Capitolo 4

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Genevieve

L'azzurro del cielo sopra di me riusciva sempre a calmarmi, era una sensazione meravigliosa. La tranquillità mi era sempre piaciuta, se non fosse per mia sorella che continuava ad allenarsi ad ogni ora del giorno.

Non si stancava mai, certe volte mi domandavo realmente se fossimo o meno sorelle gemelle. Eravamo diverse, troppo diverse. Ma forse era una bella cosa, l'uguaglianza era noiosa. "Aranel! Fermati un attimo e vieni a sederti vicino a me!" Gridai, sperando che mi sentisse.

I suoi occhi di un azzurro chiarissimo incontrarono i miei. Non era molto felice di essersi fermata. I suoi capelli castani erano attaccati al viso a causa del sudore. Aveva il respiro accelerato, infatti muoveva le spalle in modo frenetico. Cominciò a camminare verso di me, per poi arrivarmi davanti.

"Genevieve, sai quanto odio che qualcuno interrompa il mio allenamento, anche se sei tu" sussurrò, mentre si sedette sulla sedia davanti alla mia e alzava gli occhi al cielo. Sbuffai e, prima che potessi aprire bocca, mio padre uscì in giardino.

Dietro di lui vidi Miliz e Alarik. Il secondo era inquietante, i suoi occhi grigi sembravano essere sempre posseduti, mentre i suoi capelli di un nero scurissimo erano sempre in ordine, come se se li spazzolasse di continuo. Lui e mia sorella alcune volte parlavano, ma avevo già capito che non le andava proprio a genio.

Miliz invece era una persona calma e comprensiva. I suoi capelli biondi e gli occhi marroni mi tranquillizzavano ogni volta. Parlavo con lui di tutte le cose possibili, era davvero dolce. Lo salutai con un cenno della mano e con un sorriso, mentre lui ricambiò. Alarik invece tenne la testa bassa; forse era scocciato di stare lì.

"Sono arrivati Alarik e Miliz. Tra un'ora vorrei che veniste in sala, devo parlarvi di una cosa molto importante" affermò serio, mentre noi due annuivamo. Era la prima volte che ci parlava così, avevo pura di cosa avesse potuto dirci.

"Io vado ad allenarmi che è meglio" affermò mia sorella, alzandosi e cominciando a muovere dei passi verso l'arena. Scossi la testa, non sarebbe mai cambiata. I ragazzi cominciarono a varcare la soglia, guardando attentamente la figura di mia sorella. Non era la prima volta che la vedevano allenarsi, ma era sempre strano.

In fondo era ovvio, alle ragazze non era consentito allenarsi, però non era un legge che lo vietava, quindi Aranel non la stava infrangendo. Dopodiché Miliz si girò verso di me, mettendosi al mio fianco. "Ciao" sussurrò con quella sua vice calma.

Lo guardai in viso, rispondendo: "Ciao". Quei momenti erano tremendamente imbarazzanti, difatti spostai lo sguardo su Aranel, vedendo che Alarik le si stava avvicinando. Era curioso il suo comportamento. Tutte le volte che era venuto lì si era limitato a guardarla e non a prendere parte agli allenamenti.

I suoi muscoli la dicevano lunga su quanto si allenasse. Guardai interessata la scena. Il ragazzo prese un'arma, mentre mia sorella lo guardava davvero male. Speravo davvero che non si mettessero a litigare e che si sfogassero combattendo.

Aranel

Allenarmi era una cosa che mi faceva sentire bene. Mi sfogavo, non avevo bisogno di protezione, mi dava l'indipendenza che desideravo. Non ero una delle tipiche donne del nostro tempo, nascosta e obbediente al compagno o marito. No! Io non ascoltavo nessun uomo, mio padre per ovvie ragioni era escluso da tutto questo, lui mi avrebbe sempre e solo consigliato per il mio bene e per quello della mia gemella Genevieve.

Mi allenavo tutti i giorni, dovevo essere sempre pronta a tutto, in fondo ero la Dea della Guerra e non potevo essere minore o debole a nessuno, nemmeno al grande Ares. L'addestramento durava varie ore, alle volte ero da sola, altre mi allenavo con mio padre Leandro, Genevieve era sempre lì pronta a farmi compagnia e a ricordarmi di cibarmi e bere ogni tanto, purtroppo spesso ero così presa da crescere in ambito di guerre, che mi dimenticavo di tutto il resto.

Durante l'allenamento, la mia sorellona mi chiese se potevo fermarmi un attimo e sedermi vicino a lei, dopo un minuscolo scambio di battute entrò mio padre e ci chiese di entrare tra un'ora a casa che doveva parlarci. Non mi piaceva la sua faccia, non sarebbero state buone notizie, ne ero sicura! Con lui erano arrivati Miliz e Alarik, ci mancava solo lui! Miliz era già concentrato su mia sorella, loro due andavano d'accordo.

Alarik non lo sopportavo, alle volte ci parlavo civilmente, ma sotto non reggevo il suo modo di fare... troppo impertinente, troppo sicuro si sé, troppo narcisista, era troppo insopportabile per me. Decisi di tornare ad allenarmi, almeno non dovevo sopportare Alarik, ma neanche il tempo di ricominciare che il Dio delle Armi si avvicinò all'arena. Lo fulminai con lo sguardo quando lo vidi prendere un'arma, che diamine voleva fare? Continuò ad avvicinarsi fino a entrare nella sabbia, lo vidi iniziare a girarmi intorno, feci lo stesso anche io. Voleva lottare? Perfetto, avrebbe dovuto battersi all'ultimo sangue per battermi!

Dopo qualche minuto sfruttato per osservarci e poter intuire i punti deboli l'uno dell'altro, Alarik sembrava non averne, forse solo la lentezza visti i muscoli che aveva in seguito agli allenamenti che anche lui faceva. Sicuramente aveva trovato il metodo per essere più veloce anche se fisicamente era molto muscoloso, sembrava uno che sfruttasse più la forza che la velocità. Iniziammo a lottare, Alarik aveva uno spadone e io una spada. Subito andammo a cozzare le lame, pronti a darci battaglia fino allo sfinimento. Continuavamo a cercare di lasciarci dei tagli superficiali, ma sempre in qualche modo paravamo il colpo dell'altro: lo paravamo con la lama, spostandoci con il corpo, facendo cozzare le lame con la sabbia e sfruttando anche qualcosa con il corpo a corpo. Ero riuscita a fargli un leggero taglio sulla spalla sinistra, ma in compenso lui mi aveva dato un gancio forte a livello costole.

Questa me l'avrebbe pagata cara, ma si sapeva che la vendetta era un piatto che andava servito freddo. Nostro padre ci chiamò per entrare. Andai a mettere a posto le armi usate, per poi entrare in casa con Genevieve al mio fianco, che sembrava preoccupata per il pugno ricevuto. Entrammo in casa e ci dirigemmo in salotto, dove trovammo i nostri genitori seduti a capotavola, no, se c'era anche la mamma non era per niente un buon segno!





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Piaciuto?

Cosa succederà?

A domenica!

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