Lubren Zero si era di colpo sentito minacciato. Il pericolo non proveniva da una o più persone, ma da un evento disastroso; sapeva che l'istinto non lasciava margine di errore, si meravigliava soltanto di non aver sentito quel crescendo di allerta che di solito annunciava le previsioni.
La prima cosa che fece fu cercare Portia Kora tra la folla, non perchè il resto della famiglia fosse a pochi passsi da lui, piuttosto per quell'impulso viscerale di proteggerla a ogni costo. Non si sorprese troppo quando vide avanzare Sabbia, da sola, a passo spedito verso di lui. Gli occhi della ragazza erano talmente spaventati che per un secondo gli parve di sentire il cuore arrancare e la testa annebbiarsi.
Mentre immaginava una caduta, una piccola distorsione o un rischio minore, il panico si beffeggiò di lui e lo spinse a correre in direzione della messaggera che, evidentemente cercava proprio lui. Le teste intorno si voltarono e il chiacchiericcio si spense di colpo: era davvero insolito che l'Arcano perdesse la sua flemma in pubblico.
Sabbia lo raggiunse a metà strada e si aggrappò con forza ai suoi avambracci.
"Parla" le impose lui strattonandola leggermente.
Sabbia si riscosse e annuì, prendendo fiato. "Portia Kora sta male! Non so come ma mi ha parlato nella testa, ha detto che l'hanno avvelenata!"
Il tempo si fermò. Lubren Zero dovette imporsi di mantenere il sangue freddo, cercando immediatamente ogni soluzione possibile, mentre esortava Sabbia a condurlo da lei.
No... Non può succedere... Continuava a ripetersi, maledicendosi per la sua perdita di lucidità. Doveva agire nel modo giusto, qualsiasi passo falso poteva risultare fatale. Non dubitò neppure per un istante che fosse tutto un malinteso: Portia Kora possedeva un intuito sorprendente. Scacciando l'oltraggio e la rabbia per chiunque avesse messo in atto quel terribile complotto, individuò le vesti scure accasciate sull'erba, le braccia tese e la testa china della giovane vita che rischiava di spezzarsi.
Tremò, un attimo prima di raggiungerla a terra, in ginocchio, sollevandole il viso per capire bene cosa fare. Quando Portia Kora lo fissò, le pupille chiare si dilatarono di speranza e le mani si aggrapparono al risvolto della sua divisa. Aprì la bocca ma non riuscì a parlare; le labbra erano gonfie e stavano assumento un colorito violaceo, da un angolo scendeva un rivolo di sangue, ma capì che era una ferita che si era provocata con i denti, a causa degli spasmi. Si reggeva la gola, che mostrava una piccola protuberanza sottopelle. Eccolo, il bolo letale che la stava avvelenando dall'interno.
Una piccola folla di curiosi li circondava, chi sussurrando, chi con espressione sconvolta. I professori stavano chiamando i soccorsi, ma non sarebbero mai arrivati in tempo.
"Qualcosa le cola dalla bocca! È sangue quello? Ma perchè è così chiaro..."
"Fa' silenzio, Sabbia! Portaci al dormitorio, presto!"
La sollevò tra le braccia, sorprendendosi di quanto fosse minuta e fragile. La preoccupazione si abbattè su di lui, l'angoscia rallentò i suoi movimenti, ma solo per qualche secondo. Sabbia correva facendogli strada e spostando malamente chiunque la ostacolasse; nessuno comunque osò farlo, vista l'aura minacciosa che l'Arcano stava emanando, suo malgrado.
I dormitori erano deserti, situati a piano terra in un'ala non molto lontana dal parco. Quando Sabbia spalancò la porta della loro camera e si fece da parte per lasciarlo entrare, Lubren Zero non perse tempo e adagiò Portia Kora su uno dei letti. "Dove tiene le sue cose?" chiese in tono brusco, sbattendo i cassetti del comò e spalancando l'anta dell'unico armadio in comune.
"Io... non lo so! Lei è così riservata..." piagnucolò la ragazza con le mani giunte.
SOTTO IL LETTO. La voce gli attraversò il cervello in modo così netto e repentino che Lubren Zero per poco non sobbalzò. Sorvolando sulla potenza latente della sorella, s'inginocchiò e spostò la coperta per afferrare una scatola di legno scuro, sul pavimento.
CE L'HAI ANCORA LA TERGHENIA ROSSA CHE TI HO DATO? s'informò usando direttamente il pensiero, mentre rovistava tra le sue cose.
Portia Kora annuì, stringendosi le mani intorno alla gola e chiudendo gli occhi a seguito di una nuova fitta di dolore. Una lacrima le bagnò la guancia, poco prima di avvertire un rigurgito amaro che risalì dalla trachea per poi esploderle in bocca. Si rigirò su un fianco e fece per vomitare, ma non riuscì a far uscire niente, a parte un disgustoso rivoletto di schiuma scura.
"Sabbia, lasciaci da soli" ordinò intanto Lubren Zero con l'apprensione nella voce da tenore. La sua cara amica doveva essere terrorizzata, ma obbedì, non prima di lanciarle un'occhiata preoccupata. Il dolore e l'ansia che provava erano così forti che non fu in grado di tranquillizzarla come avrebbe voluto.
"Ci siamo" disse in fretta l'unica persona al mondo di cui si fidava ciecamente. "Mescolerò la terghenia con il mio antidoto: dovrebbe funzionare." Si liberò della giacca della divisa e sbottonò i polsini della camicia nera. I gesti conservavano la sua innata eleganza ma tradivano una profonda disperazione.
NON FARMI MORIRE! Lo supplicò sentendo le forze venire meno. Altre lacrime le annebbiarono la vista e anche se lottava per non pensare alla sua fine, ormai era troppo spaventata.
"No, sciocca. Non morirai, non a quindici anni" esalò lui quasi profetico, ferendosi il palmo della mano sinistra con un taglierino. Con le dita dell'altra ridusse in polvere la radice di terghenia, sciogliendola nel liquido bronzeo che sgorgava dal taglio netto. Era proprio quello l'antidoto che gli uomini dell'Ossidiana si tramandavano da generazioni. Un sangue miracoloso, un potere senza prezzo che li distingueva dalle altre famiglie nobili, che possedevano capacità uniche ma non altrettanto sorprendenti. "Apri la bocca, da brava" le impose dolcemente, nascondendo a malapena il tremito della voce mentre avvicinava il palmo per farle bere il suo sangue scuro.
Portia Kora si era accorta da tempo che il suo, di sangue, era più chiaro, di un rosso acceso quasi disturbante. Quando aveva creduto di essere malata, sua nonna le aveva riso in faccia asserendo che in realtà era solo un po' anemica e molto speciale. Adesso che pensava davvero di morire, un'infinità d'immagini del passato le inondavano i pensieri e la ragione. Strinse gli occhi e dischiuse le labbra, assaggiando sulla lingua il rame del sangue e il dolceamaro retrogusto della radice.
Lubren Zero la sollevò con premura per la nuca e la fece bere direttamente dal suo palmo, osservando in silenzio il disturbante pallore della sua protetta. Come una creatura infinitamente fragile, tentava di opporsi al suo destino, deglutendo quel miscuglio vischioso con disperazione. "Dovresti stare subito meglio" si spinse a darle speranza, facendola distendere sui cuscini. Notò che le smorfie di dolore si stavano attenuando e che la tosse appena accennata, dopo aver bevuto il suo antidoto, stava diventando un rantolo. Il suo giovane corpo stava rigettando il veleno. La vide scattare in avanti, puntellarsi sui gomiti e infine gettarsi di lato, per liberarsi del bolo letale che fino ad allora le si era bloccato in gola.
Nervoso e scattante, l'Arcano prese un panno dalla toeletta e l'aiutò a ripulirsi, afferrandola saldamente per le spalle per impedirle di cadere. Il grumo verde scuro sembrava vivo e si contorceva tra le frange del tappeto. Decise che lo avrebbe portato con sè per esaminarlo, ma prima doveva concedersi il lusso di saperla sana e salva. Le prese il visetto esangue tra le mani per incontrare i suoi occhi lucidi e provati, beandosi delle sue lacrime di sollievo. Anche lei gli afferrò i polsi per cercare un contatto e finalmente respirò a pieni polmoni.
"Grazie... Grazie Lubren Zero" sussurrò con puro affetto e devozione. Era così tenera, così coraggiosa, che la tensione, la paura di perderla e il sollievo di averla salvata s'infransero di colpo su di lui. Troppe emozioni per un uomo che era stato allevato per non provarne affatto! L'Arcano si liberò della maschera e del rango e gemette sottovoce, appoggiando la fronte contro quella di Portia Kora per poi stringersela al petto. L'abbracciò a lungo, annusando il suo profumo delicato, accarezzando quelle vertebre sottili e tremando per il disastro che avevano appena scampato. Quello era il suo premio: averla tra le braccia e sentirla respirare, saperla viva, essere sicuro che avrebbe goduto ancora del suo sorriso, della sua anima bellissima.
"Non farmi più una cosa simile" le disse tentando di mascherare la commozione. "Non sopravvivrei a un altro colpo al cuore..." Si staccò per osservare il suo viso che riprendeva colore, le labbra che si tendevano in una smorfia divertita e gli occhi enormi ancora umidi. "Non posso vivere se non ci sei tu, Portia Kora."
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Portia Kora - Il confine dell'Ossidiana
ParanormalIn un mondo monocromatico, dove chiome scure e regole ferree scandiscono la vita nei quattro Tule, la piccola Portia Kora si sente un'estranea. Crescendo, il distacco della sua famiglia adottiva e la forte attrazione verso Lubreen Zero, l'Arcano che...