Dye

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Clary era davanti allo specchio dell’ingresso che si lisciava la camicia a quadri verde e nera, si osservava e poi riprendeva a sistemarsi i capelli castani. Avrebbe dovuto tenere qualche ciocca di capelli sulle spalle, a coprirle un po’ il viso, o avrebbe dovuto tenerli indietro? O forse una coda sarebbe stata meglio? Si guardava e faceva qualche smorfia davanti allo specchio, per controllare che il trucco non le si sbavasse in nessun caso.

Sussultò quando il cellulare nella sua borsa di pelle nera trillò. Mise le mani in quell’affare, che sembrava più un pozzo senza fondo per tutte le cose che ci teneva dentro, e riuscì a trovare il cellulare.

«Clary! Stavo per buttarti giù!» disse Luke dall’altra parte.

«Dove cazzo sei?» chiese ansiosa. Avrebbe dovuto passarla a prendere a casa per poi andare a scuola, dove avevano appuntamento con Michael per la tanto agognata uscita.

«Ehm, ecco, sì… volevo parlarti proprio di questo…» disse insicuro, lei riusciva a percepire l’imbarazzo nella sua voce, nonostante fosse leggermente metallica. «Non… non posso venire con te oggi…» concluse.

Il cellulare per poco non cadde dalle mani della castana. Come non sarebbe potuto andare con lei? Che voleva dire? Che intendeva? Cos’era successo di così grave da non farlo uscire con lei e Michael? Quale appuntamento improrogabile era diventato più importante?

«C-come n-non puoi venire?» chiese balbettante. Aveva iniziato a camminare avanti e indietro per l’ingesso di casa, si mangiucchiava le unghie e riusciva contemporaneamente a mordicchiarsi il labbro.

«Mamma ha deciso di dare le ripetizioni a Hilary proprio oggi e vuole che io stia in casa, nel caso avesse bisogno di qualcosa.» disse. Quella scusa non starebbe stata in piedi nemmeno con lo scotch o l’attack.

«Tua madre? Luke, non regge, dillo che ci vuoi provare con Hilary.» constatò scettica. Si diresse verso il soggiorno e si accasciò sopra al divano, tirandosi le gambe al petto.

«Dai, ti prego. Sono sicuro che riuscirai a sopportare Michael.» disse con tono ironico. «Solo, per favore, non cacciarti nei guai, non farti costringere a fare nulla che possa farti finire in galera o che possa nuocerti...» iniziò Luke il suo sproloquio infinito su tutte le accortezze che avrebbe dovuto avere, era peggio di sua madre. Ormai non lo ascoltava nemmeno più, le parole sfumavano nella sua mente. Ora stava solo pensando a sbrigarsi e andare a prendere il treno, altrimenti Michael avrebbe creduto che non avevano avuto il coraggio di presentarsi.

«Va bene, va bene. Ora devo andare, altrimenti faccio tardi. Non te la scopare. Ti racconto poi, ciao Luke.» disse velocemente e interrompendolo, senza nemmeno dar conto a cosa uscisse dalla sua bocca.

Chiuse la chiamata e s’infilò la sua felpa verde, prese la borsa e si precipitò a passo svelto verso la stazione. Se si fosse sbrigata sarebbe riuscita a prendere il treno che avrebbe evitato di farla arrivare in ritardo. Ma le sue gambe la tradirono, si affaticarono a pochi metri dalla stazione e fu costretta a rallentare il passo. Quando arrivò, il treno le chiuse letteralmente le porte in faccia. «Fanculo, fanculo!» pensò e maledisse le sue gambe poco atletiche.

Prese perciò il treno immediatamente successivo e iniziò a correre per riuscire ad arrivare a scuola in tempo. Vide Michael allontanarsi dal cancello principale e iniziò a chiamarlo. Non la sentì, probabilmente era anche lui un fissato delle cuffie infilate nelle orecchie.

«Michael!» gridò quando fu un po’ più vicina. Lui finalmente si voltò e la vide fermarsi piegandosi a metà per riprendere il fiato della corsa. Si avvicinò a lei e le appoggiò una mano sulla spalla.

«Stai bene?» le chiese. Nella sua voce non c’era un filo di preoccupazione, come se fosse una di quelle domande di routine che si pongono quando s’incontra qualcuno che non si vede da un po’. Lei annuì semplicemente.

She Hasn't Been Caught // Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora