9•Urli silenziosi.

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I sordi sentono i suoni come se fossero continuamente sott'acqua. I cechi vedono il mondo come se avessero sempre una benda davanti agli occhi.

I muti, come me invece, si sentono semplicemente impotenti, invisibili. Non produco alcun suono poiché le nostre corde vocali non ce lo permettono.

Chiamarla sfortuna non sarebbe giusto nei confronti dei miei genitori che nonostante tutto mi hanno cresciuto normalmente. Certo, non posso parlare, ma non significa che non posso vivere o avere amici come gli altri.

«E allora? Anche se non puoi parlare non significa che non puoi vivere e non puoi avere degli amici come tutti gli altri.»

Questo è stato Harry a dirmelo. Ricordo ancora il giorno in cui ci siamo conosciuti.

«Hey capelli neri! Perché sei qui tutto solo?»

Capelli neri. Mi aveva chiamato così per la prima volta. Avevo all'incirca sette anni quando era successo. L'avevo squadrato da capo a piedi: era sporco di fango su tutti i vestiti e al suo fianco c'era un ragazzo che sembrava completamente disinteressato a me.

«Io sono Harry. Tu come ti chiami?»

Abbassai lo sguardo non sapendo come rispondere e lui, come capendo il mio problema, mi porse un piccolo block notes e una penna.

«Se non vuoi dirlo puoi almeno scriverlo?»

Me lo chiese in maniera talmente gentile che non potei rifiutare. Sebbene avessi sette anni sapevo già scrivere alla perfezione e ciò facilitò la nostra conoscenza.

«Ah quindi ti chiami Benjamin!» Disse entusiasto. «Lui è Logan mentre io, come ti ho già detto, sono Harry.» Sorrise mentre l'altro ragazzo sbuffò.
«Haz, non stare con questo tizio. Non ti ha nemmeno rivolto la parola. Che c'è? Non hai la lingua? Hai perso la voce? Non capisci la nostra lingua?» Mi chiese l'altro in modo arrogante.
«Sta zitto Log! Che parli o meno lui ora è un mio amico, smettila di offendere chiunque.»

Era il primo amico che mi ero fatto. Le sue parole mi arrivarono dritte al cuore quel giorno e mi fecero piangere. Nessuno aveva mai detto una cosa del genere, nessuno mi aveva fatto sentire normale come Harry aveva fatto quella volta.

Da quel giorno in poi siamo sempre stati un trio. A Logan non sembrava importargli particolarmente di me, ciò che gli interessava era stare assieme al suo migliore amico, e pur di stare con lui parlava e scherzava con me trattandomi come uno di loro.

Mi stava bene. Finché avevo degli amici con cui stare mi andava bene tutto, però le cose sono stranamente degenerate tra Harry e Logan e mentre loro litigavano, piano piano, io tornavo ad essere invisibile ai loro occhi. Tutto ciò mi fece stare male, ma non dissi nulla, d'altronde non potevo dire nulla.

Ero e sono ancora muto, nessuno può sentirmi e ciò mi fa sentire invisibile.

Può sembrare una cosa stupida, ma all'età di cinque anni avevo ipotizzato che la voce non comparisse subito, ma solo dopo un periodo di tempo.

Per me tutti avevano già ricevuto la loro voce, mentre la mia doveva ancora arrivare.

Passavo interi giorni a cercare di emettere un suono, uno qualsiasi, ma all'età di sei anni appresi la triste verità.

Mia madre piangeva ogni giorno nel vedermi fare tanti sforzi e un giorno chiamò un medico professionista per farmi capire la situazione e farmi smettere, perché quella vista la intristiva. Ricordo perfettamente quelle logoranti parole.

«Tu sei Benjamin giusto?»

Annuii abbassando lo sguardo sui miei calzini a pois neri.

«Vedi... È una cosa difficile da spiegare, ma sono qui per dirti qual è il motivo per il quale tu non riesci a parlare. È dura da dire, però è giusto che tu sappia la verità.»

Alzai lo sguardo verso di lui che mi guardava con un sorriso di compassione, come se stesse provando pena per me. Istintivamente le lacrime cominciarono a scorrermi sul viso.

«Sei... muto Benjamin.»

Il mondo mi era crollato addosso alla sola età di sette anni.

«Non puoi e... non potrai mai parlare. Non voglio fare la parte del cattivo, ma questa è la verità. Che tu la accetti o meno le cose non cambieranno. Vedi, non tutti in questo mondo nascono uguali.»

Mi tappai le orecchie e corsi a rinchiudermi a chiave in camera mia non volendo più sentire nessun'altra sua parola. Il fatto che neanche i miei singhiozzi disperati potessero essere sentiti mi infastidiva e mi feriva ancora di più.

Tentai di urlare più volte, ma i miei urli si sentivano solo nella mia testa. Ero solo e mentre stavo disperatamente chiedendo aiuto nessuno poteva sentirmi.

Un anno dopo quando incontrai Harry mi sentii stranamente felice. Non parlava davanti a me, ma scriveva sul block notes come facevo io e la cosa mi rendeva felice. Mi faceva sentire come lui.

Anche Logan faceva la stessa cosa, ma quando litigava con Harry perdeva il controllo e cominciava ad urlarci contro. Quei momenti li detestavo, perché mentre loro litigavano io potevo solo stare zitto ad ascoltarli, dato che i miei fogliettini non venivano minimamente calcolati.

Però sorridevo. Sorridevo perché l'unica cosa che si era incisa nel mio cuore era la frase che mi aveva detto Harry: 'Anche se non puoi parlare non significa che non puoi vivere e non puoi avere degli amici come tutti gli altri.'

Me l'aveva detto quando io gli avevo scritto di essere muto. A lui non è mai importato. Per lui sono sempre stato suo amico, muto o quant'altro a lui non importava.

Questa frase mi ha accompagnato per tutta la vita e ancora lo sta facendo. Se non fosse stato per Harry a quest'ora sarei seduto in un angolo ignorato dalla società.

Non ringrazierò mai abbastanza Harry.

È grazie a lui se ora ho un po' di sicurezza in me per affermare che io ora posso dire tutto, perché la mia voce sarà sempre più forte di quella degli altri.

L'inferno nei tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora