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Le sue mani tremavano, e tutto quello a cui Jongdae riusciva a pensare era il modo di prendere accuratamente la mira per uccidere i bastardi colpevoli di quell'orrendo crimine.

Anche Minseok tremava per la collera. La sua mano si spostò sull'elsa della spada.

Jeon ora sembrava compiaciuto. Minseok decise di uccidere lui per primo.

«Sei tu che hai dato l'ordine di percuotere a morte questo ragazzo?»

Non aveva pronunciato la domanda, l'aveva urlata.

Il signore dei Jeon reagì accigliandosi. «Non è morto. Respira ancora.»

«Sei tu il responsabile?» chiese ancora Minseok.

«Sì», gridò il signore in risposta. «Certo che lo sono.»

A Minseok parve una vanteria, e cominciò a estrarre la spada. Jeon notò il gesto e d'improvviso capì in che situazione si trovava. Subito si affrettò a spiegare per quale ragione quel ragazzo era stata picchiato.

«Yixing mi era stato affidato dal padre», gridò. «Era promesso a mio figlio maggiore, Woonsik.» S'interruppe per indicare con un cenno del capo il soldato accanto al suo cavallo. «Intendevo unire le nostre due famiglie e creare una potenza da rispettare, ma quel cane si è fatto macchiare tre mesi fa, Kim, e da uno dei tuoi uomini. Non serve negare l'evidenza, perché un abito con i tuoi colori è stato notato da tre dei miei. Yixing ha passato tutta una notte con lui. Dapprima ha mentito dicendo di essere rimasto con i cugini. Sono stato così stupido da credergli. Quando però ha scoperto di essere in attesa, ha avuto la sfacciataggine di vantarsi dei suoi peccati. Non è andata così, Woonsik?»

«Sì, è così», rispose suo figlio. «Non lo voglio più», gridò. «Un Kim l'ha rovinato, un Kim può tenerselo»

Dopo quella dichiarazione abbassò gli occhi sul ragazzo. Sputò sul terreno accanto a lui, quindi avanzò verso il poveretto incosciente con le mani sui fianchi e una smorfia crudele sul viso.

Spinse indietro il piede con lo stivale, quindi accennò a sferrargli un vigoroso calcio.

Fu una freccia a fermarlo. Woonsik arretrò vacillando con un grido di dolore. La freccia si era infilata nella sua coscia. Si portò le mani sulla gamba, sempre gridando, mentre si girava a vedere chi l'avesse colpito.

Jongdae era in piedi sul gradino più alto della scala. Teneva gli occhi fissi sul soldato. Preparò un'altra freccia nell'arco sempre tenendolo sotto tiro.

Aspettava solo un pretesto per ucciderlo.

Tutti adesso guardavano Jongdae. Anche Minseok si era mosso per intervenire quando Woonsik aveva accennato a colpire il ragazzo. La freccia, però, era partita prima che lui potesse agire. Si voltò, vide l'espressione decisa sul volto di suo marito e subito si avvicinò alla scala.

Nessuno degli altri si mosse. I Kim erano chiaramente sbalorditi da quanto avevano visto. I Park erano altrettanto sorpresi e impressionati.

Il soldato ferito si avvicinò nuovamente al ragazzo. Jongdae pensò che volesse riprovare a colpirlo.

Non glielo avrebbe permesso.

«Prova ancora a dargli un calcio e, ti infilerò una freccia in quel cuore nero.»

La furia che animava la sua voce si riversò sul gruppo dei soldati. Woonsik indietreggiò prontamente.

«È pazzo», disse Woonsik sottovoce.

Gli uomini di Minseok udirono le sue parole. Tre soldati Kim si fecero avanti. Jongin li fermò con un gesto della mano.

«Sarà il nostro signore a decidere che cosa fare», disse.

Between two worldsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora