ꜱᴏʟɪᴛᴜᴅɪɴᴇ

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𝓛𝓾𝓬𝔂

Avete idea di come si ci sente ad essere vuoti?
Ti accorgi di essere diventato vuoto, quando improvvisamente ti svegli e non pensi più a qualcun altro, ma pensi soltanto a te stesso, perché non sai più se quella persona che un tempo per te era tutto, fosse ancora in grado di colmare tutto ciò che provi dentro di te. Tutto ciò che sento era stato colmato mesi fa, ma da quando sono tornata non è più stato rivestito come un tempo. Io mi sento sola e triste, come se il mondo mi stringesse e mi soffocasse. È orribile tutto ciò, però non mi resta che rassegnarmi e dedicarmi a me stessa. Almeno è quello che mi ripeto da ore, da quando osservo lo schermo del mio computer. L'email che tanto aspettavo è arrivata e fortunatamente l'esito è positivo, ma non sto facendo i salti di gioia come tanto speravo, o come tanto immaginavo fino all'anno scorso.
Quando andavo alle superiori, essere ammessa al college era l'unica cosa di cui mi importava. Almeno questo fin quando la mia vita non è stata capovolta, fin quando non sono stata rapita, fin quando non sono stata strappata dalla mia famiglia e fin quando l'amore della mia vita non mi ha lasciata, anche quando mi trovavo a pochi metri da lui. È strano come tutto possa cambiare in così poco tempo, ma adesso non ho altra scelta devo pensare di più come un adulta. Infatti prendo il telefono e digito il numero di mio padre. È lui il primo che deve sapere questo, perché è sempre stato colui che ha creduto in me e che ha sempre saputo che fossi una ragazza in gamba.  Non solo perché la mia pagella era tutta piena di A , ma anche perché fin da piccola mi sono impegnata con lo studio.
«Lucy?», domanda dall'altro lato della linea. Senza pensarci troppo butto subito la notizia.
«Sono stata ammessa al college», ho bisogno di dare un taglio netto alla mia vita, se è necessario partire e dimenticarmi di tutto questo non ho altra scelta. Anche se so che essere lontana da qualche chilometro non cambierà niente, perché i sentimenti restano, perché la vita non va completamente avanti, infatti una parte di noi rimane indietro.
«Figliola è meraviglioso!», ho la sensazione che stia per emozionarsi.
«Grazie papà», non aggiungo altro, ma spero con tutto il cuore che questo sia l'inizio di una nuova vita.

Doveva essere un pomeriggio tranquillo o almeno era questo quello in cui speravo. Il campanello di casa suona, così decido di aprire la porta, ma davanti a me ci sta la figura di Derek.
Sono sorpresa del fatto di trovarlo qui.
L'ultima volta che l'ho visto, voleva consegnassi una busta a mio padre.
Ho vinto l'impulso di aprirla e di vedere cosa ci fosse scritto. Ho resistito, perché penso che ormai lui si sia ripulito da quello che faceva in passato.
«Mio padre non c'è, però se vuoi puoi trovarlo a lavoro».
Non sono stata per niente accogliente. Non ha il diritto di entrare a casa mia, o di accomodarsi. Mi sento completamente a disagio.
«Non sono qui per lui», afferma. Mi scruta fino in fondo come se volesse leggermi nel pensiero. Il suo look è molto elegante. Indossa una divisa da lavoro, sembra quasi che il suo lavoro sia quello di un imprenditore o di un avvocato, però di sicuro i soldi non gli mancano. Non è molto grande di età, anzi il suo fascino risplende nel suo viso. Ha una barba leggermente accorciata ed i suoi occhi sono molto scuri e molto intriganti.
«Allora per quale motivo?», almeno devo capire per quale ragione sia a casa mia.
«Devo parlare con te. Posso entrare?», dice in tono docile. Vorrei dirgli di no, che nessuno può entrare a casa mia, però sembra anche irrispettoso nei confronti di mio padre, perché se sono veramente colleghi dovrei portargli rispetto.
«Certo», apro leggermente di più la porta, per poi lasciarlo passare e richiuderla nuovamente. I miei campanelli di allarme stanno suonando, perché non mi fido più di nessuno. Spero che con tutto il cuore che mio padre e Mary tornino presto. Mi accontenterei anche della presenza di Josh. L'importante è che io non passi molto tempo con un estraneo.
Entra nel soggiorno di casa e si accomoda nella poltrona. Aspetta che io mi sieda di fronte a sé, per poter dialogare. Con molto timore mi siedo, aspettando che lui inizii a parlare, infatti non perde tempo.
«Non voglio girarci attorno, ma tuo padre mi ha ingaggiato per controllare ogni tuo spostamento. Sono la tua guardia del corpo», non so che cosa dirgli. Sono veramente sconvolta. Mi sembrava troppo facile che mio padre mi desse tutta questa libertà, che io potessi ritornare a compiere la vita di un adolescente. Per tutto questo tempo  sono stata controllata da Derek.
«Da quanto tempo mi controlli?», domando. Ho bisogno di sapere.
«Dopo il tuo rapimento non c'ero, perché tuo padre pensava che la polizia fosse in grado di proteggerti. Ma così non è stato, infatti dopo che quel ragazzino ti ha costretta ad andare dai tuoi parenti in Canada, tuo padre è andato su tutte le furie e mi ha contattato». Questo significa che pure quando ero in Canada ero sorvegliata. Da un lato questo dovrebbe essere un bene, perché mio padre non mi ha abbandonata. Non mi ha lasciata andare, anzi era come se fosse lì, perché sapeva ogni mia cosa, presumo che mi scattassero pure delle foto e mi seguissero per ogni mio tragitto. Era come se mio padre mi volesse dare quella libertà che ho sempre sognato di avere, però non aveva avuto il coraggio di darmi del tutto.
I conti non tornano del tutto. Io ho sempre pensato che tutto questo fosse legato agli affari sporchi di mio padre, ma perché portarmi in Canada? Davo per scontato che fosse stato Mitch, che fingendosi mio fratello l'avevo, mi ha permesso di conoscere i miei nonni.
«Anche Mitch aveva il compito di sorvegliarmi?»

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