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(T/n)'s pov

Non so per quanto dormii, fattostà che sentii la porta della mia camera sbattere.

Mi svegliai di colpo. Respiravo affannosamente.

Mi misi seduto e mi guardai intorno: era tutto buio e dalla finestra aperta entrava la luce della luna. A quanto pare il vento aveva fatto il suo "dovere"...

Feci spallucce... Wow... Avevo dormito davvero tanto... Mi ero addormentato più o meno alle 16... Avevo anche disdetto ad andare da Mark, non ero proprio dell'umore giusto...

Chissà che ore erano?

Cercai il telefono sul comodino, poi mi ricordai di averlo lasciato in salone.

Mi alzai e uscii dalla stanza.

Ero in corridoio, lanciai uno sguardo alla camera da letto, strano, ma speravo ancora di vederla uscire da quella porta e dirmi di tornare a dormire, perché "domani avrei avuto scuola"...

Sospirai, abbassai lo sguardo e mi diressi verso il salone.

Presi il telefono dal comò vicino alle scale, senza guardarmi troppo attorno.

Poi però, purtroppo per me, lo feci.

Ma non trovai quello che avrei voluto trovare...

«Hey, che ci fai in piedi!? Dovresti essere a dormire!»

Diciamo che era quella la frase che "avrei voluto" sentire, ma non da quella persona.

«...papà...» dissi, quasi schifato, lo riconoscevo, non era cambiato di una virgola, e, a quanto pare, neanche il suo odio per me era cambiato, per lui non sarei dovuto esistere, per lui ero solo un errore...

E quell'odio era reciproco.

«Che ci fai qui?»

«Hey, hey, non è questo il modo di rivolgerti a tuo padre...»

«Non mi hai risposto» dissi in tono di sfida.

«Beh... Mi hanno chiamato dicendomi che Bethany era morta e che avrei dovuto badare a te e, visto che non avevi intenzione di aprire la porta, sono stato costretto ad aprirla con delle chiavi di riserva che avevo... Non sei contento di stare con me?» era ironico, si sentiva.

«Oh, si, sono contentissimo... Io e te da soli in una casa... Sai che bello...» alzai gli occhi al cielo.

«Oh no, caro, non siamo soli...» in quel momento spuntò dalla cucina una donna in camicia da notte, alta e magra, con lunghi capelli neri e occhi marroni, aveva uno sguardo dolce. O almeno, così sembrava.

«E... Lei chi è?»

«La mia compagna, no?»

«Oh, si, ovvio» la guardai per un attimo male.

«Piacere, mi chiamo Giselle» si presentò.

«...ma puoi chiamarla "mamma"»

«NO. Io non la chiamerò "mamma", mai, forse per te potrebbe sostituirla, visto che tu non l'hai mai amata, ma per me no. Sei solo un insensibile... A quanto pare la sua morte non ti ha toccato neanche un po', EH!? "La amavo" SI, HO VISTO COME CI AMAVI, QUANDO SONO NATO CHE HAI FATTO, EH? TE NE SEI ANDATO ABBANDONANDOCI COSÌ, NON SEI DEGNO DI ESSERE CHIAMATO "PADRE"» l'ultima parte forse l'avevo urlata un po' troppo... Infatti lui si alzò dal divano su cui era seduto, mi prese il colletto e mi scaraventò al muro.

«Senti, ragazzino, non provare a parlarmi così! CHIARO!?» non risposi, lo guardavo serio, come a sfidarlo.

Mi diede un ceffone in faccia.

Gli occhi automaticamente mi si riempirono di lacrime, ma io cercavo in tutti i modi di non farle scendere, non potevo piangere, non davanti a lui.

Cercai di rimanere serio e arrabbiato, mentre la mia guancia si arrossava sempre di più.

Lanciai uno sguardo alle spalle di quell'uomo... Giselle guardava e non faceva niente, come se fosse abituata ad un comportamento del genere.

In qualche modo mi liberai di lui e scappai in camera.

Sentii un "codardo" provenire da dietro di me, feci un bel respiro per calmarmi.

Accesi per un attimo il telefono, erano le 4 di mattina.

Mi chiusi in camera e scoppiai di nuovo in lacrime.

Non potevo vivere con lui...

Prima o poi sarei scappato, lontano, lontano da quell'uomo.

//Alexa

«Avevo Paura Di Lei» {Betty x Male!Reader}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora