta per cui lui ,dopo essersi fatto una doccia, si distese a gambe incrociate sul letto e passò il tempo su instagram.
Aggiornando la time-line il suo profilo fu investito da una serie innumerevole di foto, gli mancò il respiro e la rabbia cieca che provò in quell'istante gli fece bollire il sangue in vena e tremare le mani.
Cosa ci faceva il francese Mbappé a Torino? Ma,soprattutto, cosa ci faceva a Torino con Gwen? La sua Gwen.
Non si risparmiò neppure una foto, le guardò tutte una ad una mentre la rabbia lasciava spazio al disgusto e allo sdegno.
Bella merda questa situazione e questa fu la seconda volta che lo penso in quella stessa giornata.
Si sentì tradito e ancora peggio masticato come un pezzetto di carne secca e sputato poi all'angolino di una via di periferia mentre Gwen avesse appena intrapreso la strada principale. Non si accorse nemmeno delle lacrime che gli rigarono il volto, di come a stento provasse a metter a fuoco altre immagini mentre il suo pollice correva veloce sullo schermo del suo smartphone, tirò su con il naso e si chiese se la sua fosse una punizione, se fosse destinato a non avere una relazione. Poi, decise di alarsi e di andare in bagno a lavarsi la faccia, aveva un mal di testa lancinante e una voglia matta di commettere il primo errore, ma era cresciuto almeno sotto quel punto di vista e per una volta l'idea del chiodo schiaccia chiodo gli apparve sbagliata e spregevole, in mente aveva impressa l'immagine di quelle mani estranee e sbagliate su quel corpo che lui amava a che aveva venerato come si fa con le migliori sculture del mondo, gli sembrava come se adesso una parte di lei gli fosse stata strappata, come se Gwen si fosse appena macchiata ai suoi occhi.
Forse era sbagliato il suo modo di averla sempre vista come la perfezione, il bello a cui tendere e la sua salvezza in un mondo fatto di buche piene di sbagli in cui Paulo, fin troppo spesso, era inciampato.
«hermano, que pasa?» Douglas lo trovò con i palmi aggrappati al marmo del bagno mentre il riflesso di quel volto si proiettava , quasi distorto sulla lastra d'argento.
Il cellulare era ancora acceso e Douglas vide le foto seguendo la traiettoria degli occhi del suo compagno di squadra, anche a lui venne meno il respiro e afferrò il cellulare per accertarsi che avesse visto bene che non stesse immaginando ma il dettaglio che gli  impedì di cedere alle ambiguità fu proprio l'assenza di quel sorriso e di quella luce che Gwen aveva sempre negli occhi, sebbene fosse fisicamente li non c'era con la mente.
«Hermano, quello è solo un coglione sena palle, pensa quanto grande deve essere il suo orgoglio per andare a Torino a fare lo stronzo con la tua ragazza proprio quando tu se volato via da li, wow che uomo con le palle» Paulo lo ascoltò ma non lo sentì perche la sua mente era già corsa altrove in un posto in cui aveva perso tutto.
Passò il resto della giornata seduto sul letto, neppure Gonzalo era stato in grado di rassicurarlo ne tanto meno a convincerlo ad andare a cena, semplicemente si era ostinato a voler rimanere da solo mentre una serie di pensieri gli divoravano l'anima come demoni provenienti direttamente dall'inferno.
Si sentiva mangiato e corroso, si sentiva incattivito e la cattiveria non gli era mai appartenuta e per questo provò rabbia contro Gwen perchè lui non si era mai lasciato trasportare dalle emozioni ma piuttosto aveva sempre creduto di saperle domare eppure lei gli aveva tolto ogni convinzione che aveva condotto Paulo fin dove oggi era arrivato.
Passò l'intera nottata a singhiozzare silenziosamente mentre le sue fragilità lo coprivano insieme a quelle lenzuola che non erano per niente confortevoli, si sentiva nudo anche quando strati di vestiti lo stessero riparando dall'aria. Si alzò con l'umore sotto i piedi e da perfetto masochista tornò a guardare quelle foto, forse perchè dentro di se c'era ancora quella piccola speranza che tutto fosse stato un brutto incubo dalla quale si era appena svegliato.
Invece no, quelle foto e quelle ,ani erano rimaste li, cosi come quel bruciore era rimasto sul suo petto.
In allenamento, quella mattina appena trascorsa, stette tutto il tempo a correre, sembrava che i suoi polmoni e le sue gambe non sentissero la fatica e Massimiliano si passò una mano in volto perchè Paulo era palese, era palese quando stava male e le cose girassero esattamente al contrario di come girasse Paulo.
Dopo pranzo l'argentino si sedette in una delle poltrone dell'hall dell'hotel in cui alloggiavano mentre qualche giornalista lo puntava con lo sguardo e lui volutamente li stava ignorando, odiandoli persino per non avere rispetto per la sua vita come se Paulo fosse questo e nient'altro.
Paulo era ragazze lasciate e cazzate fatte, rigori tirati male e cartellini rossi , li odiava.
Si collegò con lo streaming di sky e si guardò la conferenza stampa mentre il suo cuore martoriato continuava  a battere ogni qualvolta le telecamere la riprendevano.
La amava cosi tanto che ogni singola parte del suo corpo provava dolore al pensiero che lei lo avesse appena calpestato.
Le sembrò persino troppo tranquilla, come se non le importasse come lui si stesse sentendo e quella consapevolezza gli fece ancora più male. Non volle continuare a vederla, era stanco e voleva solo mettersi sul pullman per andare via da quelle telecamere che era cosi tanto vicine da farlo sentire in gabbia.
Si sedette in uno dei sedili posteriori, poggiò la testa che avvertiva pensate al finestrino e chiuse gli occhi lasciando a della musica la possibilità di invadergli la mente. Non aveva neppure provato a chiamargli, valeva così poco per lei? Non si meritava neppure una spiegazione? Un motivo?
Sentì che qualcosa dentro di se fosse appena appassito come il peggiore dei fiori in n giardino.
Gonzalo al suo fianco stette in silenzio, non provò neppure a spendere una parole, voleva dirgli tante cose ma non sapeva da dove iniziare cosi si era arreso cercando un momento più adatto questo Paulo lo capì dal fatto che più volte l'aveva guardato provando ad aprire bocca ma subito dopo se ne era pentito.
Mentre stava ascoltando una traccia la musica venne interrotta dall'arrivo di un avviso chiamata da parte di Dani Alves, rispose per errore e a quel punto non potè mettere giù la chiamata.
«Hermano»rispose
«Dani?» provò ancora non sentendo nessun'altra voce dall'altro lato del telefono
«Paulo,scusa non ti sentivo bene» gli rispose il brasiliano
«hai bisogno di qualcosa?» l'aveva sentita, per lui era impossibile non percepire persino il suo irregolare modo di respirare. Ero cieco dalla rabbia e la consapevolezza che non avesse neppure avuto il coraggio di chiamargli, come se fosse un verme, lo fece ribollire dentro.
Si meritava qualcosa di meglio di tutto questo.
«sono a Torino, tu dove sei» Paulo sospirò infastidito, non era il momento perfetto per fare finta o per giocare ad un assurdo gioco di ragazzi dodicenni alle prime cotte.
Gwen era più di una chiamata furtiva, di amici mediatori.
Loro e la loro storia erano più della semplice banalità.
«sull'autobus per andare al Bernabeu, se hai bisogno chiama Ginevra o il tuo compagno del cazzo- tutti o quasi si voltarono a guardarlo.
«Paulo lo sai che non è vero» la difese e Paulo provò ulteriore fastidio. un prurito in gola e sul cuore che gli bruciava sotto le lingue di fuoco che odorava non di legna ma di dolore.
«l'unica cosa che so è che mi giocherei le palle che lei è li con te, anzi sai cosa? Ciao Gwen ti serviva che me ne andassi a Madrid per uscire con quel coglione? Siete tutte uguali e forse tu sei addirittura peggio delle altre» e mise giù la chiamata mentre ogni cosa dentro di se dilaniò alla stessa potenza con il suo cuore si arrestò.
Sperava di averla ferita, di averle lasciato la stessa amara sensazione che lo stava investendo da due giorni, sperò di averle squarciato il cuore con la stessa forza con cui lei glielo aveva strappato, sperò di averle mozzato il respiro perchè lui sembrava creparsi ogni singolo istante sotto il pesante peso di quel dolore che gli vibrava dentro nelle ossa.
Si sentiva ammaccato, squarciato e sanguinante.
«Paulo» Gonzalo lo chiamò sussurrando mentre il mister annui concorde con il Pipita.
«lasciami stare, ti prego»e Paulo pregò che quella notte finisse il più velocemente possibile.
Quando arrivò e si sedette al suo posto in tribuna d'onore, neppure il prato verde fu capace a calmarlo e si sentì spaesato, si sentì vuoto ed ebbe paura, la paura di non saper più come raccogliersi per ricomporsi e rialzarsi.
Quella fu una delle notti peggiori della sua vita, non l'avrebbe certamente più dimenticata.
Il suo ritorno a Torino fu ancora peggio, pioveva come se tutto il resto già non fosse sufficiente ma si rifiutò di rimanere a casa, pensare era peggio, perciò seguì la squadra anche quella mattina e sebbene fosse consapevole di poterla incontrare pregò con tutto se stesso che il cielo,almeno per oggi, lo risparmiasse. Ma, nemmeno a dirlo, che la vide arrivare più bella che mai, alle macchinette per prendere il suo insolito caffè , lo salutò come se nulla fosse successo e sorrise a Juan che la abbracciò .
Che cosa stava succedendo?
Preferì uscire fuori verso i campetti e allenarsi con tutto se stesso, il calcio era ancora l'unica cosa della sua vita che poteva in qualche modo controllare ma la vita sembrava avercela contro di lui.
Lo vide arrivare con il suo solito portento da ragazzino sbruffone, rideva con Neymar mentre chiacchieravano in un francese del tutto incomprensibile.
Sentì chiaramente che stessero parlando di Gwen a poca distanza di lui, lo stava provocando ma in un primo momento raccolse tutte le sue forse per non rispondere alle sue provocazioni ma quando si sentì osservato e il sorrisetto fastidioso che gli si dipinse in volto lo fece uscire di matto.
«Paulo» Miralem lo urlò correndogli incontro mentre persino Gonzalo ebbe paura che Paulo potesse letteralmente mettersi nei guai.
«Laisse moi passer, je suis juste venu a chercher Paulo avant qu'il n sot foutu» la sua voce lo distrasse mentre la vide arrivare con lo sguardo fisso nel suo. Non capì nulla di quello che disse ma a giudicare dal suo tono di voce non era per nulla contenta.
«Mir, traduci» gli disse velocemente
«Encore? Kylian pardonne moi si je suis pas assez claire et correcte avec toi mais je ne vais pas avoir una relation avec toi» la voce contemporanea di Miralem lo rese in qualche modo partecipe a quella assurda conversazione.
Le guardò il volto ferito probabilmente dalla situazione in cui era stata costretta a finire, la conosceva al punto che per lei quello doveva essere uno dei peggiori momenti per la sua dignità e allora Paulo si sentì di aver sbagliato, di essersi comportato da bambino nel vano tentativo di apparire superiore al francese.
«Gwen mais je suis desole» si, Paulo lo immaginava proprio come fosse dispiaciuto per il malinteso che si era venuto a creare. La voglia di spaccargli la faccia rimase comunque annidata tra i suoi pugni chiusi e quegli occhi verdi che iniziavano a sciogliersi.
«ok, d'accord c'est a moi ploblem et...biemvindo Neymar, encantada de conoscerte»lo ignorò e si allontanò con il numero dieci del Paris Saint German, parlando un fluido spagnolo mentre camminava sicura tra quei campetti di Vinovo .
«Paulo, l'hai combinata grossa» fu l'unica cosa che il suo amico bosniaco gli disse.
Era consapevole di averla messa in una situazione cosi scomoda e che in qualche modo l'avesse costretta a fare qualcosa, a prendere quella solita eleganza che la contraddistingueva, mentre lui pensava di poter risolvere il problema nel più stupido dei modi.
Perchè aveva creduto che Gwen potesse desiderare un ragazzo del genere, forse perchè non era Gwen il vero problema ma era lui stesso e quella sua dannata tendenza a screditarsi.
Mezz'ora dopo, quando l'aveva vista ritornare nel suo ufficio, quasi corse le scale per andare li e chiarire ma non si aspettava quei tratti spigolosi sul suo volto di giovane donna, non si aspettava quella freddezza nel tono della voce e quella distanza che sembrava quasi incolmabile.

Forse sarebbe servito del tempo.
E forse il tempo avrebbe portato indietro le promesse, avrebbe portato indietro le carezze ed i baci.
Forse
Il tempo.



Tadaaan.
Terzo aggiornamento in meno di quattro giorni, sono o non sono la vostra amica preferita?
Hahahaha, comunque ringrazio immensamente tanto #luigina💚 che è una mia cara lettrice che nei commenti al capitolo precedente mi ha dato questa bellissima idea ed io l'ho colta velocemente.
Spero vi piaccia e sarei contenta di sapere cosa ne pensate sul fatto di scrivere dal punto di vista di Paulo.
Ammetto che è più difficile,ma vorrei sapere se voi preferite che venga fuori più un lato di Paulo che un altro.
Insomma se vi va voi fatemelo sapere.
Detto questo, che dirvi ancora...ah si, come avete visto ho cambiato titolo e copertina a questa raccolta di missing moments che non si chiamera più "ora parlo io" bensì "LE
RAGIONI DEL CUORE" titolo che ho amato dal primo istante che la mia adoratissima sognavaleggendo ♥️me lo ha proposto.
Se avete voglia di scrivermi qualcosa in privato io vi leggo sia nei dm qui su Wattpad ma potete anche cercarmi su Instagram al: 6comeungirasole,li inoltre vi aggiorno un po' sui tempi di pubblicazione dei prossimi capitoli ed ogni tanto mi diletto a scrivere qualcosina di breve giusto per ingannare il tempo fino alla prossima pubblicazione di un nuovo capitolo.
Sempre vostra, girasole 🌻.

LE RAGIONI DEL CUORE Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora