◊Capitolo 10

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Appena aprii gli occhi riconobbi immediatamente la mia stanza. La luce del sole penetrava dalla finestra e faceva risplendere il grande armadio di legno e la porta d'ingresso. Mi ci volle un po' per connettere la mente ai miei arti. Drizzai la schiena e mi passai una mani tra i capelli.

La tempia iniziò a pulsarmi, provocandomi un forte capogiro. La mia felpa verde aveva le maniche sollevate abbastanza da scoprire le cicatrici. Ciò che vidi però non furono solo quelle: accanto ad esse c'erano due lividi scuri con un alone intorno.

In quel momento rammentai cosa era successo la sera prima. Un terzetto di ragazzi mi aveva fermato e uno di loro picchiato. Cercai di ricordare i loro nomi, ma invano.

Mi maledissi in silenzio per essermi lasciato trasportare dall'impulsività e aver bevuto quel super alcolico così pesante. Guardai fuori dalla finestra, cercando di rammentare il tutto. Mi ricordavo di Uraraka ed Iida che mi avevano aiutato a sorreggermi. Poi del ragazzo a metà...

«Todoroki. Si chiamava così.» borbottai tra me e me.
Poi mi tornò in mente il ragazzo dai capelli viola a capo del gruppetto. I loro nomi li avevo praticamente scordati, ma poco mi importava.

A distogliermi dai pensieri fu qualcuno che bussò alla porta.
«A-avanti!» esclamai, coprendomi le braccia.
Da lì entrò Uraraka. Ero così sollevato di vederla!

«Izuku, oddio! Stai bene?» chiese preoccupata, chiudendosi la porta alle spalle. Si diede un'occhiata intorno prima di entrare completamente.
«Ehi. Sì, sto bene. E tu?»
«Oh, ero così preoccupata per te e anche Iida!» così detto, si fiondò ad abbracciarmi.
«Argh, piano! Mi fa male...» dissi.
Lei si tolse subito e si portò le mani alla bocca. «Male? Oddio, quei tre ti hanno picchiato?»
Mi grattai la testa. «Solo uno. Non ricordo il suo nome. Tu li hai visti?»

Uraraka abbassò lo sguardo. «Ti ho visto uscire di corsa dal locale, inseguito da tre ragazzi del quartiere qui affianco.» spiegò.
Sbattei le palpebre, confuso. «Capisco. Li conosci?»
Lei scosse il capo. «No, per fortuna, ma Iida sì. Mi ha spiegato che sono teppisti. Fanno parte di un gruppo parecchio pericoloso che ruba i locali piccoli e le persone più deboli.»
«I docenti lo sanno?»
«Iida dice di sì, ma senza testimoni o danni attorno all'istituto, non possono fare niente.»

Deglutii e feci per alzarmi, avvertendo un'altra fitta, stavolta però alla schiena.
«Ti hanno fatto molto male?» domandò.
Annuii.
«Izuku, non devi mai più allontanarti da noi! Non avremmo mai dovuto andare a quel locale.»
«Non preoccuparti. Voglio dire... essendo il bar più vicino alla sede, è normale che aveste pensato a quello.»

Piegai il collo, passandoci una mano, e guardai l'orologio. «Oddio, sono le tre di pomeriggio. Ho perso la lezione!» trasalii.
Uraraka mi mise le mani sulle spalle. «Ci ho pensato io. Ho detto al professor Aizawa che eri malato.»
«Oh, grazie. Però... ho perso una lezione.»
«Ti darò i miei appunti.» mi sorrise. «Ne ho presi anche per te.»
Dio, quanto ero sollevato! Uraraka era così dolce e gentile!

Un pensiero mi balenò in testa e mi fece sobbalzare.
«Dov'è Bakugou?» chiesi.
Uraraka ammiccò le sopracciglia. «L'ho visto ieri sera. Ci ha detto solo che eri al sicuro e che ti aveva riportato nella stanza, perché ti aveva trovato ubriaco.»
La mia mente si compattò e i pensieri tornarono lucidi. Ricordai i suoi occhi da cane rabbioso quando aveva fronteggiato quei tre. Mi riaffiorarono anche le parole che aveva detto a proposito dei suoi... sentimenti. Ebbi qualche dubbio, come se non fosse successo e che fosse stato solo un sogno.

«Izuku, ti ha fatto qualcosa?» domandò gentilmente Ochako, con gli occhi lucidi.
«Chi?»
«Bakugou.»
«Oh, no. Lui mi ha... mi ha salvato.» ammisi.
«Da quei tre?»
Annuii. «Ero spacciato, ma lui li ha mandati via.»

Uraraka tirò un sospiro di sollievo. La mia mente era da tutt'altra parte. Avevo bisogno di parlare con Kacchan al più presto possibile. Le mie gambe però erano ancora come gelatina e l'emicrania non accennava a svanire.

«Uraraka, senti.» dissi. «Puoi farmi un favore?»
Lei annuì. «Certamente!»
«Ho bisogno di una medicina per la testa. Queste fitte non mi danno pace.»
Ochako non se lo fece ripetere due volte e corse verso la porta. «Chiedo all'infermiera dell'istituto se ha qualcosa!»
«Ti ringrazio infinite.» sorrisi. «Giuro che mi sdebiterò!»

Il viso rotondo e dolce di Uraraka arrossì. «Non devi, davvero. Per gli amici questo e altro!»
Lei aprì la porta ma, prima che potesse uscire, andò a sbattere contro Kacchan.

Ochako trasalì di brutto. «Ah, scusami!»
Katsuki la guardò dall'alto in basso, spostando poi il suo sguardo su di me. «Occhio a dove vai, faccia tonda.»
«Faccia...?!» ripetè lei.
Kacchan rise. «Posso entrare nella mia stanza?»
Uraraka gonfiò le guance con rabbia e lo sorpassò.

***

«Che ci faceva quella qui?» chiese nervoso Bakugou.
«Era venuta a controllare che stessi bene.» risposi, sedendomi sul letto. «È andata in infermeria a prendere delle medicine per la testa.»
«Tsk.» fece il biondo.

Sfregai le mani l'una contro l'altra, cercando di trovare il coraggio per ringraziarlo. Kacchan scosse il capo, soprappensiero. «Eri ridotto proprio male. Se ti azzarderai a bere ancora, ti ammazzo prima io del coma etilico!»

Sbuffai una risata. «Ehm... senti, io...»
«Non dirlo, ti prego.» bofonchiò Kacchan. «A proposito, cosa ricordi di ieri sera?»
«Se ti stai chiedendo se mi ricordo il tuo discorso... la risposta è sì.»
«Porca troia!» sbuffò lui. «L'hai detto alla faccia tonda?»
«N-no, assolutamente. So che non vuoi che si sappia.»

Bakugou si strusciò una mano in faccia, con fare nervoso. «Che casino.»
«Tu l'hai detto perché eri sicuro che l'avrei dimenticato?» domandai esterrefatto.
«Beh, ci speravo, francamente.»

A quel punto, mi alzai, mandando a quel paese il dolore alla tempia, e mi piazzai davanti a lui. «Dimmelo in faccia e mentre sono lucido.»
Bakugou fece un verso di scherno. Lo guardai dritto negli occhi, privo di paura e qualsiasi altra emozione. Se fosse servito, avrei anche messo a dura prova la sua pazienza. Ero stufo di essere preso per i fondelli!

«Da quando ti comporti da badass, merdeku?» ridacchiò il biondo.
Strinsi i denti. «Smettila di girarci intorno.»
Gli occhi rossi di Bakugou brillarono, ma rimanevano un mistero. Non riuscivo mai a capire se fosse spaventato, arrabbiato o qualcos'altro. Il suo sguardo fulmineo era indecifrabile.

«E tu?» chiese, spiazzandomi.
Avvampai. «I-io...»
«Cosa provi?»
Saettai il mio sguardo ovunque. In tutti quegli anni non avevo mai dato peso ai miei sentimenti, tantomeno per lui. La convinzione che mi odiasse era forte a tal punto da non farmi provare nulla.

"Stavolta è diverso." Pensai. "Ma come posso perdonarlo?"

«I-io ti ho... da sempre, io...» non riuscii a finire la frase. Mi parve impossibile. «Kacchan, io...»
Bakugou soffocò una risata. «Come è possibile?»
«Eh?» dissi, alzando la testa di scatto.
«Come è possibile che tu possa amare qualcuno come me, dopo tutto quello che ti ho fatto?» chiese, amareggiato. «Il mio obiettivo era dimenticarti e far sì che gli altri non capissero mai i miei veri sentimenti per te. Ma tu... tu ti ostini a provare qualcosa per me.»

"Non riesco a perdonarlo. Non ci riesco."

Mi portai una mano alla bocca, trattenendomi dal piangere. Kacchan socchiuse le labbra, per poi, inaspettatamente, fiondarsi sulle mie.

***

Where my Demons Hide [Bakudeku]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora