Parte 1 - Dove il verde non cresce.

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Raiu, il signore del tempo. Capitolo 23.





Vi è un regno immenso, molto lontano da qui; un regno dove arde sempre la guerra per il potere, dove la sapienza é custodita nel minimo dettaglio e dove la natura non influenza per nulla gli animi umani. Il sovrano di quel regno che a quel tempo lo chiamavano "Governatore imperiale Hizumi Shusen VI" di famiglia nobile era un soverchiatore folle e indecente. 

In questo regno il colore prevalente é il rosso. I soldati portavano divise di quel colore, così come le vesti di tutti i nobili. Solo le famiglie umili indossavano abiti bianchi che dopo qualche mese si dipingevano di quel rosso cremisi. Ma oltre a quei colori, il grigio e il nero facevano da sfondo in lontananza, quando qualcuno si dirigeva in quella direzione; fumo e fiamme si sprigionavano nel cielo e ,sfumandosi con le nubi già grigie di loro, tutto si tingeva di nero. Le acque pure fluivano solo nel terreno sacro e nobile, la zona proibita delimitata da una cinta di mura dove pochissimi avevano l'accesso all'interno.

Distante dalla zona proibita vi erano gli isolati maestri, abitati dalla gente colta e importante; ancora più in là c'era il cosiddetto "quartiere volgare", ovvero dove stava il resto del popolo, da quelli coi lavori più utili e faticosi a quelli più insignificanti e poveri.

Ma non è tutto. 

Sconfinato dal regno, ma comunque ne era compreso, c'era il "canile d'azzardo", ovvero i bassifondi rivoltanti, dove giacevano anime oppresse ignare di tutto ciò che accadeva intorno a loro. Sebbene fossero tali, insignificanti e impuri, conoscevano più di chiunque altro la sofferenza, il travaglio, la lotta per la sopravvivenza e, dunque, l'accanimento frequente fra più razze della stessa specie.

Il canile d'azzardo era un termine ironico per riferirsi appunto al luogo dove risiedevano gli uomini, le donne e i bambini abbandonati in solitudine perchè non avevano alcun valore per la società o perchè non avevano scopo nella vita o ancora perchè erano rifiutati dal Governatore. Nessuno, infatti, si azzardava a mettere piede in quel postaccio occupato dai branchi di belve irate per la sola loro esistenza.

Tutto ciò costituiva quel regno.







Il regno di Ignis.











Accade tutto 12 anni fa.  

Io ero un bambino di quel posto. Non mi sono mai chiesto come ho fatto a finirci lì, perchè purtroppo ricordo solo che all'età di 5 anni mi trovavo lì, disteso sulla strada a respirare aria disgustosa quanto lo era il tanfo che il mio corpo emanava.

Ero un cane abbandonato dal suo padrone, ma chi mai fosse stato costui non vi è nulla che mi rammenta il suo volto o la sua persona. Da piccolo bramavo sapere chi fossi più di chiunque altro, ero sempre alla ricerca della mia vera identità e volevo fuggire, ma non sapevo come.

Volevo solo delle risposte.

Vissi in quel quartiere per ben 3 anni. Ero riuscito a sopravvivere confiscando agli altri tutto ciò che possedevano e se quelli resistevano, non avendo la capacità di ragionare come un bambino colto, non avevo pietà nell'ucciderli. Insomma...era proprio uno scarto umano...davvero inutile.

Così inutile che un giorno una persona si azzardò a chiedermi perchè mai esistevano ancora da queste parti bambini della mia età. Nessuno credeva che un bambino potesse sopravvivere in quel luogo, senza morire dopo manco 1 mese. Le persone erano tutte uguali, io non facevo differenza per nessuno e non mi chiedevo mai perchè avevano tempo da perdere, facendomi domande a cui non sapevo e non avevo la minima intenzione di rispondere.

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