Chapter 12

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"Nessun rapporto è una perdita di tempo.

Se non ti ha dato quello che cercavi,

ti ha insegnato quello di cosa hai bisogno"

-Charles Bukowski


12.



"Minosse devo parlarti".
Mi inchino al suo cospetto osservando riverenza e attendo una sua direttiva che stranamente tarda ad arrivare. Motivo per il quale, alzo il viso ed esamino il suo volto con occhi attenti.
"Mi dica signore" provo ad esortarlo.
Le labbra di Hades si distendono in un sorriso.
"Questa mattina ho avvertito due nuove energie, due nuovi piccoli cosmi" afferma tranquillo guardandomi.
"Provvederò subito a setacciare l'intero perimetro e scoverò gli infiltrati, non si preoccupi non avranno neanche tempo di arrivare al castello" rispondo risoluto muovendomi già verso l'uscita, non prima di avergli fatto un inchino.
"Minosse fermo. Non dobbiamo aver paura di loro, non sono infiltrati, anzi, sono proprio nel posto giusto" si alza dal trono e avanza verso la mia direzione parlandomi con tono rassicurante.
"Daisy, aspetta due bambini" il suo sorriso si allarga, le mie labbra si tendono in una linea dritta, i miei piedi si piantano al terreno.
"Immagino che per l'inferno sarà un giorno di festa allora questo, uno dei tanti ultimamente, oserei dire" rispondo calmo nascondendo qualunque sensazione mi stia invadendo.
"Congratulazioni Signore" continuo inchinandomi a lui come sempre.
"Minosse, quando sarà, quando nasceranno, vorrei che ti prendessi cura di uno dei due nei momenti in cui io non potrò farlo. Vorrei che tu fossi la sua ombra, la sua forza e la sua coscienza, così come Thanatos fa con Rayne. Puoi farlo?".
"Posso farlo".

Apro gli occhi di scatto mettendo a fuoco come prima cosa, il consueto lampadario dalla luce fioca, pendere sopra la mia testa un po' come fosse la personificazione della spada di Damocle.
Ora anche il mobilio ci si mette d'impegno a ricordarmi quanto stia mantenendo male la promessa fatta tanto tempo prima, all'unica persona di cui abbia davvero stima.
A poco a poco, il viso di Hades e la sala del trono che anni prima aveva assistito a quella nostra discussione, scompaiono lasciando il posto alle pareti familiari della mia stanza.
Sposto lo sguardo sull'arredamento essenziale che la compone e accumulo le forse per iniziare questa giornata che non ho assolutamente voglia di affrontare.
Il sentore che sarà di merda è vivido in me.

Con un cipiglio critico, noto che ogni cosa, è esattamente nello stesso posto in cui era prima che chiudessi gli occhi e mi domando perché questo mi stia stupendo più di tanto, o perché in realtà, mi stupisca ogni volta.
In fondo sanno tutti e lo so anche io, che le cose restano immutabili finché non viene applicata su di loro una forza uguale o contraria. È sempre stato così e sempre così sarà.
Se non sarò io a distruggere ogni cosa, se non saranno le mie mani a spostare gli oggetti, loro resteranno in quella posizione per sempre.
Le leggi della fisica sono davvero una grande scoperta.

Sospiro e passo una mano sul viso alzandomi dal letto sulla quale mi ero appoggiato forse solo qualche minuto prima e dirigendomi verso il bagno. Tergiversare nell'attesa che una brutta sensazione diventi bella, è solo tempo sprecato.
Tolgo l'armatura stando attento a non toccarmi più del dovuto e il solito rumore della ferraglia che sfrega tra le sue varie componenti, viene sostituito con il suono che producono i miei piedi nudi quando pestano il pavimento.
Mi infilo sotto il getto d'acqua fredda per riprendere lucidità e il mio corpo rabbrividisce all'improvviso sbalzo di temperatura. La pelle si arrossa, si tende per l'offesa arrecatale e brucia, ma tutto questo, mi è necessario così come lo può essere incamerare aria nei polmoni.
Negli anni ho imparato che per essere sempre al meglio, per essere me stesso, devo scacciar via tutti gli incubi e persino i sogni, che lascio avvicinare quando sono più vulnerabile.
Perché se gli incubi sono mostri palesati che fanno male, i sogni sanno essere anche di peggio.
Loro sono mostri travestiti da belle donne, sono vendette tramutate in profumi e colori d'infanzia, sono sofferenze che indossano sorrisi, perdizioni che vestono angelici visi.
Per essere il solito Minosse, devo evitare che qualsiasi debolezza lasci un'impronta su di me, anche con metodi di tortura se fosse necessario.
Le emozioni, lo sanno tutti, sono come mani sulla sabbia. Che l'accarezzino delicatamente, o che lascino le loro dita affondare sotto i granelli, chiunque vedrebbe che delle mani sono stata lì.

Passo le mani tra i capelli guardando le goccioline scorrere tra le insenature delle mattonelle e il solito peso sul cuore torna ad opprimermi.
Non posso fare a meno di pensare ogni volta che questo sia anche l'unica cosa, che ancora mi ricorda di averne uno.
Porto l'acqua ad una temperatura ancora più bassa e ignoro anche lui. Ignoro tutti, partendo da me stesso.

Esco dalla vasca e asciugo velocemente la mia pelle per poter ritornare ad indossare l'unico indumento che nasconda ogni mia fragilità. Ammesso che ce ne siano ancora.
Probabilmente sono tutte andate sotto pelle e hanno trovato posto stanziandosi tra i muscoli, lo strato epidermico e le ossa.
Si puttane, credo proprio voi siate lì.

Con passo deciso, il mio solito passo, esco dalla stanza e mi dirigo verso i gironi.
Se fosse un giorno come un altro, guardare le anime dei morti dirigersi verso i loro rispettivi cerchi, sarebbe una visione che come di consuetudine, mi renderebbe abbastanza tranquillo.
Questo, perché ciò starebbe a significare che sono rilegato in un luogo in cui voglio stare, a svolgere mansioni che ho piacere di svolgere e che non riguardano nessuna mocciosa dai petulanti e dannatissimi occhi acquamarina.

Tuttavia, non posso fare a meno di sentirmi elettrico, e questo, è perché evidentemente oggi non è un giorno come tutti gli altri!
E vorrei davvero evitare di ricordare a me stesso che purtroppo, l'ultima volta che ho avvertito una brutta sensazione come questa, c'è stata la battuta di ritorno della suddetta mocciosa a casa, ma non posso farlo.

Sento i nervi a fior di pelle scalpitare come cavalli imbizzarriti prima di una corsa e so già che se qualcuno oggi intercedesse quella che è la mia volontà, si ritroverebbe probabilmente ad avere la faccia spaccata nel giro di un battito di ciglia.
E non parlo delle sue ciglia, perché quelle sarebbero impossibilitate a muoversi a causa del sangue coagulato.
La doccia e l'acqua ghiacciata stavolta non hanno davvero potuto nulla contro la mia funesta rabbia.

Radamanto dal canto suo, è da quando ho messo piede nel girone, che mi lancia continue occhiate furtive forse conseguenze del palese stato di nervoso in cui riverso, ma non m'importa.
Lo ignoro stando sulle mie e forse capirà che deve farsi i cazzi suoi.
E se non lo dovesse capire, la faccia la spacco a lui.

Serro la mascella e digrigno i denti infastidito dalla situazione, ritrovandomi a dover bloccare l'istinto che mi spinge a portare due dita alla base del naso per darmi un attimo di sollievo dalla martellante emicrania che avverto crescere attimo dopo attimo.
E credo sia anche abbastanza inutile sottolineare chi, sia la causa scatenante, perché pare proprio che la sfortuna, da quando è nata, mi stia attaccata al culo peggio di una emorroide.
Converrete con me che quello che è palese rimane palese, non ha bisogno di nessuna parola di contorno.

Un profumo dolce di vaniglia e cioccolato bianco arriva alle mie narici e in modo discreto, porto le mie iridi sul punto da cui so per certo provenire la fragranza.
Mi ritrovo ad osservare Lei, lei che seduta come se niente fosse su di una piattaforma sospesa qualche metro al di sopra della mia testa, pare non si sia accorta della mia presenza o forse, che si stia solo impegnando ad ignorarla.
Il leggero venticello infernale che tenue arriva qui, probabile residuo della bufera che punisce i lussuriosi nel secondo girone, le scompiglia i capelli biondi come il grano, facendoli volteggiare in morbide onde attorno alla sua figura rendendola eterea.

Gli occhi, come sempre, sono chiari e carichi di una luce che arriva fino a qui. Con ogni probabilità riuscirebbero ad illuminare anche il buio più pesto. Altra cosa che odio di lei.
Come se ci fosse poi qualcosa che mi stia bene.
Lei è l'unica donna in grado di infastidirmi anche quando non è effettivamente e fisicamente presente accanto a me.

Sospiro e mi prendo qualche secondo per far ordine nella mia testa che di collaborare, proprio non ne vuole sapere.
Ho convenuto con me stesso, già da ieri sera, che la mente sia uno degli strumenti più potenti esistenti sulla faccia della terra, se non, il più potente in assoluto. Per quanto infatti io cerchi di lottare contro di essa e i suoi sporchi giochetti infimi, la troia non fa altro che ripresentarmi dinanzi agli occhi le immagini del giorno prima come un fottuto film.

La sua pelle chiara completamente esposta ai miei occhi da peccatore, le iridi chiare rese molto più luminose dalle gocce d'acqua incastrate tra le sue ciglia, i capelli ora asciutti e mossi dal vento, prima bagnati e attaccati alle sue curve accarezzandole come fossero le mani di un abile amante.
I seni.
Dio quei seni sono il mio chiodo fisso!

Mi passo la lingua sul labbro inferiore e ingoio un fiotto di saliva al solo ricordo.
Su un busto esile ed estremamente femminile che non credevo potesse appartenerle, se ne stavano tondi come fossero due meloncini maturi, sodi anche solo alla vista e non ho potuto non domandarmi al tatto, e alti, con quei capezzoli piccoli cerchiati dalle areole rosate, che svettavano verso l'alto in un tacito invito ad essere morsi e leccati dal sottoscritto.
Perché se la sua mente ha reagito alla mia presenza con meccanismi di difesa, il suo corpo ha fatto del tutto diversamente.

E si piccola Lilith, se non avessi avuto l'autocontrollo che so di avere e che ho richiamato in quella particolare situazione che ci ha visto protagonisti, per tua immensa fortuna o sfortuna, ti avrei presa lì e subito.
Sul marmo di quella vasca.
Senza chiederti il permesso.

Avrei sverginato ogni parte di te, eccitato da morire per essere stato il primo. Perché dal modo in cui hai reagito, dai tuoi tremiti, dai tuoi respiri mozzati, sono più che sicuro che tu non sia stata mai toccata da nessun uomo.
E mi sarei preso ogni tuo buco e ti sarebbe piaciuto.
Avrei aperto con foga le tue cosce e mi sarei seppellito dentro te quasi a volerti squarciare.
Mi sarei preso ogni tuo respiro, soffocandoti e cedendoti il mio, solo per continuare a farlo ancora e ancora. Mi sarei preso ogni tuo gemito ingoiandolo e ti avrei spinta ad urlare il mio nome in preda al piacere e alla perdizione totale e poi, poi piccola Bambolina, per terminare la più bella tra le opere, mi sarei preso anche la tua anima, gettandola da qualche parte a fatto compiuto e rinfacciandoti questo tuo terribile errore a vita, trasformando il tutto, nella più terribile tra le tragedie.

Perché quella tua carnale e cedevole debolezza, sono sicuro ci sarebbe stata.
Perché tu, come tutte, sei soggetta agli istinti del corpo, ai mutamenti della libido che stai forse imparando ad avvertire in te.
Perché tu sei come tutte le altre.
Niente di più, niente di meno.

Però, per rimanere coerente con quello che sono sempre stato e con quello che ho sempre affermato di essere, devo dire tutta la verità.
E per quanto mi sia difficile ammetterlo, anche se soltanto a me stesso, devo farlo.
Sei bella Lilith.

Sei bella da far male.
Lo sanno tutti, lo so io e tu non lo sai.
Ma loro non lo nascondono, io si ed anche bene, tu invece, nemmeno te ne accorgi.

Sei bella perché la natura ti ha donato un viso in cui si incarnano tutte le meraviglie del mondo rispetto a chi lo guarda. Il tuo viso è una melodiosa composizione per un musicista. È il quadro dai colori più vividi per un pittore. È una medicina per un malato, la cura sperimentale per un ricercatore.
Il tuo viso è arte.
Sei una fottuta poesia.

Sei bella perché il tuo naso è piccolo e all'insù, perché i tuoi occhi hanno rubato direttamente il colore al cielo primaverile, perché le tue labbra somigliano a un cuore che palpita, perché il tuo corpo non ha imperfezioni, perché le tue gambe lunghe fanno desiderare a qualsiasi uomo, si anche a me, che siano avvolte attorno al nostro bacino mentre tu sei intenta, nelle nostre fantasie, a dondolarti e a prenderti ciò che vuoi.
Sei bella anche perché tutto questo, non lo sai.

E da me sicuro non lo saprai mai.

"Mi hai sentito Minosse?" insiste la voce di Radamanto riportandomi alla realtà.
Sposto lo sguardo sull'uomo e non mi curo neanche di mostrarmi dispiaciuto per averlo ignorato fino ad ora. Io non devo scusarmi con nessuno di niente, mai.

"No, non ti ho ascoltato e comunque se quello che hai detto non riguarda problemi lavorativi neanche mi interessa" dico piatto voltandogli le spalle e raggiungendola.
In pochi passi, utilizzando i portali nascosti nel vuoto che dividono una piattaforma dall'altra, mi ritrovo alle sue spalle, che esili, stanno ricurve su loro stesse come se portassero chissà quale peso.
"Sarebbe bello poter poltrire tutta la giornata come è tuo solito fare, ma per fortuna non sono uno a cui piacciono i perdigiorno né a cui piace perdere tempo, sei pregata quindi, in virtù di ciò che ti ho appena detto, di alzare il tuo regale sedere e iniziare a svolgere le tue mansioni" affermo facendola sussultare e girare di scatto verso di me.
I suoi occhi chiari leggermente dilatati per la paura vengono attraversati prima da rabbia e poi da imbarazzo.

Ci pensi anche tu a quello che è successo, Lilith?

"Non stavo perdendo tempo, io stavo-" cerca di giustificarsi ma io non le do né modo né altro tempo per farlo, zittendola con un gesto secco della mano. Le sue labbra piene, rimangono per un attimo schiuse, inibite nel loro intento di poter dire qualcosa, per poi chiudersi e tendersi in una linea dritta
"Guardare il vuoto, a fine giornata non porterà a compimento ciò che ti spetta fare, Principessa" la rimprovero con tono secco e sguardo severo.
"Non stavo guardando il vuoto! Smettila di essere prepotente e di non lasciarmi il tempo di parlare, non sei tu quello nella posizione per poterlo fare!" sbotta infastidita dal mio comportamento facendomi ridere malevolo.
"E chi sarebbe tra i due nella posizione giusta per poterlo fare? Tu? Tu che ieri non hai saputo neanche difendere il tuo corpo nudo dalla mia vista? Tu che non hai saputo difendere il tuo onore neanche con una parola? O sempre tu che racconti le bugie allo stesso modo che adottavi quando avevi cinque anni?" la stuzzico.

La mascella di Lilith disegna una linea netta, so per certo di starla facendo innervosire e proprio per questo una piacevole sensazione attenua quella sgradevole avvertita fino ad ora.
"Vuoi un applauso per quello che hai fatto? Ti senti forse un uomo migliore ora che mi hai umiliata?" sussurra guardandomi dritto negli occhi. Le sopracciglia disegnano una curva perfetta, le ciglia, gettano ombre sul suo viso e sui suoi occhi, rendendoli più profondi.
"Non ho mai avuto l'ambizione di voler essere qualcosa in più rispetto a quel che sono e di certo il tuo seno non mi ha cambiato la vita se è questo che pensi" le rispondo tranquillo.

Affonderai Lilith, quindi non giocare con me.

I suoi occhi mi scrutano silenziosi come le sue labbra, sembra ragionare su qualcosa che a me è oscuro e questo mi provoca di nuovo fastidio.
Un tempo, la sua mente era qualcosa di assai elementare che potevo rivoltare come un calzino a mio piacimento come e quando volevo, da quando è tornata, avverto l'opprimente sensazione di voler entrare nella sua testa ed esaminare ogni suo più sciocco pensiero. Questo perché prima era facile leggere nei suoi occhi di bambina, ma ora...
Ora nei suoi specchi d'acqua non ci vedo più un filo logico, quello che mi permetteva di chinarla a me. Sempre e comunque.
Ed io devo avere il controllo della situazione, devo avere il controllo su di lei.
È quello che Hades mi chiese.
È quello che voglio io.

La vedo alzarsi in piedi e togliere con le mani il terriccio e la polvere dai jeans che indossa.
"Tutti dovremmo impegnarci per diventare migliori di quel che siamo, solo gli stupidi non hanno ambizione" afferma seria lanciandomi un'occhiata eloquente. Mi avvicino a lei di qualche passo, il giusto per poterla sovrastare con la mia altezza.
Vederla così piccola e quasi mangiata dalle ombre del mio corpo che avviluppano il suo, mi invade sempre di un sinistro piacere.
"Io ho ambizioni Lilith, io ambisco ad essere il miglior soldato di tuo padre, ambisco ad essere l'uomo più crudele che esista in battaglia e ambisco ad essere il tuo peggior incubo" sussurrò quasi a pochi centimetri dal suo orecchio, dopo essermi chinato su di lei.

Le sue ciglia battono più volte mostrando quanto sia stordita dalla mia improvvisa vicinanza.
Il suo profumo invece, stordisce me.
Arriva alle mie narici come una folata di vento fresco e per un attimo, ha il potere di calmare il mio tumulto interiore. Sento i nervi cedere sotto la pressione che li aveva tesi fino ad ora, la rabbia sbollire e la tranquillità invadere le mie fibre.
Le sue labbra si schiudono nuovamente e i miei occhi sono calamitati lì, dove vorrei tanto mordere e leccare quella pelle rosea che utilizza per essere tanto impertinente.

"L'ambizione non è questa Minosse. Ti accorgerai che una volta aver ottenuto quello che cerchi, non sarai felice. Uccidere le persone, spaventarmi, essere il miglior soldato per mio padre, non ti darà le gratificazioni che credi, perché quando ti volterai, sarai comunque solo" dice quasi in un sospiro mordendosi poi le labbra.

Non farlo Lilith.

La osservo, attentamente senza nessuna inflessione nel mio sguardo. Le sue guance sono rosse come ciliegie e ora le ciglia tremano impercettibilmente.
Hai paura di una mia reazione Bambolina?
Dovresti. Perché stai tirando la corda.

"Solo dici?" rido prendendola in giro e sminuendo le sue parole. "E credi davvero che io sia come un qualunque e patetico essere umano che ha bisogno di compagnia per sentirsi qualcuno? Credi davvero che io sia come te? Io non ho bisogni di nessuno" sibilo avvicinandomi ancora di più al suo viso. Ora i nostri respiri potrebbero confondersi che nessuno dei due se ne renderebbe conto.
Il suo sguardo punta verso l'alto per potermi almeno guardare in viso.
"No, non lo credo. Tu non sei come me. Tu in realtà non sei paragonabile a nessuno che conosco, perché rifiuti qualsiasi tipo di affetto, anche quello di mio padre e di mia madre. Rifiuti ogni sentimento buono ed ogni azione volta al tuo bene. Rifiuti persino di mostrare rispetto per coloro a cui presti servizio e questo è il minimo" ribatte sicura delle sue parole facendomi serrare la mascella.

"Tu non sei come me perché io so riconoscere il bene che mi viene dimostrato e so apprezzarlo mentre tu lo calpesti come se non valesse nulla. Ma ti do una brutta notizia Minosse, niente ci è dovuto e i sentimenti buoni non sono infiniti, non lo è neanche la pazienza delle persone, prima o poi ci stancheremo di dimostrare affetto a te che non lo apprezzi. E quando succederà sarai così solo che niente avrà più valore, neanche essere il migliore tra i peggiori".

Un silenzio tombale cala tra noi due mentre con gli occhi combattiamo una guerra che a parole non renderebbe allo stesso modo.
Le sue iridi celesti scavano nelle mie cercando di trovarci un barlume di consapevolezza.
Le sue parole rimbombano nella mia testa e cercano di incastrarsi nelle zone più recondite del mio cervello e lì risiederci insieme al loro eco.
Ma ad interrompere il tutto, è la mia risata sprezzante che la fa sussultare e le fa sbarrare in modo incredulo gli occhi.

"Ci hai provato Bambolina, davvero belle parole le tue, devo ammetterlo. Stai già facendo le prove per quando darai i tuoi primi esami?" la prendo in giro con tono mellifluo facendole addirittura un applauso.
"No sul serio, complimenti forse dovresti solo migliorare la parte melodrammatica. Passeresti a pieni voti peccato che ancora ti sfuggano due o tre cose. Io non rifiuto il bene perché ho qualche turba mentale o perché sono tormentato da chissà che passato, quindi è inutile che cerchi di scavare verso una coscienza che non esiste. Io lo rifiuto perché non lo voglio! Non voglio né lui né la presenza di chi si affanna tanto per dimostrarmelo. Sarò sempre devoto a tuo padre e a lui il mio rispetto sarà sempre dato. Ma a lui e a nessun altro. La regina è solo un piccolo inconveniente compreso nel pacchetto" spiego arcigno.
"Non affannarti Principessa, torna a giocare con le bambole e non aspettare in piedi il momento in cui quello che dici avverrà" sorrido schiacciandola del tutto.

Però, proprio quando la vittoria sta prendendo forma sul mio viso e la sconfitta dovrebbe disegnarsi come sempre sul suo, vedo le sue labbra curvarsi verso l'alto in un sorriso di sfida.
"Staremo a vedere Minosse. Ma di una cosa sono più che sicura, quando tutto ciò che ho predetto avverrà, la vittoria per me sarà ancora più dolce e la tua dipartita, amara come nient'altro al mondo".

La mia dipartita.

La sua frase disegna brividi lungo tutta la mia colonna vertebrale e il mio istinto di sopravvivenza mi spinge ad andarmene da lì e da lei, velocemente.
Perché Lilith per me è come l'acqua santa, brucia la mia anima dannata.
Quando sto troppo tempo a contatto con lei, il mio corpo inizia a far male, la mia mente a ragionare in modo diverso e le sue parole a scavare crateri dentro me.
Devo andarmene.

"Oggi non potrò essere all'inferno, se tu prima mi avessi dato modo di parlare, avremmo evitato qualsiasi litigio" dice di punto in bianco accantonando il discorso precedente e facendomi inconsapevolmente prendere una boccata d'aria sporca.
Le mie sopracciglia scattano verso l'alto minacciose quando torno lucido, dov'è che deve andare!?
"Ho già avvertito papà e anche la mamma, devo andare all'università, ho tre corsi da frequentare" spiega, notando evidentemente il mio sguardo accigliato e omicida.

Università.

"E da quando tu frequenti l'università" chiedo cercando di mantenere la calma. Mi stava sfuggendo. Lei, mi stava nettamente sfuggendo.
Quando si era iscritta? Quante volte ci era già andata a mia insaputa? Dov'era situata!?
Come cazzo faccio a prendermi cura di lei se sono l'ultimo a sapere le cose che la riguardano!?
La guardo incazzato nero e deve accorgersene del mio repentino e peggiorativo cambio d'umore, perché infossa la testa nelle spalle e fa un passo indietro.
"Mi sono iscritta ieri e oggi inizio, sarò qui per cena comunque" dice piano cercando di non infastidirmi ulteriormente con quel suo solito tono arrogante, sostituendolo invece con uno quasi remissivo.

Allora mi conosci un po' piccola bambolina.

"Farai bene a mantenere la parola mocciosa o non sarò così indulgente come ora" dico severo seguendola con lo sguardo fino a quando non la vedo allontanarsi da me con un cenno del capo e scomparire attraverso un portale.


***


Sono secoli oramai, che mi rifugio qui, quando nulla ha più senso lì sulla terra.
Resto sospeso in questo strato d'atmosfera e aspetto, fino a che tutto ciò che conosco e in cui credo, non torna a girare sul suo solito asse.
Per un momento questa mattina, ho infatti avuto la sensazione che le mie certezze stessero per vacillare e sgretolarsi come zolle di terra sotto la follia del terremoto. E non posso permetterlo.
Non posso permettere che le uniche cose certe della mia vita, che come una miscela collosa tengono insieme i pezzi del mio corpo, si secchino e si spezzino, dividendosi.
Non posso permettere al fiume che tento di arginare da anni e anni, di straripare e condurmi con la sua incessante potenza, alla deriva.

Porto la mano destra verso l'alto e lascio che i fasci luminosi la colpiscano e creino giochi di ombre sul mio viso.
La luce e l'ombra sono un perfetto connubio di imperfezione su di me. Sono nato da una e appartengo all'altra, ma non ho alcun dubbio riguardo a quale delle due io sia più devoto.

Terremoto.
Lilith.
La Bambolina.

Sospiro.

Esattamente non so quanto tempo sia passato da quando sono giunto qui, forse le lancette dell'orologio hanno fatto cinque o sei giri completi e forse Hades sarà preoccupato.
La parte più menefreghista di me tuttavia, ancora per qualche minuto mi dice che non importa.
E quindi non me ne curo più di tanto. Almeno per un altro po'. Solo un po'.
Ne ho bisogno.

Dipartita.
Vittoria.
I suoi occhi.

Stringo la mano in un pugno.

Spesso, qui ho potuto vedere tutto tingersi dello stesso colore dei suoi occhi e osservarlo in un modo e con una intensità, che con gli originali non ho mai potuto adottare. In fondo sarebbe strano starmene lì a fissarla come un maniaco. Lo so anche io.
Dal canto suo, avrà già capito che sono sicuramente un pazzo, ma non le darò altro adito per pensarlo.

Il suo sorriso.
Le sue labbra.
La sua voce.

Sorrido.

Quella Bambola è assolutamente distruttiva nella sua incoscienza di essere tale. Anche gli umani hanno capito che fa più effetto raffigurarle come soggetti assassini piuttosto che oggetti di bellezza.
Alla fine non sono poi così stupidi.

Mezzanotte.
È ora di tornare per me.

Fisso per un'ultima volta la vastità dell'immenso per poi, semplicemente, lasciarmi cadere.
L'aria mi sferza il viso, la libertà veste il mio corpo, la felicità fine a questo momento, afferra la mia anima.
E in un attimo, sono di nuovo all'inferno.

La prima cosa che incontro aprendo gli occhi, sono un colore a me molto familiare, ma sul volto di un uomo e non della bambolina.
Hades avanza verso di me con un cipiglio preoccupato ma l'ombra di un sorriso rassicurante sulle labbra. "Minosse, ti ho visto andare via ma non ho avuto modo di fermarti prima, sei stato via per molto".
"Avevo bisogno di sgranchirle un po'" dico quasi come se mi stessi scusando. Solo con Hades quasi ci riesco.
"Non c'è bisogno di giustificarti, lo sai che puoi andare ogni volta che ne senti la necessità. Non sono mai stato io a vietartelo" afferma con voce serena poggiandosi contro lo stipite della finestra.
Annuisco semplicemente osservandolo.
"Il cielo è davvero nero lassù. Probabilmente nel mondo degli umani un vero e proprio diluvio si sta scatenando. Sai, ho paura che Lilith non abbia neanche un ombrello" sussurra pensieroso portandosi una mano alla spalla e massaggiandola.
"Come al solito sua figlia mette al primo posto la sbadataggine e poi tutto il resto" dico trattenendomi dall'alzare gli occhi al cielo giusto perché quello è il mio signore, ed è suo padre. Poi mi acciglio. "Signore, ma non sarebbe dovuta tornare per cena?" chiedo nervoso sentendo già il fastidio risalire. Perché non mi avverte mai quella mocciosa!?
Hades sorride ma il cipiglio preoccupato resta.
"Tranquillo Minosse ha avvertito noi del suo ritardo, spero solo sia al coperto a questo punto".
"Nel caso non lo fosse è doppiamente stupida" borbotto ormai al limite della sopportazione.
Non faccio in tempo a rilassarmi che lei, anche da lontano, mi fa andare la rabbia a mille.
Hades sospira.
"Avvertimi quando torna, buonanotte Minosse".
"Sarà fatto. Buonanotte Signore".

Volto le spalle all'uomo e mi dirigo verso la stanza della principessa digrignando i denti.
Apro la porta e il suo profumo buono, poggiato su ogni superficie lì dentro, mi investe come fosse uno schiaffo in pieno viso.
Ne annuso la fragranza e me ne riempio i polmoni come se poi potessi usare quell'aria come riserva, una volta esaurita la mia.
Chiudo gli occhi e poggio la schiena contro la superficie fredda della parete meno illuminata dalla finestra, attenendola in silenzio.

L'una di notte.

Apro gli occhi infastidito dall'attesa, infastidito dalla sua mancata presenza e soprattutto infastidito perché ancora sento la sua voce rimbalzare tra le mura di questa camera e arrivare dolce e squillante ai miei padiglioni auricolari.

Le due di notte.

Batto freneticamente il piede sul pavimento a ritmo della mia rabbia crescente. Il non sapere dove si sia cacciata mi fa sentire scoperto. In errore.
Perché io devo controllarla, devo avere potere decisionale sulla sua incolumità. E lei mi sfugge.
Lei mi rema contro. Lei mi rende tutto più difficile.
Lei.
Sempre Lei.

Le tre di notte.

Serro la mascella così forte che potrei spezzarmela. La mia pazienza ha un limite e quello è stato valicato già troppe ore fa.
Stringo i pugni per non spaccare ogni cosa li dentro.
Una sensazione di impotenza mista a qualcos'altro si fa strada dentro me e rende il mio cuore ancora più pesante del solito.
Che sia...

Preoccupazione?

Le quattro di notte.

Passi frenetici si susseguono l'uno dopo l'altro verso la mia direzione e sembrano quasi star scandendo i battiti del mio cuore aritmico.
I muscoli tesi del mio corpo sono pronti a scattare alla minima mossa sbagliata di chiunque sia e la voglia di distruggere ogni cosa aumenta questa mia malsana follia.

Dove cazzo sei?

La porta della stanza si apre di scatto e lei è lì, davanti ai miei occhi mentre il mio petto si sgonfia di quelle spiacevoli sensazioni.

Sta bene.

Le sue labbra sono aperte in cerca di aria allo stesso modo in cui lo sarebbero quelle di un assetato dopo mesi e mesi nel deserto. Il loro colore tuttavia, non è più roseo ma livido dal freddo che hanno patito. Le sue guance sono rosse per la corsa a perdifiato che ha sicuramente affrontato e i suoi occhi sono luminosi più delle stelle ma resi di una tonalità più scura dal temporale che si è abbattuto con ferocia su di lei.
Goccia dopo goccia l'acqua gronda dai suoi capelli ora scuri e dai suoi vestiti attaccati al corpo come fossero una seconda pelle disegnando ogni fottuta e perfetta curva.
Sotto di lei una pozzanghera si è già aperta.

Mi fissa a metà tra il sorpreso e il sollevato mentre il suo seno fa su e giù ad una velocità anormale ed io di rimando fisso lei, ma non so quale espressione sia disegnata sul mio viso.
Scorro lo sguardo lungo il suo corpo ma quello che vedo, al contrario del solito, non mi piace per niente.
La sua pelle, normalmente chiara, è resa completamente rossa dal freddo che l'ha offesa. Sembra quasi che ci siano una moltitudine di graffi e bruciature.
Con passo di carica mi piazzò davanti a lei con un'espressione minacciosa.
La guardo ancora dalla testa ai piedi. È fradicia.
Serro la mascella nel vederla così. Se fosse rimasta con me, adesso non si sarebbe trovata in quella situazione, se mi avesse avvertito prima io avrei avvertito lei di prendere un cazzo di ombrello.
O forse non lo avrei fatto perché avrebbe significato essere gentile e prudente nei suoi confronti, ma almeno avrei trovato un altro escamotage per trattenerla qui.

Senza pensarci una seconda volta, perché so che se lo facessi farei dietro front e la lascerei lì a morire d'ipotermia così come merita, la prendo in braccio stando attento a non ferirla ulteriormente con l'armatura e la conduco nel suo bagno personale.
La sento sussultare per la sorpresa e poi irrigidirsi per quella nuova situazione ma rimanere comunque in silenzio. Niente prima d'ora aveva fatto si che fossimo così vicini.

Neanche io avevo ancora aperto bocca da quando era arrivata e ancora una volta lei avrebbe dovuto ringraziare il mio fottuto autocontrollo e la sua buona stella, perché se lo avessi fatto, se avessi dato voce ai miei pensieri, tutta la rabbia scaturita dalla maledetta preoccupazione nata nei suoi confronti, si sarebbe riversata su di lei con una potenza che l'avrebbe uccisa.

Una volta arrivato in bagno la poggio sul top di marmo della sua specchiera e con mani decise le prendo i bordi della maglia a maniche corte e gliela sfilo lasciandola in reggiseno.
Evito di fermarmi sulle sue curve invitanti e passo a sbottonarle il jeans e a farlo calare passo dopo passo sulle sue gambe lunghe e sode mentre lei come ipnotizzata scalcia via le scarpe per permettermi di spogliarla.

Porto le mani dietro la sua schiena evitando di fissare i suoi occhi ma fissando la sua schiena allo specchio e i miei occhi osservarmi di rimando con una luce strana.
Afferrò il gancetto del reggiseno e con uno scatto lo apro e glielo sfilo facendolo cadere al pavimento. La sua pelle bagnata, sembra avere un odore ancora più forte che sta impregnando ogni parte di me e del bagno.
Stringo i denti e faccio un passo indietro per afferrarle i bordi degli slip ma è qui che la sento sussultare e afferrarmi i polsi.
Porto i miei occhi nei suoi e la vedo tremare con un pulcino e battere i denti come un'ossessa con le guance completamente rosse.
E non sono più così sicuro che siano così solo per il freddo.

"Non ti farò nulla. Voglio solo metterti nella vasca e magari annegarti" dico cercando di smorzare la tensione che si è creata.
Non l'ho fatto per lei.
L'ho fatto per me.

Credo.

Lilith mi osserva spaesata tenendo ancora le mani stretta in una presa ferrea intorno a me.
"Non ti faccio niente Lilith, non stavolta" sussurro per rassicurarla.
Rassicurarla..
Non l'ho mai fatto e non mi è mai importato farlo, ma ora ne sento quasi la necessità.
La vedo pensarci su e poi annuire ancora incapace di parlare per la violenza con la quale i suoi denti battono tra loro, se lo facesse probabilmente si staccherebbe la lingua a pezzettini.

Afferro i lembi dell'unico tessuto rimastole indosso e lo sfilo piano così come ho fatto con i jeans.
Non posso fare a meno di guardare stavolta. Sono un uomo e lei una bellissima donna nuda ed io non ci riesco ad essere un santo.
Gli slip cadano sul pavimento insieme al resto dei suoi indumenti e discretamente lascio che i miei occhi accarezzino quell'intimo punto racchiuso tra le cosce.
Nel toglierle le mutande, le gambe si sono leggermente aperte e le grandi labbra si sono schiuse mostrandomi la sua vulva pulsante e rosea. Piccola e leggermente bagnata è stato uno dei richiami più forti che avessi mai avvertito.

La voglia di chinarmi sulle ginocchia, aprirle lentamente le cosce ponendo le mani a palmo aperto su di loro e affondare la mia lingua dentro quelle calde membra, per un attimo si è anteposta a quella di volerla al caldo e di nuovo capace di esprimersi.
Le mie iridi scorrono verso l'alto, passando per il suo addome piatto e arrivando ai seni tondi e anch'essi offesi dalla tempesta.

I capezzoli sono turgidi per il freddo ma ancora chiari e invitanti, blocco di nuovo l'istinto di fiondarmi su di lei e sento l'ipersalivazione inondarmi la bocca.
Prendo aria con il naso e vado su con lo sguardo, sprofondando nei suoi occhi.
Mi sta osservando completamente imbarazzata ma stranamente non spaventata.
E questo mi ricorda per quale motivo io l'abbia portata qui e denudata.

Prendo un telo e lo stendo su di me coprendomi sia la parte superiore dell'armatura che le mani, per poi afferrare lei sotto le cosce e dietro la schiena, portarmela sul petto e poi dopo qualche passo, lasciare che si immergesse nell'acqua calda della grande vasca.

Una volta libera dalla mia presa Lilith porta le braccia intorno al suo corpo e si stringe protettiva abbassando la testa e interrompendo il nostro contatto visivo.
"Mi trovi fuori se hai bisogno" dico freddo guardandola un'ultima volta e uscendo da quella maledetta stanza prima che possa compiere qualche stronzata.

Appoggiato contro la porta del bagno mi passo una mano sul viso e poi lascio che affondi tra i capelli in un gesto avvilito.

Che cosa mi sta succedendo?


Angolo Autrice

Ciao Bamboli! Come state? Spero bene!
Allora, da dove partire....
Questo è un capitolo importante come avrete notato, si inizia a percepire aria di cambiamenti e di novità.
E non vi nascondo che ho dovuto dividerlo in due parti perché solo questa prima parte sono 12 pagine di word e non mi sembrava il caso di continuare.
Non vedo l'ora di farvi leggere la seconda parte perché quella è davvero ma davvero forte e non lo dico per dire xD
Mi sono impegnata davvero tanto per renderla esplosiva.
Minosse inizia a mostrare qualcosa di se anche se probabilmente è difficile coglierla.
Lilith invece non avendo voce in questo capitolo non sappiamo come stia prendendo tutto questo, voi cosa ne pensate?
Spero di sentirvi presto e in tanti e vorrei dire a tutti quei lettori silenziosi di fare voce ad un loro pensiero e di mostrare che apprezziate il capitolo magari lasciandomi una stellina. Lavoro tanto e lavoro sodo per offrirvi il miglior lavoro, però mi farebbe molto più piacere essere remunerata in qualche modo con un vostro singolo click.
Vi prego XD

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