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Appena ho scavalcato a passo da gigante la soglia del portone automatico fatto in vetro dell'uscita, i miei denti hanno iniziato a sbattere interrottamente gli uni contro gli altri. Faceva freddissimo, e in più ero l'unica che si aggirava per la folla da un quartiere all'altro con braccia e gambe scoperte. Mi si era rizzato ogni singolo pelo. Sicuro che la gente mi stesse dando della pazza.
Ho cercato disperatamente, con tutto il fiato che avevo, una chioma bionda. Sarebbe dovuto essere facile da una parte, dato che tutti quella sera si erano imbottiti per bene. Indossavano tutti un berretto e Adrien non ce l'aveva. Perciò, aiutandomi con quella poca luce che emanavano i lampioni per le vie, ho deciso di non arrendermi, fino a quando non me lo sarei trovato in faccia per urlargli contro prendendolo anche per le pacche sul sedere. I motivi sono due: uno, mi aveva lasciato da sola alla festa quando ricordo bene che aveva promesso di riaccompagnarmi a casa. E due, era anche colpa sua se stavo gelando.
Facendo poi una strada alternativa, mi sono fermata in un piccolo vialetto buio.
Passando per quella scorciatoia mi sarei dovuta ritrovare di fronte alla facciata della scuola. Non sapevo che cos'era che mi stesse indirizzando verso quella direzione, ma me lo sentivo.

Forse per il fatto che sono un genio, forse per miracolo, ma come immaginavo, Adrien si trovava proprio lì. Seduto tutto solo su un'angolo delle gradinate.
Ha sollevato di poco il capo quando, piano piano, mi stavo avvicinando a lui.
Come per paura che se avessi rotto la distanza che c'era tra noi due, gli avrebbe dato fastidio, magari voleva stare da solo a riflettere tra sè e sè, mi sono chiesta. Però avevo tanta di quella voglia di precipitarmi su di lui per accoglierlo in un caloroso abbraccio. Si sarebbe notato lontano un miglio che la sua espressione suscitava sensi di colpa.
E questo un po' mi è dispiaciuto.
Ho deciso dunque di fermare il passo.
All'inizio non avrei mai saputo come iniziare una conversazione, nè se salutarlo o tantomeno incitarlo a raccontarmi che cosa gli era successo.
Ero così presa dalla vergogna che dalla bocca hanno cominciato a sfuggirmi parole incomprensibili.
Alla fine ho ceduto. Mi sono leggermente chinata davanti a lui prendendolo con due dita per il mento.
Un paio di lacrime sgorgavano sulla sua bella e candida pelle. Stava piangendo.
In silenzio. Aveva pure un labbro spaccato. E subito, a vederlo in quello schifo di stato, mi si è spazzato il cuore. Letteralmente.
Così mi sono abbassata del tutto porgendo il mio sguardo sul suo, prendendo poi il suo viso anche con l'altra mano. Gli ho asciugato delicatamente le lacrime con i pollici mentre lui continuava a sbattere fortemente le palpebre, cercando in tutti i modi di rincacciarle dentro.
"Scusa" ha mormorato poco dopo.
Infine l'ho abbracciato. Un abbraccio vero, come quello della volta che si era confessato.
Singhiozzando ha continuato col dire:"Ogni volta, non faccio altro che rovinare tutto".
Ha appoggiato la sua testa nell'incavo del mio collo, e tremava.
Siamo rimasti in quella posizione per un lasso di tempo che a me è parso infinito, e il calore del suo corpo sembrava stesse mano a mano sostituendo il freddo che un attimo prima si divertiva molto a tomentarmi.
Ora invece mi stavo torturando io dentro.
Lo stavo facendo sentire in colpa per qualcosa che seppur spregievole, era stato gesto di puro sentimento.
Quella notte ho capito chi fosse realmente Adrien.
Una persona meritevole di tanto affetto quanto gli atti che compie verso gli altri per difenderli, fare amicizie a costo di doversi sottoporre a crudeli verità, quanto ne bastino per ricevere un po' di amore e conforto. Tutto quello di cui in sostanza, un normale adolescente, non avrebbe potuto farsi una vita senza.
È proprio questo quello che ha iniziato a procuparmi. Adrien pretendeva di avere di più. E io gliel'ho dato.
Staccandomi da lui, l'ho spinto contro di me per permettere alle nostre labbra di toccarsi. E dunque si, l'ho baciato. Mi è piaciuto. Perchè gli stavo dicendo 'scusa' anch'io.
Il ragazzo, inizialmente sorpreso, si è lasciato andare, sporgendosi più su di me, approfondendo quel meraviglioso bacio sempre più intenso.
Ero così felice che non avrei mai più voluto staccarmi.

Dopo che abbiamo finito, ci siamo fissati con un leggero imbarazzo negli occhi.
Per non rischiare di fare capolinea un'altra volta sulla soglia delle classiche sfumature rosee ho distolto lo sguardo puntandolo in basso.
Ma ad un certo punto ho notato le gote rosse e spaccate della sua grande mano strinta in un pugno.
Si era dato da fare per fare a cazzotti con il rosso.
L'ho analizzata per bene.
Poi, con tutta calma mi sono sporsa anche per baciare entrambe le ferite che aveva.
"Andiamo a casa".

Lungo il sentiero abbiamo caminato mano nella mano, senza proferire parola. Io ancora non potevo credere di avere avuto il coraggio di baciarlo.
Ma non sapete la gioia che ho provato.

Arrivati davanti al mio portone, Adrien mi ha afferrato per il braccio e mi ha riabbracciato.
"Io vado a dormire, sennò rischio di non presentarmi a scuola, perciò... a domani" ha detto.
"Ehm...d'accordo, ma non dimenticarti di fasciartela quella mano" ho risposto indicandola.
Dopo aver annuito si è voltato con l'intenzione di riavviarsi verso casa.
Ad un tratto però, a pochi passi dal marciapiede, si è di nuovo fermato. Si è girato nella mia direzione e prima ancora di sorridermi come solo lui sa fare, è ritornato da me lasciandomi un bacio sulla guancia. Che, come avreste potuto già intuire, non ha tardato a prendere fuoco.
"Buonanotte Mari".

"N-notte"
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Il giorno dopo mi trovavo in compagnia dei miei due amici.
Adrien, stranamente, non si era presentato la mattina. E io ci sono rimasta un po' giù.
Ho alzato gli occhi al cielo quando Nino si è messo a fare il solito cretino con la mora, la cui rideva e scherzava di rimando. Mi divertiva sempre tanto vederlo fare sfoggio della sua ironia e Alya dargli corda.
Mi stavano invitato per una mini vacanza al mare, ma io continuavo a dire loro di no. Non so esattamente il perchè, ma credo che centrasse Adrien.
Ma mi vergognavo troppo a chiedere se potevano invitare anche lui.
E per quanto mi dispiacesse infierire su di loro e privarli di quella piccola scintilla di gioia che si era fatta largo per due secondi nei loro volti, non ho potuto fare a meno di desiderare che abbandonassero l'idea. Sarebbero comunque potuti andarci da soli, ma so che Alya mi avrebbe ucciso appena tornata per averla lasciata con un ragazzo. Però Nino era e rimane un tipo superbrillante, quindi in fondo non c'era niente di cui preocuparsi; i due stavano legando abbastanza bene e oramai lei per lui era come una sorella.

Finita l'ora di matematica mi sono recata in bibleoteca per studiare.
E se per studiare intendevo dormire, allora non fateci conto.

Credo fosse addirittura passata una buona mezz'ora dal mio pisolino.
Finchè non è dovuto intervenire qualcuno che ovviamente non poteva non essere Adrien.
Chi sarebbe stato così scemo da arrampicarsi nel cornicione della finestra per poi svegliarmi buttandomi alla caso un gatto in testa?
Un gatto alquanto famigliare, aggiungerei.
Sono sobbalzata di scatto.
Due occhi verdi mi stavano analizzando il punto dolente.
"Di' ciao a Marinette"
"Miao"
Il biondo ha ridacchiato un po'.
"Come stai?"
"Come dovrei sentirmi dopo che mi hai scaraventato addosso un gatto?" gli ho chiesto incurvandomi di nuovo dalla mia precedente postura.
"Scusa..." ha detto realizzandosi solo un attimo dopo "non volevo".
"Non importa" ho sospirato, dovevo andarci piano nonostante tutto. "Tornando a noi, perchè è di nuovo qui?" ho chiesto inidicando il micetto.
"Ho deciso di tenermelo, l'ho chiamato Plagg".
Carino come nome, ho pensato.
"Plagg eh?". Ho avvicinato la mia mano al suo muso e subito ha cominciato a leccarmi le dita. Ho sorriso.
"Mi sembra perfetto" ho continuato.

Adrien nel frattempo si era messo la felpa nera al contrario per permettere a Plagg di accomodarsi all'interno del suo capuccio.
"Che fai?"
"Dovevo studiare, ma alla fine mi sono addormentata"
"Vuoi una mano?" Ha domandato mentre si metteva a cavalcioni sul lato della finestra.
"Non serve, tanto ho perso la voglia"
"Ah ok". Si è inzittito.
Ho respirato a fondo sperando che intervenisse in qualcos'altro, cosa in cui era talmente bravo.
Si è curvato un po' di più e ci siamo trovati con i nasi che si sfioravano.
Non potete immaginare quanto sono diventata rossa, stava per baciarmi ma subito ho messo una mano come da intralcio tra la mia e la sua faccia.
"C-che v-volevi fare?" ho balbettato.
Lui poi ha tolto con tutta calma la mia mano dal suo viso e sporgendosi di poco con la testa ha risposto:"Voglio baciarti".
Le parole mi si sono sciolte in bocca. L'aveva detto inarcando un soppraciglio, e in tono come se fosse stata una domanda alla quale ci sarebbero arrivati persino i neonati.
Come avrei dovuto reagire?
Sono rimasta immobile, con lo sguardo ancora puntato sul suo. Perchè, mi sono chiesta, queste cose succedono solo quando è lui a farle.
"Non posso?" mi ha domandato all'improvviso.

Ripeto, perchè.

Ho deglutato e penso anche che si fosse sentito forte e chiaro.
La notte prima sembrava fossi cambiata, l'ho pure baciato e non me ne sono mai pentita.
Fino ad adesso, quando ne ripenso, mi salgono i brividi lungo la schiena.
Adrien ha ripreso la parola:"Marinette, tu mi ami?".
Giuro che se avessi potuto, a quel punto mi sarei strozzata con la mia stessa saliva a forza di inghiottirla pesantemente ogni volta che passavano tre secondi.
Ha dovuto attendere con pazienza prima che ricevesse risposta.
"Io...si, ti amo".
Adrien ha fatto una faccia a dir poco stupita.
"Davvero??"
Ho annuito timidamente.
Lui mi ha rivolto un sorriso a trentadue denti.

"E allora mettiamoci insieme".

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