Novembre era alle porte quando accettai la mia condizione. Alcune specie di rose erano in procinto di ritirarsi quando decisi di gridare aiuto.
Per settimane avevo finto di non accorgermi di come mio padre e Alexander confabulassero sovente, di come la mano del primo finisse puntualmente sulla spalla del secondo per calmarlo. Non ci voleva un genio per intuire l'argomento delle loro discussioni, imparai anche che il giovane si era addirittura spinto a fare ricerche online e che desiderava contattare degli psicologi della Gran Bretagna.
Mi infastidiva che complottassero nelle retrovie, che forse l'avessero sempre fatto, ma mi rincuorava di più l'indifferenza della mamma. Con lei percepivo di navigare in acque sicure, trascorremmo perfino dei momenti insieme al Chief Pleas. Lì venni a conoscenza del fatto che il posto di siniscalco fosse vacante e che, in teoria, spettava proprio al giardiniere occuparlo, una volta superato il lutto.
Ero diretta al ristorante quando Alexander mi fermò. «Devo sistemarti la sella?» domandò con il respiro accelerato dallo scatto. Non l'avevo visto nei pressi del granaio quando mi ci ero addentrata per recuperare la bicicletta decrepita.
Osservai l'unico mezzo di trasporto che riuscivo a usare e constatai che, oltre alle ragnatele, era rimasto tutto come l'avevo lasciato, alla mia altezza. Sogghignai. «Dovresti trovare un metodo di approccio migliore.»
Strabuzzò appena le palpebre. «Oh... Ehm...» farfugliò, ficcandosi le dita in tasca. Il giubbotto che indossava doveva essere molto caldo, si scorgeva del pelo spuntare dal lato interno. «Sei sempre la stessa, eh? Sempre diretta» bofonchiò, incurvando la bocca all'insù e poi immediatamente all'ingiù. «Effettivamente volevo dirti che ho pensato di prendermi una pausa, ormai il prato può essere tagliato con minor frequenza e... avermi lontano ti farà stare più tranquilla.»
I suoi occhi plumbei mi fissarono con intensità e timore mentre la nuvola di condensa che aveva emesso continuava a fluttuare fra di noi. Il viso esprimeva speranza e rassegnazione assieme ed era ammaliante persino così. Per un istante l'idea di soffocare la realtà mi tentò, eppure subito mi sentii scivolare in un oscuro baratro che si serrava sopra il mio capo, riducendo la luce a un fascio sempre più flebile.
Alexander era la luce, costantemente cortese contro la vita ingiusta. Non volevo più che si stressasse, anche solo un poco, per colpa mia.
«No» scandii nonostante il volto ghiacciato. «La vacanza te la meriti, ma tu sei l'unico che può aiutarmi.» Lo stupore lo fece boccheggiare e così perseverai: «Sono stata pessima da quando sono tornata, però vorrei rimediare, se me lo permetti. Quindi... ti va di bere qualcosa dopo il mio turno?»
Mi morsi l'interno guancia, imbarazzata. Ero riaffiorata dagli abissi in cui sembrava volessi annegare per forza e mi sentivo terribilmente sollevata, non mi tremolava nemmeno più la voce. Ero già ridotta parecchio in poltiglia, tanto valeva giocare sino alla fine.
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Riesumata
Storie d'amoreSark è l'isola più buia del mondo, protetta dall'impetuosa corrente della Manica e nascosta sotto le furiose nubi del cielo francese. È una terra di peccati e oscuri segreti. È un luogo infetto, sospeso fra passato e presente, fra tradizioni e progr...