⏳Time's switch

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Futuro

~🕟

Dopo qualche attimo di smarrimento da parte di ambe due le persone presenti nella sala, sia Caleb -quattordicenne- sia Jude -ventiquattrenne- si ripresero e cercarono di dare alla situazione una spiegazione quantomeno plausibile.
Alla fine furono entrambi d'accordo sul fatto che si fosse, nell'ipotesi più attendibile, trattato di un'anomalia, la quale, a quanto pare, aveva scambiato i due Caleb.
Ora il rasta era intento, dopo essersi alzato da terra, a sistemarsi i capelli -per quel che poteva- e soprattutto a richiudere i bottoni della camicia, i quali erano rimasti aperti fino a qualche attimo precedente.
Il giovane punk, seduto a terra con le gambe incrociate, lo osservava intanto attento e curioso e, anche se l'altro gli rivolgeva la schiena, lui riuscì comunque a capire le varie azioni che il Jude adulto stava compiendo e, soprattutto, il come le stesse facendo: le mani che erano state intente ad allacciare i bottoni della camicia -e che ora la stavano lisciando dalle pieghe- compivano gesti meccanici, come fossero abituate a situazioni del genere; i capelli, cosa incredibile, riuscivano ad avere un loro ordine nel disordine nel quale erano posti; la camicia, inoltre, grazie al tipo di tessuto, lasciava intravedere la schiena del rasta e la sua muscolatura. Si intravedevano anche strani segni, simili a graffi.
Caleb si chiese il perché, in quella stanza, la temperatura fosse all'improvviso aumentata.

"Hai finito di fissarmi?" domandò Jude, con un tono tra lo spazientito e il divertito, che risultò strano da sentire. Fatto sta che però riuscì a risvegliare il ragazzino dal suo stato di "trance".

"Eh?" fu la confusa risposta del crestuto, troppo concentrato ad esaminare il rasta per capire cosa quello gli avesse chiesto.

"Mi stavi fissando la schiena."

"Si, e quindi?"

Jude si voltò, osservando il ghigno che si era formato sul volto del ragazzo: non era cambiato da quello che il suo Caleb era solito mostrare, tuttavia, non fece nascere il sorrisetto che gli sarebbe venuto spontaneo fare, ed acquisì un tono di voce più duro, più severo, come quello di un fratello maggiore intento a rimproverare il fratellino per una cavolata dannosa.

"Sei un pervertito. Ed un maniaco, levati quel ghigno dalla faccia." gli disse, secco e conciso.

"Uhm-hm." rispose l'altro, mentre il suo sorriso angelico si espandeva sulla sua faccia.

"Senti," ripartì quindi il ragazzino alla carica, incurante dell'ammonizione dell'ex regista "ma perché hai quei segni sulla schiena?"

Il rasta, in risposta a quella domanda, era sul punto di domandare di che segni il castano stesse parlando; poi capì, ed un sorrisetto misto ad un lievissimo rossore si fecero spazio sul suo viso, illuminando un poco le iridi rosse rubino del proprietario. Con tutta la calma del mondo, il Jude adulto si andò a sedere sul divano, incrociando le gambe e spostando lo sguardo in giro per la stanza, in cerca dei suoi occhiali verdi. Il castano intuì i suoi pensieri ed, alzandosi, fece per porgerglieli -li aveva presi lui prima, mentre il rasta si stava sistemando- quando, prima che la mano dell'altro potesse raggiungerli, ritrasse il braccio, sorridendo sghembo.

"Prima la risposta alla mia domanda, poi gli occhiali."

"Ti sembra il caso di ricattarmi?" chiese il diretto interessato, non troppo sorpreso dall'atteggiamento del Caleb giovane: si era aspettato una cosa del genere, conoscendolo.

"Tutto è lecito per il proprio scopo." insistette il ragazzino, con la sua solita faccia tosta.
Dopo un sospiro di rassegnazione, Jude decise di rispondergli in modo particolare.

"Perché ti interessano?"

Il ragazzino alzò un sopracciglio, indispettito. Gli venne in mente di come, negli spogliatoi, quando aveva scoperto il regista da solo, quest'ultimo gli avesse risposto in modo identico a come gli aveva risposto il suo io futuro: una domanda per una domanda. Certo che, pensò lui, certi vizi non cambiavano proprio, andando anche, in seguito, a posare lo sguardo sugli occhiali che teneva in mano: all'altro era rimasta pure la fissa degli occhi coperti.

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