30. Il parco (parte 1)

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Ella.

Me la sono presa con calma.

Nel pomeriggio ho fatto di tutto per cercare di distrarmi e non pensare al confronto che ci sarebbe stato la sera con Hunter: ho passato ogni momento con Jeff, un po' perché sentivo già la sua mancanza, un po' perché speravo di potermi focalizzare su qualcosa che non fosse quello stramaledettisimo ragazzo in grado di farmi perdere il filo dei pensieri anche quando non c'è. E nel momento in cui ho dovuto salutare mio cugino un ultima volta, ho lottato di nuovo per non annegare nella mia stessa mente.

Seduta sul letto con le mani tremolanti cerco di allacciare le scarpe, continuando a far sfuggire i lacci.

Ma stiamo scherzando? Non ero così nervosa dal giorno in cui Curtis giocò una partita con la spalla lussata: avevo una paura tremenda che si facesse male e sono stata tutto il tempo in pensiero.

Mi fermo, stringendo in un pugno le coperte ai lati delle mie gambe e faccio un respiro profondo. È davvero ridicolo il modo in cui sono preoccupata.
Non finisco di formulare il mio auto-rimprovero, perché il suono del campanello mi costringe ad interrompermi, facendomi sobbalzare.

Merda.

Finisco rapidamente di allacciare le converse e mi alzo, ripetendomi mentalmente di mantenere la calma: sarà una chiacchierata, veloce ed indolore.

Cosa vorrà dirmi? Come devo comportarmi?

Scendo le scale torturandomi il labbro.
《Aspetti qualcuno?》 chiede mio padre, senza staccare gli occhi dal suo computer, posto sull'elegante tavolino in vetro del mio salotto.

《È un amico.》

《Curtis?》 Mi chiede accigliandosi, muovendo veloci le dita sulla tastiera.

《No, non è Curtis.》 Prendo le chiavi e mi incammino verso l'uscita. Il campanello suona di nuovo.

《È impaziente, il tuo amico. Divertiti e fai la brava.》 Come immaginavo.

Non rispondo e apro la porta d'ingresso, trovandomi di fronte a un metro e ottanta di Hunter Kade.

《Ciao.》 Dico cercando di sembrare a mio agio, anche se sono consapevole di apparire come un ciocchetto di legno.

《Ciao.》 Fa a sua volta accompagnando un cenno del capo, facendo in modo che una ciocca bruna gli ricada su un occhio, splendidamente verde. Reprimo l'istinto di scostargliela con una carezza.

《Sei pronta?》 Si gratta il collo.

《Si, andiamo?》

《Andiamo.》

***

Durante il viaggio in macchina è stato il primo a cercare di intavolare una conversazione e ci siamo trovati a parlare anche delle cose più insulse ed improbabili: dai banchi che vanno assolutamente cambiati della nostra scuola, il chiosco del gelataio che ha chiuso una settimana fa, persino la squadra di football del nostro liceo. A breve inizierà il campionato.

Non mi è mai passato per la mente di chiedergli dove fossimo diretti. Ero troppo impegnata nella conversazione, nel coprire i momenti di imbarazzo.

Solo quando siamo giunti di fronte al fantomatico parco del mio quartiere, ho iniziato ad agitarmi sul serio.

Per me questo posto significa molto: significa tranquillità, pace, serenità. Tutte cose che con lui ho provato di rado, perché non fa altro che scombussolare le mie emozioni. Lui è un uragano e non voglio che intacchi il mio paradiso. Nonostante lui qui, con me, ci sia già stato.

𝐃𝐎𝐖𝐍 𝐁𝐄𝐋𝐎𝐖 - ɴᴏɴ ғᴀʀᴛɪ ᴛʀᴀsᴄɪɴᴀʀᴇ ɪɴ ʙᴀssᴏDove le storie prendono vita. Scoprilo ora