Capitolo 1

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La luna piena si rifletteva pallida sulla superficie del lago e la sua immagine era leggermente increspata da un flebile soffio di vento, tutto intorno il silenzio della notte rendeva tetra e misteriosa la fitta foresta che si dipanava intorno al bacino d'acqua salato.

Camminavo lentamente per quei sentieri, aguzzando ogni mio senso per scorgere qualcosa nel buio, poi improvvisamente la calma piatta fu interrotta da un repentino rumore di passi, sempre più frequente, accompagnato da un respiro piuttosto affannoso; il rumore delle foglie e degli arbusti insieme al gracchiare di qualche corvo spaventato lasciavano intuire che, qualunque cosa fosse, si stava muovendo ed anche velocemente.

Cominciai a scappare più forte che potevo ma anche stavolta, nel giro di poco, la corsa fece posto ad una camminata ben più lenta e serena, dettata dalla stanchezza.

Avevo ancora il fiatone ma non potevo assolutamente fermarmi, mi guardai intorno nervosamente, quasi come se stessi cercando qualcosa o magari qualcuno, facevo finta di non avere paura ma la verità è che ad ogni minimo rumore sobbalzavo.

Scrutavo il buio preoccupata, mentre il sudore mi rendeva madida la fronte scorrendo lungo il viso ed il collo, andando a bagnare leggermente i capelli alla base della nuca, perciò provai ad asciugarlo velocemente con il dorso della mano.

Tutto sembrava tranquillo adesso, capii che sarei dovuta tornare indietro al più presto, ma non avevo la minima idea di come fare, avevo corso fin lì senza sapere dove stessi andando. Gli alberi e la fitta vegetazione lasciavano passare a malapena i raggi lunari, la mia visuale era dunque offuscata, senza una torcia mi sarebbe stato impossibile ritornare prima del sorgere del sole, ma soprattutto rischiavo seriamente di morire assiderata se non avessi trovato un riparo quanto prima.

Eravamo in primavera ma la notte le temperature scendevano vertiginosamente, specialmente dentro il bosco.

Decisi dunque di continuare a camminare, senza una meta e finalmente mi sentii anche più sicura, forse avevo seminato definitivamente il mio inseguitore.

Il terreno era infido, viscido a causa dell'umidità e numerose radici spuntavano dal terreno, non il suolo più adatto da affrontare con un paio di scarpe da ginnastica, non feci in tempo a pensarlo che mi capitò di inciampare e cadere rovinosamente al suolo, lacerandomi la pelle delle ginocchia. Ancora dolorante mi rialzai in piedi ma una figura misteriosa mi si parò davanti facendomi ricadere all'indietro.

Era lui.

-Perfavore, non ho fatto niente!- urlai in preda al panico strisciando spasmodicamente all'indietro, mentre tentavo goffamente di rialzarmi ancora una volta.

-Sai, Karen, è quando le mie vittime si sentono più al sicuro che do loro un motivo per urlare!-

Così dicendo mi si avventò contro brandendo un'affilatissima lama, ero paralizzata dal terrore e non riuscii nemmeno a difendermi, non ci provai neanche. Sentivo soltanto le lacrime riempirmi gli occhi, offuscando l'immagine del mio aggressore, che lentamente perse i lineamenti umani, trasformandosi in una macchia nera indistinguibile dal buio delle tenebre. Mi colpii più volte allo sterno e allo stomaco, squarciando in brandelli la mia divisa e imbrattandola del mio stesso sangue. Rimasi abbastanza lucida per vedere quei fiotti di liquido rosso zampillare fuori dalla mia carne, mentre il fiato mi veniva a mancare ed il cuore pompava a più non posso, quasi volesse staccarsi, uscire dal petto e fuggire. 

Mi accasciai al suolo, cercavo di tenere premute le mani sulle ferite ma ormai non sentivo più niente, neanche il dolore e lentamente persi i sensi per le atroci ferite. Cercai di aggrapparmi con tutte le mie forze alla realtà. Alla vita. Ma questa cominciò a farsi sempre più lontana e non potei nulla quando mi resi conto che da tutto ciò non ci sarebbe stato alcun ritorno...

The Mistery of Salt Lake CityDove le storie prendono vita. Scoprilo ora