capitolo 1

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- Guardate chi sta arrivando! - esclamò un ragazzo alla mia vista - la figlia della luna! Attenti ragazzi! Può attaccarci e trasformarci tutti in licantropi!-
Un altro ragazzo fece una risata di scherno - avete dei proiettili d'argento? -
- Io ho l'acqua santa, va bene lo stesso?- rispose divertita una ragazza.
- Deficienti... - sboffonchiai mentre i tre cercarono di buttarmi dell'acqua addosso. Non so se era benedetta o meno, sempre acqua era. So solo che mi bagnarono la mantella che usavo per celare la causa di questo odio che provavano verso di me.
È da quando sono nata che mi torturavano così, ormai mi ci ero abituata. Nonostante fossi un'essere umano come loro, venivo sempre trattata alla stregua di un mostro.
Il motivo? I miei capelli.
Avevo da sempre i capelli di un bel bianco argenteo, cosa inspiegabile visto che i miei genitori avevano entrambi i capelli scuri. Avrei potuto passare per un'albina se solo avessi gli occhi rossi ma, invece, li ho di un bel verde tendente all'azzurro. Forse era meglio così, gli albini non avevano i capelli argentati ma bianchi come la neve d'inverno. Se avevo pure gli occhi rossi mi avrebbero preso sicuramente per una vampira con conseguenze decisamente peggiori.
La gente mi stava alla larga, spaventata dal colore dei miei capelli, mentre i ragazzi e i bambini si divertivano a deridermi spacciandomi per un licantropo.
Il manto di quei mostri, da quanto si dice, è argentato e da lì ecco il soprannome che mi hanno dato: figlia della Luna. Erano convinti che fossi un licantropo solo per il colore dei capelli. La trovavo un'assurdita'.
-Buongiorno, Luna! - mi salutò gentile Percifal mentre mi venne incontro.
- Buongiorno, se così possiamo dire - risposi cupa, tenendo stretto a me il cestino di vimini.
Lo sguardo di Percifal si accigliò -ti stanno ancora dando il tormento? -
- Ormai non ci faccio più caso - cercai di minimizzare con una scrollata di spalle - fanno quasi tenerezza da quanto sono stupidi -
- La stupidità è pericolosa - mormorò lui cupo - potrebbero farti del male, un giorno... -
Lo osservai tristemente, sapevo che aveva ragione.
Percifal aveva la mia età ed era uno dei pochi abitanti di Castelvania che non mi trattava come un mostro. Ci conoscevamo fin da piccoli ed è sempre stato affascinato dal colore dei miei capelli. Abbiamo passato non so quanti pomeriggi a inventare teorie per questo fenomeno,creando ipotesi una più fantasiosa dell'altra.
È un bel ragazzo, dai capelli biondo castano e gli occhi grigi, è poco più alto di me e ha un fisico asciutto. I suoi genitori, proprietari di una locanda, non vedevano di buon occhio la nostra amicizia ma se la facevano andare bene per amor suo. Tutti si chiedevano come potesse essermi amico. A volte me lo chiedevo anch'io. La sua amicizia era l'unica cosa buona che avevo in questo maledetto posto.
- Sto andando nel bosco a prendere un po' di lamponi - dissi cercando di mostrarmi allegra - ti va di accompagnarmi? E poi dopo puoi fare un salto da me, almeno saluti mia madre... -
- Certo! - esclamò subito lui - cosi' almeno ti lasceranno stare per un po'... e poi non mi piace saperti da sola per i boschi, soprattutto con i mostri che ci sono in giro -
-Guarda che non è la prima volta che ci vado. Non è mai successo niente- gli feci notare.
-Non mi interessa- ribatté Percifal cupo -non mi sento tranquillo. Da sola non ci vai-
Gli rivolsi un gran sorriso, questo ragazzo era una benedizione. Era l'unico, oltre a mia madre, a preoccuparsi per me.
-Allora andiamo- gli sorrisi caldamente, sfoggiando il primo vero sorriso della giornata.

Vagammo per il bosco, andando verso il punto dove i lamponi crescevano indisturbati. Molte persone avevano paura di avventurarsi fin lì, spaventati all'idea di imbattersi in uno dei mostri che viveva accanto a Castelvania. A svariati metri da noi vi era il castello del Conte, uno dei mostri più feroci della zona. Si diceva che al suo servizio avesse creature di ogni tipo e che le lasciava vagare indisturbate per le nostre terre. Magari era vero, ma io non mi ero mai imbattuta in uno di loro. Non era la prima volta che vagavo per i boschi, obbligata a starci anche per una settimana, ma non era mai accaduto niente.
Certo, ogni tanto capitava di sentirmi osservata, ma a parte quello non era mai successo niente. Per me la gente esagerava.
-Siamo quasi arrivati- annunciai a Percifal -tu vai da quella parte, mentre io andrò di là- gli spiegai indicando le zone dove avremo trovato un bel bottino.
Per niente felice di separarsi da me, Percifal andò verso la direzione da me indicata. Sapevo che non gli andava a genio vagare per il bosco, figuriamoci di allontanarsi per pochi minuti, e per pochi metri da me. Non importava se eravamo comunque a tirata d'orecchio, era un tipo molto apprensivo.
Andai verso il cespuglio di lamponi, iniziando a raccoglierli e metterli nella cesta quando lo vidi.
Uno splendido gatto nero mi fissò coi suoi occhioni ambrati a qualche metro di distanza da me, come se mi stesse studiando. Qualunque abitante di Castelvania avrebbe perso la testa, reputandolo un portatore di sventure, ma non era il mio caso. Non ero superstiziosa e i gatti neri mi avevano affascinato da sempre.
-Ciao piccino- gli mormorai cercando di avvicinarmi -che ci fai qui?-
Il gatto si rizzo' in piedi, soffiando minacciosamente verso la mia direzione mentre gli si rizzarono i peli sulla schiena. Dopodiché scappò verso la direzione opposta. Quando le vidi, mi si gelo' il sangue.
Il gatto aveva due code.
Fissai come ipnotizzata il punto in cui il gatto era sparito mentre il cuore mi martello' nel petto. Che diamine di creatura era? Perché quello non era un gatto normale.
I gatti non avevano due code.
-Ne ho raccolti un bel po'- fece Percifal mentre venne verso di me, tenendo a nella maglia a mo' di cestino i lamponi da lui raccolti.
Non gli presta attenzione, ancora sotto shock.
-Sono sicuro che tua madre sarà entusiasta da questa raccolta- proseguì lui mettendo con cura i lamponi nella cesta.
Mi voltai verso di lui. Non sapevo che espressione avevo sul viso, so solo che lui sgrano' gli occhi con aria spaventata.
-Che è successo?- mi chiese facendosi vicino, appoggiando le mani sulle mie spalle.
-Io...- balbettai agitata -ho...ho visto un gatto nero...-
-E da quando saresti superstiziosa?- mi chiese Percifal, rilassandosi.
Scossi la testa -non era un gatto normale, aveva due code-
Percifal sembrò pietrificarsi -cosa?-
-Aveva due code!- insistei andando nel panico -non me lo sono sognata! È vero, Percifal!-
Percifal mi prese la mano mentre con l'altra prese il cesto di vimini -dobbiamo andarcene subito. Non è sicuro qui!-
Annuii, lieta che con me in quel momento ci fosse lui. Se fossi stata sola sarei rimasta imbambolata lì come minimo, a guardare un punto indefinito fino a notte tarda.
All'epoca non lo sapevo, ma quel gatto lo avrei rincontrato in futuro e mi avrebbe portato solo guai e sventura.

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