Capitolo 10

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Oggi

-No, no, no lei sta cercando di confondermi! Ma non ci casco...-

-Nessuna presa in giro Peter- e così dicendo mi buttò sul tavolo un fascicolo,pieno di fogli e foto. Era il mio.

C'era scritto tutto. La mia storia. Come e perché ero arrivato qua. Ogni dettaglio sulla mia vita da San Francisco ad oggi.

Presi in mano una di quelle pagine ingiallite dal tempo, era un certificato di nascita.

Lessi quello che diceva.

-Potrebbe essere semplicemente un falso...- o almeno era quello che speravo.

-Non mi credi? Perfetto. Allora penso che avrai molte domande da fare alla diretta interessata quando sarai tornato a casa-

-Mi lascia andare?-

-Si, fuori di qui! Mi sembra di aver perso settimane intere per finire questo interrogatorio-

Aprì la porta e senza aspettarmi si involò verso le scale per andare a prendere qualcun'altro o semplicemente era impaziente di fumarsi uno dei suoi rivoltanti sigari.

Non riuscivo nemmeno a capire come mi sentissi esattamente, mi alzai barcollante e frastornato, quasi stordito e mi avviai a mia volta verso il piano superiore.

Tutto intorno a me sembrava confuso, ogni rumore era ovattato, sentivo ogni parte del mio corpo estremamente pesante, facevo fatica anche solo a camminare, sudavo freddo e mi veniva da vomitare.

Con uno sforzo enorme mi accorsi di essere arrivato davanti alla porta dell'ufficio di mia "zia", non saprei dire come o perché, ma ero lì.

Ho dei ricordi annebbiati di quei momenti. E' tutto ancora così confuso nella mia mente...

Dopo aver abbassato la maniglia non conservo più alcun ricordo ma soltanto dei flash.

Urla, urla di disperazione e di rabbia. Lacrime. Il rumore d un oggetto che si frantumava al suolo, e poi del sangue mischiato a fango. Questo è tutto ciò che riesco ancora a ricordare lucidamente di quegli istanti, dopodiché il buio più assoluto.

Quando mi svegliai ero nella foresta, sdraiato accanto al cadavere di Karen, la toccai sulla fronte. Era fredda come un blocco di ghiaccio.

"Come ero arrivato qui?" pensai mentre guardavo inorridito il corpo senza vita di quella ragazza.

Come era possibile che mi trovassi accanto a lei se la polizia aveva portato il suo corpo all'obitorio giorni addietro. Forse non era lei, forse era qualcuno che le assomigliava.

Mentre ero perso nei miei pensieri, quella aprì gli occhi folgorandomi con il suo sguardo gelido quasi quanto la sua pelle.

-Corri!- fu' l'unica frase che mi rivolse prima di scattare come una gazzella, correndo veloce e lontano, scomparendo del tutto nel buio della notte.

Rimasi per qualche istante paralizzato, interdetto dalla situazione prima di voltarmi e scoprire perché mi sarei dovuto dare una smossa.

Lo vidi a pochi passi da me, era imponente, sembrava quasi una montagna. Vestito completamente di nero, avvolto in un alone di morte e terrore. Era lui, era l'assassino!

Il suo volto era impossibile da decifrare, forse per l'oscurità della foresta o forse perché non sembrava avere una faccia. Forse indossava una maschera nera ma era priva di buchi per gli occhi, per il naso o per la bocca.

Le sue vesti erano sporche del sangue delle sue vittime, ai piedi indossava degli scarponi dall'aria estremamente antica, letteralmente sudici di polvere e... fango.

The Mistery of Salt Lake CityDove le storie prendono vita. Scoprilo ora