▶ Chapter 13

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Ed ecco qui come si era tramutata la mia esistenza.

La mia vita era diventata un patibolo giornaliero, e neanche la meritavo. Mi basavo su un concetto di vita che si concentrava solo sul lavoro.

Lavoro- pensione; Pensione- lavoro.

Niente da spiegare.

Un meccanismo mentale che si fondeva con gli ingranaggi più remoti dell'essere, come una sorta di "salvezza", quando non si era a conoscenza del proprio destino.

Avevo bisogno di salvarmi, ma da sola non avrei mai potuto farcela. Necessitavo di qualcuno che lo facesse al posto mio.

Era il mio bicchiere di Whisky a farlo, lui mi aiutava.

Cercava di mettermi la testa apposto facendomela falsare ad occhi aperti, me la liberava, alleggeriva, non mi faceva star male ... ma l'effetto durava ben poco, il rimorso ti rosicava.

Tagliente e pungente ti forava dentro, peggio di una ferita carnale. Per quelle un rimedio ci sarebbe stato sempre, ma per quelle spirituali ... solo tu potevi trovare una medicina. E dai ricordi non si poteva sgattaiolare via... Sarebbero comparsi sempre come un tormento, avresti potuto disfartene per un po' ma poi sarebbero riemersi ugualmente per rodere più di prima.

E con la sua morte, con Louis, accadeva proprio questo!

Nel giornale erano tutti preoccupati per quella che poteva essere la mia condizione psichica, quasi post trauma.

Patricia cercava sempre di caricarmi sulle sue spalle e portarmi ovunque, ma non ci riusciva. Niall neanche con quei suoi balletti irlandesi poteva strapparmi una risata ed Harry, non mi faceva incavolare come al solito con quella sua mano lunga che finiva sul mio sedere accentuato da una gonna stretta.

Perfino io non potevo credere a tutto quel dispiacere e delusione che mi avevano così ingabbiato tanto da percorrermi nelle vene, che oramai non mi facevano sentire più niente.

Totale impassibilità.

I giorni sul calendario scorrevano, ma il risultato era sempre lo stesso. Erano le 15.00 ma io non ritornai dall'ufficio, non ero andata. Punto. Stavo lì, sola in quella pensione affacciata alla finestra.

Il panorama era praticamente differente. Sotto non c'era la rosticceria di Jerry, la roulotte e Louis con i suoi giornali a braccetto. Questa volta c'erano solo dei cipressi che nascondevano le salme del cimitero. E in quel cimitero c'era proprio lui.

Generalmente, ci si lamenta sempre della monotonia che recita col passare del nostro quotidiano, ci si lamenta per delle stronzate, a volte troppo inutili, a cui diamo un'importanza esaltante.

Il vero problema é che non ci rendiamo conto che quando il destino decide di ribellarsi, cambiando le carte in tavola, chissà per quale bizzarro motivo si torna a preferire nuovamente la nostra vecchia esistenza, quella tanto "noiosa e odiata".

Ed io ero tipo così in quel momento... Ero a riflettere su come spietato fosse stato il fato. Un giorno prima eri completamente felice e il giorno dopo, una parte di te se ne andava via.

Il vero problema è che la gente con le parole è sempre stata abile, molto.

Ci crediamo così sentimentalisti da dedicare a chiunque dediche del tipo quando hai bisogno conta su di me, o saró con te in ogni momento o peggio ancora, senza te non so che farei, non posso vivere!

Eppure mi sarebbe tanto piaciuto poter capire perché nonostante la tua mancanza queste persone riuscivano ad andare avanti e forse anche meglio, proprio senza te. Facile chiacchierare, facile sprecare parole al vento ... quando dicevo che senza Louis, il mio amico, non potevo stare, lo dicevo, ma per davvero. Tante promesse mai mantenute, più assenze nella nostra miserabile vita che presenze. Tutto a nostro discapito, tutto.

" Goodbye "Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora