one!

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Tornavo a casa da scuola; era una giornata di primavera come tutte le altre: New York era scaldata dai caldi raggi del sole, le persone si perdevano nella folla, i taxi gialli andavano a destra e manca e la confusione regnava sovrana; insomma, una giornata come tutte.

Oggi avevo deciso di tornare a piedi, da solo, volevo godermi il tragitto e starmene per i fatti miei, senza che i maggiordomi mi assalissero sin da subito.
La gente camminava rapidamente: qui sono sempre tutti di fretta, hanno sempre qualcosa da fare; mi piaceva essere l'unico a godersi la camminata.
Arrivato sotto casa, tirai fuori dallo zaino le chiavi, aprii la porta ed entrai. Salutai mio padre, che ovviamente non mi rispose, perché si trovava chiuso nel suo studio, che si trovava dall'altra parte della casa, anche se sono sicuro che non mi avrebbe salutato nemmeno se mi avesse sentito. Così andai verso camera mia e passando accanto al suo ufficio, la quale porta era socchiusa, lo salutai nuovamente e lui mi rispose in modo secco e veloce. Entrai in camera mia, chiusi la porta e mi buttai sul letto.

Sempre la stessa storia, pensai.

Mio padre è sempre stato così dopo la morte di mia madre: rude, poco attento, e ogni volta che torno da scuola penso che sia cambiato qualcosa e invece no, sempre la stessa storia.
Mi voltai verso il comodino e vidi l'immagine mia, di mio padre e di mia madre; la presi e la guardai a lungo. Pensai a mia mamma e a come il suo modo di fare fosse totalmente diverso da quello di mio padre: lei era buona, cordiale e gentile con tutti, amava il mondo è aveva fatto dei progetti per proteggerlo... eppure il mondo non aveva protetto lei...
Mi sentii assalire da una tragica nostalgia guardando il me di solo un anno nella foto. Guardai mio padre sorridente. Una lacrima mi scivolò lungo la guancia, ma l'asciugai subito, posai la foto e mi rimisi in piedi. Dovevo fare i compiti.

𝙃𝙖𝙧𝙧𝙮 𝙊𝙨𝙗𝙤𝙧𝙣 - 𝙩𝙝𝙚 𝙤𝙩𝙝𝙚𝙧 𝙛𝙖𝙘𝙚 𝙤𝙛 𝙩𝙝𝙚 𝙘𝙤𝙞𝙣Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora