Capitolo 11

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Entra Harry, ci speravo.
Sembra alquanto imbarazzato e socchiude la porta passandosi una mano tra i folti capelli. Lentamente si avvicina al mio letto e si siede sulla sedia lì accanto.

"Ehi."

"Ehi." Sto cambiando idea sul fatto di voler parlare con lui instaurando per la prima volta un dialogo.

"Come ti senti?"

"Secondo te?" quando sono imbarazzata tendo a stare sulle difensive, fingendomi non interessata o stufa.
"Dimmi che non lo hai detto davvero. È un secolo che vuoi parlargli e ora dici questo?"

"Giusto. Cambiamo domanda." Sorride imbarazzato e io alzo un angolo della bocca, trovandomi quasi a sbavare.
"Tra quanto ti dimettono?"

"Penso che ci voglia ancora un po', sai, dopo circa 3 settimane di coma... È successo niente di interessante in questa città?" questa è la prima domanda che mi viene in mente.

"Niente, come al solito, anzi sei finita in tv."

"Lo so." Scuoto la testa.

"Te lo ha già detto la tua amica?"

"No." Non sto riflettendo alle parole che escono dalla mia bocca, sono troppo veloci.

"Ma allora chi?"

"Nessuno." Affermo le parole che chiarezza e poi aggiungo:
"Lascia perdere." quando lui aggrotta le ciglia.
"Dimmi che a scuola non si parla di me. Cioè, intendo, c'è qualcuno che ride sull'accaduto? Perché la mia amica mi mentirebbe per evitare di farmi soffrire, ma te non mi conosci, perciò non ti interessa di spiattellarmi la verità in faccia."

"Non penso ci sia niente da ridere su cosa ti è accaduto." Dice serio. "E poi perché mi classifichi già come persona che non si interessa di ciò che provi?" Oddio, che vergogna. "E ora cosa dico?"

"Be, non ti conosco."

"D'accordo. Piacere io sono Harry Smith, frequento la quarta liceo nella tua stessa scuola. Mi sono trasferito qui dalla Scozia con la mia ragazza. Lei si chiama Anne. Abito nello stesso quartiere della tua amica. Sono io che ti ha tirato su quando sei caduta dalle scale. Ti basta come presentazione?" Sorrido beata perché sapevo già tutto.
"Perché ridi? Non penso che la mia presentazione sia stata così penosa."

"No, affatto." Gli porgo la mano e lui me la stringe. Sento una scossa che mi percorre le schiena. "Io sono Alexa, ma questo lo sai già. Vado in prima liceo e ho sempre abitato in questa città con mia madre, mentre mio padre se ne è andato e ha acconsentito alla mia morte, perciò non conto molto per i miei genitori. Odio viaggiare e preferisco restare a casa. Ho solo due amici e poi non c'è altro da dire." Con grande dispiacere tolgo la mano dalla sua e la riappoggio al letto. Mi guarda piuttosto stupito della mia sincerità con lui e allora aggiungo in fretta:
"Ma non penso ti interessa la mia vita."

"Non ho detto neanche questo. Salti alle conclusioni troppo in fretta, Alexa. Devi imparare a fidarti della gente. Non tutti mentono."

"Già, ma la maggior parte sì." Voglio avere sempre ragione sono fatta così.

"Spero ti riprenda presto. Ci vediamo a scuola, non ti vergognare a parlarmi, non mordo." Sorride e esce dalla mia stanza. Io invece voglio solo sprofondare nel cuscino duro del mio letto. Questa conversazione mi ha stancato, così sistemo il braccio rotto per bene e mi addormento nonostante la paura di andarmene di nuovo.

"Tesoro, svegliati, sono la mamma." Faccio finta di non sentirla. Non ho le energie per affrontarla.
"È arrivata la colazione. Non vuoi mangiare dopo 20 giorni di flebo?" sbatto le palpebre per abituarmi alla luce della stanza. Ho fame. Cerco di alzarmi dal letto ma il mio corpo non risponde. Sono abituata a essere più leggera.
"Oh no, resta sul letto che ti tiro su lo schienale per mangiare." Faccio come detto e assaporo la cioccolata calda che mia madre appoggia sul ripiano.

"Mamma dobbiamo parlare." Non ci credo. L'ho detto davvero. Mi sono rovinata la giornata.

"Certo, dimmi tutto."

"Voglio andare a vivere in comunità." Per poco non sviene.

"Ma come puoi pensare a un cosa dell genere. Io sono tua madre e te torni a casa con me." Alza leggermente il tono della voce e la mia rabbia aumenta.

"Te hai preferito lasciarmi morire che spendere i soldi per tenermi in vita. Hai sempre finto di amarmi, mi hai raccontato bugie."

"Ma cosa dici? Io ti voglio bene. Sei mia figlia!"

"Posso rivolgermi a un giudice per chiedere ti toglierti la mia custodia. Ed è ciò che farò una volta fuori da questo ospedale." Dalla mia voce traspare la malinconia e il dolore.

"Cosa ti fa pensare che non ti voglio bene?"

"Ho sentito tutto, tu che telefonavi a papà, tu che dicevi di essere convinta della tua idea senza rimorso. Io so tutto." Mi guarda spiazzata e provo un vuoto dentro. "Ma cosa sto facendo? Sto perdendo tutto. Lei si è sbagliata magari."

"Hai ragione." Quelle due parole mi sconvolgono l'esistenza. Mi straziano il cuore e per la prima volta nella mia vita preferirei non avere ragione.
"Io e tuo padre non ci aspettavamo di averti. È stato un errore." La mia cioccolata si è raffreddata e non ho più voglia di berla. "Chiederò io stessa al giudice di trasferirti." E se ne va lasciandomi in lacrime.

~spazio autrice~
Come vi è sembrato il primo dialogo tra Alexa e Harry?
Vi aspettavate che sua madre acconsentisse alla sua proposta? Fatemelo sapere nei commenti.
Veronica.


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