4) Valeria

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E così andai a scuola, salii sulla 91 che stranamente era in ritardo e cercai un posto a sedere; mi misi le cuffiette alle orecchie, accesi la musica e spensi il cervello. Ero uscita di casa solamente con una felpa ma purtroppo per me quel giorno si moriva dal freddo, ottimo inizio di giornata. Arrivai a scuola con 2 minuti di ritardo, per fortuna la prof di latino non era ancora arrivata; andai diretta al mio posto, non mi tolsi neanche le cuffie e con la delicatezza di un cetaceo misi la testa sul banco. Avevo alzato la musica al massimo, la mia testa esplodeva ma io non volevo sentire nessun altro a parte Salmo.
Dai Marti non puoi lasciarti cadere in questo modo, si sistemerà tutto. Me lo sento.
La lezione però cominciò a treno, nessun attimo di respiro dagli appunti, niente di niente; ma che poi io quel giorno cosa avrei dovuto capire della grammatica latina? A malapena riuscivo a formulare una frase di senso compiuto in italiano, figuriamoci in latino. Finalmente suonò la campanella della prima ora, che a mio parere era durata anche fin troppo. Il mio morale era davvero a terra, ero disorientata, sconvolta... non ero io. Nessuno si accorse di nulla, forse tutti troppi assonnati, forse tutti troppi disinteressati. Lei si trovava alla mia sinistra, nella fila laterale alla mia; eravamo in classe insieme da praticamente due anni ma di lei non sapevo nulla, solo il nome. Valeria, il suo nome era Valeria. Non so come e non so il perché ma lei quel giorno si interessò di me. Si interessò di me nonostante non ci conoscessimo, nonostante io frequentassi persone che a lei non erano mai piaciute, nonostante magari lei avesse altro in testa. Si interessò dei miei pensieri, di me. All'intervallo si diresse verso il mio banco e iniziammo a parlare normalmente, io avevo troppo bisogno di sfogarmi e magari di farlo anche con qualcuno che un quel momento era a zero di tutto. Lei mi era sembrata perfetta, aspettavo solo la domanda fatidica che arrivò in un millisecondo perché infatti mi chiese "ma va tutto bene?". Avrei potuto fare l'indifferente, risponderle mentendo con un semplice "sì, sono solo stanca", avrei potuto tenermi tutto dentro... alla fine perché parlare? Perché sfogarmi? Io sto bene, giusto?
Va tutto bene dici... mmh guarda non saprei sai ho baciato da ubriaca il mio migliore amico, poi lui ieri ha ribaciato me ma era sobrio, non parlo con i miei da un giorno intero perchè sono stupida e non riesco a raccontargli di me e ora Tay, cioè lui, non si fa nemmeno più vivo. Si sto stupendamente grazie, tu come te la passi?
Successe invece che, senza neanche rendermene conto, le vomitati tutto addosso, di colpo. Le dissi che il sabato sera precedente avevo combinato un casino con il mio migliore amico, un casino al quale non riuscivo a smettere di pensare. Non rimasi a descriverle ogni singolo dettaglio ma diciamo che la trama era stata ben assortita. Le sorrisi e, dato che l'intervallo era ormai concluso, le dissi che avremmo terminato il discorso nel pomeriggio.
Sprecò tutti i 15 minuti di intervallo per sentire le mie apparenti stronzate, non sembrava ma il avevo incredibilmente bisogno di quei suoi 15 minuti. La frase che le dissi, cioè che ci saremmo sentire più tardi, non era una delle mie solite, del tipo "lo dico ma non aspettarti nulla da me", 'sta volta no, era detta con sincerità. Le scrissi appena arrivata a casa e tra vocali e messaggi le spiegai tutto per filo e per segno. Era comprensiva, mi ascoltava e mi consigliava anche quando probabilmente neanche lei avrebbe saputo cosa fare. Parlammo fino a tardi, penso che quella fu la prima volta che rimasi con il telefono acceso per così tanto tempo; di solito i miei me lo facevano spegnere dopo cena. Quella sera lo riaccesi, sentivo il bisogno di scriverle e avevo troppe cose da dirle. Il giorno seguente andai a scuola con un certo ed insolito entusiasmo. Probabilmente mi ero giustificata in tutte le materie del giorno, la mia voglia di studiare per un modo o per un altro era scesa vorticosamente.
Era andata a farsi fottere in sostanza.
Aspettavo solo l'intervallo. Ci trovammo a parlare come il giorno precedente, tante cose tutte insieme. Questa volta non ero l'unica però a raccontare, forse aveva iniziato ad aprirsi anche lei. Passarono i giorni e le settimane e ci unimmo sempre di più, avevo scoperto che era fidanzata da poco più di 5 mesi e che il suo ragazzo aveva un nome mai sentito, o perlomeno raro. Lui si chiama Christopher e sinceramente spero di aver centrato tutte le "h". Inutile dire che ero molto molto curiosa di tutto ciò, speravo sinceramente che un giorno me ne avrebbe parlato meglio. Sono una persona molto diffidente, però quando inizio a fidarmi e creare un certo legame con le persone è raro che poi io me ne stacchi e stanchi. Sono fredda con chi se lo merita, ma molto dolce con chi dimostra di tenerci. Con lei ero sicura che nulla di ciò sarebbe mai successo. Non mi sarei stancata di lei. Era una sicurezza strana, ma vera. Passò un altro mesetto, le cose tra me e Tay erano strane; non eravamo veri e propri fidanzati, le sere che uscivamo con il nostro gruppo ci comportavamo come tali quindi baci e abbracci mentre durante la settimana ci scrivevamo raramente e non ci vedevamo mai. Tutto questo prima del "bacio" non era mai successo. Ero sempre con lui. Non riuscivo a capire nulla di tutto ciò, non riuscivo più a capire nemmeno lui. Era diventato indecifrabile persino ai miei occhi, i miei occhi che fino a pochi mesi prima non avevano segreti con i suoi. Ero triste, delusa, stanca, arrabbiata. Soprattutto ero arrabbiata, non con lui ma con me stessa. Avrei solo voluto capire cosa fosse successo tra di noi di così tanto "sbagliato". Ero arrabbiata ma Valeria c'era, posso dire con certezza che da quando mise piede nella mia vita non lo tolse mai; anzi ci entrò di colpo con entrambi. Era l'unica con cui mi ero aperta completamente, l'unica a cui avevo raccontato così tante cose di me e Tay, l'unica che ormai sapeva anche i miei piccoli segreti del passato; segreti che piano piano anche lei raccontava a me. Stava avvenendo qualcosa di magico, uno scambio potente di energia tra due persone apparentemente non conoscenti ma che in realtà di lì a poco sarebbero diventate tanto l'una per l'altra. Non passava giorno senza un suo messaggio, senza una sua foto imbarazzante, senza le sue canzoni stonate, senza i miei discorsi paranormali, senza i suoi scleri... insomma si può dire che non passava giorno senza di lei. Senza di noi.
Ma come ve lo spiego cosa fosse diventata per me questa piccola ragazza di un metro e cinquantotto?
Odiava la definizione di "migliori amiche" forse perché non ne aveva mai avuta realmente una o forse perché ne ne comprendeva ancora il significato. Io ho sempre saputo che lei sarebbe diventata la mia. Non è molto affettuosa, anzi è una ragazza abbastanza apatica ma dimostra il suo grande voler bene in un modo spettacolare, un modo tutto suo ed io amo il suo volermi bene. E lo so, di solito si dice "tu sei l'amore della mia vita" ma invece no, per lei userò il "tu sei l'amica della mia vita". Valeria è quell'amica che sa rimanere anche quando è difficile, quando io sono difficile, e resta perché lo vuole non per dovere. È quell'amica che c'era e c'è stata durante i miei disastri, quella che mi ha lasciata cadere solo per darmi una lezione, quella che però subito dopo si è seduta al mio fianco e mi ha preso la mano per farmi rialzare. Lei mi ha fatto ripartire il cuore quando non si voleva più muovere, quando era stufo delle cose che andavano sempre sfumando. È l'amica della mia vita perché pur non avendole mai fatto nessuna promessa le ha mantenute tutte. Valeria è quella che mi ricorda che in due le cose si fanno meglio, è quel pensiero che mi ricorda di non vedere a chi mi dice che non è giusto credere nelle persone, nelle cose. Lei mi da quella speranza che io da sola non riuscirei mai a trovare. Non mi ha mai giudicata, non se n'è mai andata anche quando forse avrebbe potuto; mi ha sempre abbracciata ricordandomi che qualsiasi cosa l'avremmo affrontata insieme. Ha fatto tutto per me, farò di tutto per lei. Valeria diventó la mia migliore amica, l'unica che abbia mai avuto, l'ultima che avrò.
"Amica" è proprio un parolone, va usato con attenzione, e io per "Amica" intendo lei.
Iniziò tutto con un "ma va tutto bene?", com'è buffa la vita. Non dimenticherò mai questa data, 12.12.16 è incisa nel mio cuore.

Questa la dedico a te.
Grazie, di tutto; di esserci, di esistere.
M.

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