5. Mando in fumo le speranze di un'oca

135 12 29
                                    

(nella foto la froma dei capelli di Jake, il colore non sono riuscita a trovarlo quindi mi sono arrangiata col bianco e nero, comunque sono neri neri nerissimi)

Ho messo il pigiama al contrario. La stanchezza ha un brutto effetto.

Stropicciandomi gli occhi chiudo l'anta dell'armadio con il piede. Ho come la sensazione di star dimenticando qualcosa, un pensiero che mi sfugge inevitabilmente ogni vola che provo a concentrarmi su di esso; pomeriggio c'è l'allenamento mistico e ci sto capendo davvero poco, però non è quello.

Scendo in cucina per la colazione, ai piedi delle scale subito sulla destra. Mia madre è alle prese con qualcosa ai fornelli, già vestita per il lavoro, i capelli castani e appena ingrigiti raccolti in una crocchia disordinata sulla testa.

"Ciao mami, dov'è papà?" saluto assonnata, sedendomi al tavolo della cucina.

Lei si gira a guardarmi con un sorriso luminoso, quasi il rientro tardi di ieri sera non fosse successo, tenendo in mano una forchetta sporca di giallo. "Hai fatto le uova!" esclamo allegra, la stanchezza che viene pian piano rimpiazzata dalla fame.

"Al lavoro, un impegno improvviso" spiega lei. A volte con lui capita che lo richiamino, fa il tecnico in una società metallurgica, per qualcosa di imprevisto. Faccio spallucce, ho sempre avuto un rapporto più pieno con mia madre che con lui, non che per questo gli voglia meno bene, ma la sua professione lo tiene molto occupato, mentre mamma ha un negozio di vestiti tutto suo ed è molto più libera.

Mangio allegramente le uova conversando con mia madre, i classici argomenti, come va scuola? Jake sta bene? E tutto ciò che ci può essere di simile. Un po' mi dispiace di non poterle dire nulla di ciò che mi sta capitando davvero. Quando mi alzo per andare a vestirmi, dopo aver addocchiato l'orologio, lei mi chiama un ultima volta.

"Ally, tesoro, ricordi che oggi accompagni quel ragazzo nuovo nel giro della scuola, vero?" mi rivolge un sorriso incoraggiante alla Rebecca McLandon - si, ho preso il cognome di mia madre, in quanto sembra che questo fu il regalo di papà a lei per il suo compleanno, bah chi li capisce gli adulti, o gli innamorati se è per questo -

Mi batto una mano sulla fronte, ecco che devo fare. "Grazie per avermelo ricordato mami, a dopo"

Salgo come di fretta le scale pensando a cosa mettermi; alla fine opto per un maglione color pistacchio e un paio di jeans a vita alta neri, mentre i capelli li raccolgo in una mezza coda.

Ultimo tocco speciale collanina con la runa del Potere Angelico.

Preparo lo zaino, che ieri sera non ho avuto tempo, e voglia, di fare, in fretta e furia. Mi fiondo al piano di sotto proprio quando suona il campanello. Apro la porta di scatto ritrovandomi il naso a pochi centimetri da quello di Jake, sono sempre stata più alta di un paio di centimetri, ma lui continua a sostenere che siamo uguali, contando quel porcospino che ha sulla testa, oppure sostenendo fermamente che ancora un po' crescerà.

"Buongiorno" esordisco allegra. 

Lui non ricambia, una smorfia infastidita, forse anche stanca o rassegnata, in viso.

"Che hai?" domando subito, sistemandomi lo zaino sulle spalle.

Punta il suo sguardo nel mio, con disappunto. "Stamattina..." abbassa la voce "Ho assorbito per sbaglio la sveglia, il coltello della colazione, fortunatamente senza che nessuno si accorgesse che le mie mani brillavano, poi i compiti di matematica, che tu mi farai copiare, e infine anche un calzino... Ma sai qual è la cosa migliore, e che ora mi sento zeppo di energia che non so come scaricare"

The GiftDove le storie prendono vita. Scoprilo ora