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Eravamo vicinissimi...

Cosa diavolo sto facendo!?

Abbassai lo sguardo e trasformai quel "bacio" in un semplice abbraccio.

«Scusa...» riuscii a dire. 

Mi allontanai. Dovevo invitarla ad uscire.... DOVEVO. Dopo la morte di mamma mi serviva una gioia...

Dove era finito tutto il mio coraggio?

«B-Betty...?»

«Si?»

«Stasera vorresti... Ecco... Fare una passeggiata e magari... Mangiare qualcosa insieme...?» ok... Ce l'avevo fatta.

«Si... Perché no»

Il mio cuore stava letteralmente ballando il tip-tap nel mio petto.

«Oh... Allora... Ci vediamo fuori scuola alle 20...va bene?»

«Si... Va bene»

«Ok... Ci... Ci vediamo dopo»

«Si... Ciao» alzò una mano in segno di saluto, mentre si allontanava.

«Ciao...» ricambiai, ma rimasi fermo sul mio posto.

Metabolizzai un attimo quello che era successo...

Avevo chiesto a Betty di uscire e lei aveva accettato...
UNA-FOTTUTA-GIOIA.

Strano a dirlo ma... Ero felice, grazie a lei.

Nel tragitto verso casa mi ricordai che non c'era più il viso dolce di mia madre a darmi il permesso di uscire... Ma quello orrendo di "papà" che sicuramente me lo avrebbe impedito.

Entrai in casa. In cucina c'era Giselle che preparava il pranzo, e mio padre che stava seduto su una sedia a leggere il giornale. Non lo degnai di uno sguardo.

«Ciao, (t/n)» mi salutò lei, sorridendomi «Il pranzo è quasi pronto, vai a lavarti le mani» annuii, posai lo zaino vicino al divano e andai a lavarmi le mani.

Tornai in cucina. Venni "assalito" dalle mani callosse dell'uomo che prima era seduto sulla sedia, mi diede un paio di ceffoni.

«Non le hai imparate le buone maniere?» sbraitò.

«Che ho fatto ora...?» chiesi, quasi come un sussurro, volevo alzare di più la voce, ma il dolore non me lo permetteva.

«Lo zaino posalo nella tua stanza, nel salone devo starci io, chiaro!?»

Ora basta.

Non ero un tipo tanto paziente, e lui la mia pazienza l'aveva mandata a quel paese già il primo giorno.

Raccolsi tutta la mia forza e lo attaccai con il mio attacco arancione, lui non si mosse, quindi lo colpii e lo scaraventai dall'altra parte della cucina, rompendo i vetri delle finestre.

Giselle si abbassò, per ripararsi dai vetri che volavano da tutte le parti, poi si alzò, mi guardò terrorizzata. Poi il suo sguardo si posò sul corpo senza conoscenza di mio padre, e gli diede assistenza.

Mi sentivo... Strano... Ma bene... Ero soddisfatto di quello che avevo fatto.

Abbassai lo sguardo, e sospirai.

Dopo tutto girai la testa e salii in camera mia. Gli stava bene.

[Timeskip]

Era sera.

Giselle aveva portato mio padre in ospedale (ovviamente io ero rimasto a casa) ed era saltato fuori che aveva perso la memoria.

Perfetto

Pensai.

Giselle si era inventata che era stato un incidente, che era semplicemente scivolato.

E quelli erano stati così stupidi da crederle.

Pensai che non c'era affatto bisogno del permesso di un padre privo di memoria ancora in ospedale e di una donzella spaventata dal sottoscritto per uscire, quindi... Uscii lo stesso.

Mi misi una camicia a quadri rossa e nera e dei jeans strappati.

Pensai che quello fosse il momento giusto per scappare, Giselle non avrebbe fatto niente, come denunciare la scomparsa o chiamare la polizia, era troppo impaurita da me.

Certo, avrei potuto pure restare, ma non volevo avere altri problemi con quelle persone.

Quindi presi uno zaino e ci misi dentro l'indispensabile:
-telefono
-caricabatterie
-caricabatterie portatile
-auricolari
-portafogli
-le chiavi di casa (per sicurezza)
-qualche merendina
-una bottiglina d'acqua
-una giacca leggera (non si può mai sapere)

Cercai di far centrare tutto, togliendo l'aria e spingendo.

Alla fine entrò tutto (chi pensa male lo trucido) e mi misi lo zaino in spalla.

Scesi le scale e sull'uscio della porta urlai «GISELLE, IO ESCO»

Nessuno rispose, beh, chi tace acconsente, no?

Mi chiusi la porta alle spalle e mi incamminai verso scuola.

//Alexa

«Avevo Paura Di Lei» {Betty x Male!Reader}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora