7. I sorrisi non mancano mai.

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Mi aveva riaccompagnata a casa. Un saluto normale, insomma, non poi così normale. Non saprei spiegarvi che saluto era. Un bacio in entrambe le guance, come di solito si salutano gli amici. Ma un bacio forte, stampato, come se restasse ancora la sensazione di sentirlo sulla guancia oltre quel secondo. Bello, soffice, puro, caldo. Tante cose insieme. E lui mi sorrideva, mi sorrideva sempre, come se non riuscisse a fare altro. E io facevo lo stesso, perché sorridere era bello, sorridere con lui, era tremendamente bello.

Aveva conosciuto i miei amici, David e Mary che già aveva incontrato. Io conobbi i suoi, di amici. Erano tre italiani, Il più grande era Alessandro, poi c'era Angelo, e poi Diego. Angelo fu il primo con cui presi confidenza. Alessandro era un tipo gentile, all'inizio molto silenzioso, sembrava timido, ma poi si riveló divertente e simpatico. Infine Diego, beh, che dire. Non ci stavamo molto simpatici. Non c'era un vero motivo, non avevamo mai approfondito qualche discorso, mai scherzato. Stavamo lontani, quasi disturbati dalla presenza dell'altro.

Cominciammo ad uscire tutti insieme, qualche serata qua, qualche serata là, tutti ridendo e scherzando. Diego e Matthew, erano i più legati, da tempo ormai si conoscevano, ed erano rimasti sempre migliori amici. Ma mannaggia, ogni volta che volevo avvicinarmi a Matthew, c'era sempre lui, lì, a parlare. E io mi tiravo indietro. Ma lo fissavo, sempre. E lui diventava un'abitudine ai miei occhi, era fantastico poterlo vedere spesso, passeggiare insieme, parlare, farmi sgridare se fumavo una sigaretta, perché a lui non piacevano le ragazze che fumavano, ma di me, oltre la parlantina, sopportava anche questo.

Arrivó il giorno del mio 18° compleanno, era passato tutto così in fretta, e anche gli anni erano passati in fretta.

Avevo la fortuna di avere loro, con me quel giorno. Ero felice che ci fosse pure Diego, anche se mi stava sulle palle.

Avevamo deciso di andare alle giostre. Io, personalmente, non c'ero salita mai su quelle giostre altissime. Il posto era vivacissimo. Tante persone, tanti bambini. C'erano milioni di lampadine luccicanti di vari colori, la musica ad alto volume rimbombava in tutte le strade lì vicino.

Mi sentivo alla grande. David e Mary si tenevano per mano, James e Bryan si picchiavano scherzando a vicenda, io, invece, ero accanto a Matthew. Accanto a lui, c'erano Alessandro, Diego ed Angelo. Gli ultimi tre parlavano, ragionavano di partite di calcio andate male, calciatori bravi, e allenatori che facevano pena. Io e Matt, invece, eravamo silenziosi. Non parlavamo, forse, ogni tanto dalle nostre bocche usciva un 'Oh, guarda quella giostra, é forte!' e basta. I sorrisi ovviamente non mancavano mai.

Guardavo continuamente una giostra in particolare, era una torre con delle altalene a due posti, tutte in fila a girare della struttura. Mi piaceva. Andava veloce e le altalene si alzavano parecchi metri quando dava velocità. Matthew se ne accorse. "Vuoi farci un giro in quella giostra là?"

Io: "Non saprei."

Mi prese per il braccio e mi portò alla cassa.

Matthew: "Due biglietti per favore." disse al proprietario.

Lui glieli porse. Matthew uno lo diede a me. "Grazie." gli dissi. Non rispose, mi sorrise e basta. Con noi si aggiunsero pure Mary e David, i quali si misero nei due posti avanti a noi.

Attaccammo le cinture e lui si assicurò che la mia fosse sistemata bene. Premuroso forse? Fatto sta che mi sentivo sempre al sicuro accanto a lui.

La giostra partì. L'altalena faceva un gran rumore, ma fortunatamente una canzone di Ed Sheeran, Lego House, risuonava più forte ancora. Era perfetto, il luogo, il momento, la giostra, la canzone. I suoi occhi, poi. Potevo guardare tutto da quell'altezza; la città, le luci colorate in movimento, gli amici che ci guardavano dal basso, le macchine sfrecciare veloci, oppure Mary e David tenersi la mano e abbracciarsi sempre. Invece no. Guardavo ben altro di tutto questo. Guardavo lui, come al solito. Lui rideva, le sue labbra formavano il più bel sorriso che avessi mai visto, i suoi occhi un po' socchiusi per via dell'aria fredda che arrivava dritta in faccia, brillavano. Sarà che capì il mio guardarlo sempre, sarà che l'istinto gli disse di farlo, ma poggiò la sua mano destra, su quella mia, e poi la strinse intrecciando le dita e alzando le nostre braccia nel vuoto. Durò si e no cinque/ sei minuti. Ma furono i più lunghi della mia vita.

La serata a breve stava per terminare, dopo le giostre andammo a fare un giro sulla spiaggia, poi in un paio di bancarelle proprio lì vicino. Mary era come incantata da dei bracciali con i nomi scritti in italiano. Erano carini, ma voglio dire, niente di così emozionante vah. Quando passò a quella successiva, chiesi al signore che li vendeva, di mettermi quello con il suo nome in un sacchettino, dovevo comprarglielo per forza, era il minimo. E poi mi piaceva vedere la sua faccia ogni volta che le facevo un piccolo pensiero. Era buffa ma soddisfacente.

Vidi dei quadri, uno in particolare, era stupendo. Pochi avrebbero potuto capirlo, ed io ero tra quelli. Mille sfumature di tonalità scure, un paesaggio di sera, col buio, una leggera pioggia lo ricopriva. Era spento, qualche luce di qualche casa accesa, una strada stretta, le nuvole quasi nere. Era triste, quasi come mi sentivo io prima di incontrare Matthew.

Lo comprai.

Matthew: "Perché lo hai comprato? Che ha di bello?"

Io: "Il senso. Il senso del quadro é bello."

Non disse più nulla, o perché non capiva o perche non gli importava.

La serata finì, mi dispiaceva però. Mi ero divertita parecchio e mi ero trovata davvero bene con tutti, perfino con quell antipatico di Diego, che nonostante la nostra disattenzione, mi fece gli auguri.

Tornammo tutti a casa, ringraziai dal primo all'ultimo di esser stati presenti in quel giorno. Ricambiarono tutti.

Mi tolsi i vestiti e misi il pigiama. Mi infilai sotto le coperte, e presi il telefono. Notai un messaggio che non ricordavo di aver ricevuto, sarà che per sbaglio lo visualizzai e non me ne accorsi. Era della sera in qui sono uscita con Matthew; 'IL SILENZIO É QUALCOSA DI SPECIALE, E DA STASERA LO É ANCORA DI PIÙ.' Mi tremarono le mani. Gne gne gne gne. Matt mi aveva davvero inviato sto messaggio ed io non me n'ero nemmeno accorta, che sciocca!

*Messaggio ricevuto da Matthew- ore 23:56.*: EHI, GRAZIE PER LA BELLA SERATA, E ANCORA TANTI AUGURI, CENERENTOLA.

Oddio, cenerentola m'ha chiamata! Non c'era un motivo del perché lui mi chiamasse così, ed era proprio quello a farmi venire il sorriso ogni volta che lo rileggevo.

*Messaggio inviato a Matthew- ore 23:57*: EHI, GRAZIE A TE, INVECE. LA SERATA ME L'HAI TRASFORMATA TU IN 'BELLA'. QUINDI, GRAZIE MILLE VOLTE. BUONANOTTE MATT. <3

Quella notte non riuscii a dormire. Mi giravo e riggiravo nel letto, tra le coperte. Spostavo il cuscino dalla parte più fredda, anche nell'inverno. Cenerentola, pensai. Lui era diventato un chiodo fisso. Mi sentivo più strana di prima, certe sensazioni mi solleticavano lo stomaco, mi si spostavano da un punto all'altro della pancia. Il battito del cuore era più veloce, più ritmato. Lui era ancora lì, impiantato nei miei pensieri notturni. E ne avevo lette di cose sui pensieri fatti di notte. Alcuni scrittori dicevano che erano quelli più veri, quelli che non mentivano. Dicevano che se pensi una persona durante la notte, perché non puoi dormire, é perché é proprio il motivo principale della tua insonnia. Quindi poi, non rimaneva altro che chiedersi il perché e darsi una risposta logica.

FINE CAPITOLO.

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