d i c i o t t o

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CAPITOLO 18: PUNTO DI ROTTURA

Punto di vista del Dottor Spencer Reid

[30 gennaio 2010]

Mi sono raggomitolato sotto gli spalti di legno con solo la compagnia di ratti e della testa in decomposizione per un periodo di tempo che sembra settimane. Oltre al suono delle mosche che volano, odo gli uccellini che cantano all'esterno, un segno che è il mio secondo mattino che trascorro nel medesimo luogo.

La mia vista mi elude, a tratti vedo macchie nere, ed ignoro il dolore lancinante allo stomaco causato dalla fame. La mia bocca desidera ardentemente un goccio d'acqua, le mie labbra screpolate faticano a sopprimere l'urlo che ho desiderato emettere da quando sono arrivato qui. Combatto il richiamo del sonno, terrorizzato dal fatto che se chiuderò gli occhi per più di un istante, non li aprirò più.

Da quando mi trovo qui, l'S.I. ha sopraffatto un'altra vittima, appendendolo al soffitto insieme agli alti. Durante i giorni che ho trascorso nascosto, ho sentito l'S.I. aggirarsi nei corridoi, cercandomi. Ho considerato cambiare il mio nascondiglio in favore di uno in cui non sarò così vulnerabile, ma le gambe e le braccia sono insensibili, e mi è quasi impossibile muovermi.

Quindi resto qui, in attesa di essere catturato.

In attesa di essere ucciso.

La puzza di morte mi è ormai famigliare, l'odore si è attaccato ai miei vestiti, insinuandosi nei miei pori, consumandomi. Il battito del mio cuore è l'unica cosa che mi rende diverso dagli altri.

Sento l'S.I. nel corridoio fuori dalla palestra per la seconda volta oggi, è solo questione di tempo prima che mi trovi. Trattengo il respiro quando passa oltre la porta; non si aspetta che mi trovi qui data la ripugnante puzza di omicidio che inonda la stanza. I suoi passi si allontanano, quindi rilascio il respiro con le lacrime agli occhi.

Mi sento come un animale che viene cacciato, ma che finisce in trappola: completamente senza speranze. Le mie convinzioni di falsa forza e valore, le stesse che ho sostenuto, andare in frantumi, rivelando la paura e la vulnerabilità che ho accumulato. Senza i miei muri mentali di sicurezza, le mie emozioni prendono il sopravvento e comincio a singhiozzare il più in silenzio possibile.

Non è un pianto che porta sollievo. È quel tipo di pianto che ti lascia con un mal di testa, il naso che cola, ed il petto colmo di pesantezza e dolore. Le lacrime mi rigano il volto rosso, si soffermano sui miei capelli sporchi e poi cadono sul pavimento di legno polveroso. Mi ritrovo a boccheggiare nella pausa fra una crisi e l'altra.

Coricato nella polvere e le lacrime salate, penso a Rosemary. Penso al suo sorriso. Penso alla sua risata. Penso al modo in cui i suoi occhi brillano quando guarda me, e solo me. Penso a come le piaccia il suo tè ed il suo caffè. Penso al sapore che ha la sua dolce bocca sulla mia. La mia mente si isola, e quasi riesco a percepire il fantasma di un suo bacio sulle mie labbra tremanti.

Per quanto vorrei restare in questo santuario immaginario con lei, allontano il pensiero tentando di calmarmi ed asciugarmi le lacrime.

Nel calmarmi giungo alla conclusione che non sto nemmeno piangendo per la mia situazione. Sto piangendo per la mia vita...come se mi appartenesse al momento. La mia vita è di proprietà dell'S.I., e posso solo sperare che il team mi trovi prima che possa farlo lui.

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