|| capitolo 12

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Mia madre prende le chiavi della sua auto e usciamo di casa. Saliamo in macchina e lei accende la radio con le sue solite canzoni strappalacrime. Non ci faccio molto caso visto che sono troppo impegnata a smanettare il mio telefono. Mia madre mi fa qualche domanda del mio rendimento scolastico e cazzate simili.
<<Okay tesoro, siamo arrivate>> dice mia madre mentre si ferma davanti a casa di Elias.

<<Grazie mamma>> biascio cercando di sorridere.

<<Mi raccomando, attenta a quando torni>> mi raccomanda.

<<Mamma! Tranquilla troverò un passaggio>> sbotto seccata. Apro la portiera dell'auto e la richiudo. A passo svelto raggiungo la casa di Elias e suono il campanello. Apre quasi subito.

<<Hey Kate>> mi sorride appoggiandosi alla porta con le braccia incrociate al petto. <<Ti serve qualcosa?>> chiede divertito.

<<Sì. Mi servi tu>> rispondo ridacchiando. Lui si sposta e mi lascia entrare. Mi tolgo la giacca e la appendo sull'attaccapanni mentre mi guardo intorno. Questa casa è davvero bella, grande e molto pulita perché la mamma di Elias è una persona molto esigente e vuole tutto perfetto. Non mi stupisco se Elias non fa mai ritardo, o se in camera sua non c'è mai disordine.

<<Ma i tuoi non ci sono?>> chiedo.

<<No. Ci sono solamente mia sorella e mio fratello>> risponde tranquillamente. Conosco bene sua sorella Brooklyn, ha due anni in meno di me ma è capitato varie volte di fermarmi a parlare con lei. Mentre suo fratello Francisco ha undici ed è molto vivace rispetto alla sua famiglia. Mi tolgo le scarpe e mi dirigo verso la sua cucina.

<<Dove stai andando?>> chiede perplesso.

<<A mangiare ovviamente. Non ho fatto merenda>> ammetto facendo le spallucce.

<<Non cambi mai eh?>> chiede sghignazzando.

<<No>> rido. Afferro un bicchiere pulito e ci verso del succo che ho preso del frigo. Mi siedo e lo sorseggio con calma. Vedo che anche Elias fa la mia stessa azione. Mi porge delle patatine e dei muffin al cioccolato, e io non ci penso due volte ad abbuffarmi. Di tanto in tanto ridiamo per cazzate inutili, ma siamo fatti così. Quando finiamo di mangiare andiamo in camera sua al piano di sopra e apro la porta sbattendola per sbaglio. Mi siedo sul tappeto soffice e estraggo i libri dallo zaino.

<<Sei sicura di non voler star seduta sulla sedia?>> chiede Elias.

<<No, il tappeto è morbido>> rispondo divertita. Elias si siede accanto a me ed inizia a spiegarmi delle formule che a malapena capisco. Ogni tanto ci soffermiamo a fare degli esercizi per vedere se ho capito il procedimento. A volte sbaglio, ma altre invece gli esercizi mi escono giusti e quindi uno strillo di gioia prende il sopravvento. Mentre lui cerca si risolvere un equazione mi soffermo qualche secondo a fissare gli occhi scuri di Elias. Anche se sono scuri, non provocano inquietudine, forse lo dico solamente perché è un mio amico. Anche se è mio amico posso confermare con certezza che Elias è una delle persone più buone che io conosca.

<<Elias...>> lo chiamo.

<<Mmm...>> mugola mentre cerca di risolvere l'equazione a dir poco difficile.

<<Come mai non hai la fidanzata>> chiedo curiosa guardandolo dritto negli occhi.

A questa domanda alza lo sguardo di scatto e noto i suoi muscoli irrigidirsi. <<Beh... ecco... non sono pronto per una relazione>> dice in tono di panico.

Non riesco a decifrare il suo tono di voce. Sembra quasi che la mia domanda gli abbia provocato panico. Sarà soltanto una mia impressione. Alzo le spalle come se me la fossi bevuta e sposto la mia attenzione a questa merda di equazione. Circa mezz'ora dopo sento delle notifiche arrivarmi sul telefono. Ma la mia attenzione è rivolta all'ora. 19.49. Cazzo! Sono quasi le otto, fuori è buio pesto, non ho un cazzo di passaggio e abito a circa venticinque minuti da qui. Perfetto! Mi alzo di scatto. Elias sembra sorpreso dalla mia reazione.

Tutte le volte che ti ho detto addioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora