Luke e Clary erano in treno, seduti uno di fronte all’altra, entrambi con la testa appoggiata al finestrino, cappucci su e cuffiette nelle orecchie. Luke teneva il tempo della canzone che stava ascoltando molleggiando la gamba, mentre Clary cantava impercettibilmente quella che stava sentendo lei. Il ragazzo la guardava di sottecchi e osservava i movimenti delle sue labbra, cercando di capire quale canzone uscisse dalle sue cuffie. Avrebbe voluto dirle tante di quelle cose. Come il fatto che lui avesse paura di quel Clifford, era un tipo losco, sicuramente uno da evitare. Voleva chiederle perché si era incaponita con lui, cosa ci trovasse in quello. Era pericolo allo stato puro e a loro non piaceva cacciarsi nei guai, affrontare i pericoli. Mentre era perso in questi pensieri, si accorse che la musica nelle sue orecchie si era fermata e che la ragazza di fronte a lui lo stava fissando con aria interrogativa.
«Luke, il cellulare.» gli disse, togliendosi una cuffietta. Era premurosa con lui, cercava sempre di riuscire a dargli il meglio, perché se lo meritava davvero. O almeno, così diceva lei. «Luke, ti suona il cellulare.» gli disse ancora, portandogli lo schermo del telefono a due centimetri dal naso. Il biondo sbatté le palpebre un paio di volte, tornando con i piedi per terra. La suoneria del suo cellulare si era fatta forte nelle sue cuffie, così lesse sullo schermo “Mamma”. La voce di Clary gli era suonata ovattata e ora capiva anche perché. Prese l’oggetto tra le mani e rispose. La ragazza sentì tutta la conversazione attraverso le cuffie di Luke, come tutta la carrozza del resto, il volume era allucinante, non capiva come facesse a non dargli fastidio. La signora Hemmings stava dicendo a suo figlio di riferire alla sua amica che la madre di questa era a casa loro e che avrebbero pranzato insieme, di non andare a casa perciò. Così, la castana sorrise e fece un cenno con la testa al ragazzo seduto di fronte a lei, che riferì alla donna dall’altra parte del telefono. Perciò i due ragazzi scesero alla fermata più vicina a casa di Luke e pranzarono a casa Hemmings. Mentre erano ancora a tavola Clary sussurrò all’orecchio del biondo, senza farsi vedere, «Ho voglia di lago.». Il ragazzo annuì e, senza farsi scorgere dai genitori, troppo impegnati nelle solite conversazioni sul lavoro, sgattaiolarono fuori dalla cucina e salirono in camera di Luke. Clary vi aveva lasciato un costume da bagno qualche tempo prima, per fortuna, così si andò a cambiare in bagno mentre il biondo si cambiava invece in camera. Poi scesero di nuovo e passando di corsa davanti alla porta della cucina gridarono in coro «Mamma, usciamo!» e prima che le donne interpellate potessero ribattere i due ragazzi chiusero la porta di casa Hemmings. Mentre si avviavano a passo sostenuto verso la stazione il telefono di Clary trillò per l’arrivo di un messaggio. Così tirò fuori il cellulare e lesse “Megan”. Un sorriso si fece largo sul suo volto: era una sua amica australiana. Lesse il messaggio:
“Hey, piccola Clary! Come va nella grigia Londra? Io sarò lì per tre giorni questa settimana, ti va se ci vediamo?
Meg xx.”
Sul viso di Clary, che prima era felice per aver ricevuto un messaggio dalla sua amica dall’Australia, si fece spazio un’aria totalmente preoccupata. Luke, che se ne accorse, cercò di sbirciare il cellulare, ma la ragazza lo bloccò e lo rimise in tasca, per avere più tempo di pensare a quale risposta dare. Aveva voglia di vedere Megan, le mancava molto, ma non a Londra, non dove avrebbe potuto conoscere sua madre, dove avrebbe potuto conoscere Luke, dove l’avrebbe vista per quella che non era. Non sapeva cosa rispondere a quel messaggio, così decise di fumare una sigaretta, l’aiutava a pensare meglio e più in fretta. Avrebbe potuto certamente chiedere consiglio al suo amico, ma non l’avrebbe fatto, mai. Lui non doveva sapere di Megan. Lui era Londra, lei era Sydney, due cose che dovevano restare separate, non solo dalle migliaia di kilometri che le separavano geograficamente, ma anche letteralmente. Sydney era una cosa, Londra un’altra. A Sydney c’era una Clary, a Londra un’altra. A Sydney c’era Megan, a Londra Luke. E così dovevano rimanere, non si sarebbero mai dovute scontrare. Luke sapeva di questa fissa di Clary di tenere separate le due vite, ma Megan no, e questa era un’altra cosa che teneva le due cose ancora più distanti. Inoltre Megan era la tipica ragazza australiana, sapeva come conquistare un ragazzo e la londinese conosceva i suoi standard di ragazzo ideale. Sapeva che Luke vi rientrava perfettamente, ma Megan non doveva finire con Luke, assolutamente no. Non si sarebbero dovuti sfiorare nemmeno con un dito. Ma Clary sapeva anche come fosse fatto il giovane Hemmings, cadeva facilmente ai piedi delle ragazze, davvero molto facilmente. Bastava un complimento e un minimo d’interessamento che subito pendeva dalle loro labbra, poteva diventare quasi un cameriere, uno zerbino. E Luke non si meritava di essere trattato in quel modo, soprattutto da una come Megan, che sapeva perfettamente come divertirsi con i ragazzi. Anche se l’australiana era una delle amiche più care di Clary, non avrebbe mai accettato che Luke si facesse abbindolare da lei. Anche perché poi Megan sarebbe tornata in Australia e Luke sarebbe rimasto a Londra. Lui ci sarebbe rimasto troppo male e invece lei se ne sarebbe infischiata. Sarebbe toccato a Clary rimettere insieme i pezzi del cuore di Luke e non aveva di certo voglia di vederlo stare male per una come Megan. Doveva pensare in fretta a una scusa per Megan e una per Luke, si era accorta che lui aveva capito che era successo qualcosa. Diciamo però anche che la castana non si era impegnata per nasconderlo.
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She Hasn't Been Caught // Michael Clifford
JugendliteraturLe amicizie sbagliate possono far finire in strane cerchie, ma se non fosse solo un’amicizia? Se finalmente avessero trovato il pezzo mancante che li completa? Per amore ci si può far trascinare in situazioni che mai si vorrebbero affrontare? Una...