1 - Il Rospo

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L'enorme anfibio blu si ergeva di fronte al ragazzo, più basso di almeno un metro e mezzo rispetto alla bestia, che stava producendo un minaccioso sibilo di battaglia. L'animale assomigliava ad un grosso rospo spinoso, ma più longilineo, quasi come una lucertola. Lungo all'incirca sei metri, largo due e mezzo e alto più di tre, la sua pelle era viscida e grondante uno strano umore trasparente e dall'odore pungente, sembrava gel per capelli, ma nella sua versione più disgustosa. Aidan era immobile, le gambe tremolanti, le gocce di sudore che gli solcavano la fronte, lo sguardo fisso sul mostro. Fra le dita della sua mano destra stringeva in una morsa serrata una robusta clava di legno, trovata ai piedi di un albero nella foresta: era chiaramente troppo ingombrante e pesante per le sue gracili braccia. Ma era anche l'unico oggetto che gli permetteva di avere un briciolo di speranza, se fosse corso via sarebbe stato raggiunto in una manciata di falcate e divorato dall'animale, e di combattere a mani nude non se ne parlava nemmeno.

Stava pensando ad una strategia per colpirlo nei punti più deboli, per poi allontanarsi usando tutta l'energia che gli rimaneva in corpo. Era letteralmente terrorizzato, addirittura più di quando stava di fronte a Jake, il bulletto della scuola, dietro l'edificio dopo le lezioni. Non pensava fosse stato possibile ma la realtà, sempre che quella fosse stata realtà, le si era parata improvvisamente davanti sotto forma di rospo gigante.

I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti quando la bestiaccia si lanciò di scatto all'attacco. Con una pura scarica di un misto fra adrenalina e paura, Aidan schivò la carica buttandosi a destra, rotolando e rialzandosi goffamente, per poi rimettersi in posa difensiva per eludere il prossimo colpo. Il rospo, spazientito, iniziò a correre con le sue quattro possenti zampe bluastre verso il ragazzo, che fra una schivata e l'altra stava indietreggiando inconsapevolmente verso la piccola macchia di alberi che li circondava. Teneva le fauci spalancate e i suoi sottili denti scintillavano al sole pomeridiano, bianchi e lucenti come fossero fatti di madreperla. La serie di schivate venne interrotta quando Aidan inciampò in una delle radici arboree che erano cresciute in superficie, sbattendo di schiena sul tronco della grande quercia dietro di lui. L'impatto gli tolse il fiato, ma al momento era concentrato sui denti acuminati che ora si trovavano a pochi centimetri dal suo viso. Con un istinto pari a quello di un animale, si abbassò di scatto accucciandosi, e la mascella del mostro si schiantò a tutta velocità contro l'arbusto, conficcando i lunghi denti a fondo nella corteccia. Ancora in preda all'adrenalina, con un urlo di battaglia carico di rabbia, Aidan si arrampicò dalla spalla fin sulla testa piatta dell'anfibio, utilizzando gli spessi spuntoni ossei che ornavano il suo corpo come appigli per la scalata. La bestia si agitava furiosamente per liberarsi dalla pianta, e per poco non perse la sua arma. Arrivato in cima, sollevò la clava e la abbatté furiosamente e ripetutamente sul cranio del rospo, gridando a pieni polmoni mentre nell'area colpita si stava formando un avvallamento da cui sgorgava sangue rosso vivo, ad ogni colpo si sollevava una nube cremisi di schizzi. Aidan si fermò quando il suono sordo dei colpi sull'osso si trasformò in un molliccio splat splat, e i movimenti frenetici che il mostro eseguiva per liberarsi lasciarono posto a spasmi sconnessi e disgustosi.

Con oramai un maschera di sangue e cervella in volto, il ragazzo lasciò cadere la clava al suolo e scese dal corpo spasmodico della bestia, che sembrava un burattino mosso da un burattinaio alle prime armi, si diresse ai piedi dell'albero di fianco e vomitò. Vomitò tutto il contenuto del suo stomaco per le troppe emozioni che erano esplose in lui tutte insieme. Vomitò per la paura. Ma soprattutto, vomitò perché aveva ucciso un essere vivente. Quell'orribile animale aveva tentato sì di ucciderlo, ma Aidan non aveva comunque mai alzato un dito nemmeno su una mosca.

Ripulì il viso con la sua maglia verde, che si macchiò di chiazze marroncine e maleodoranti. Sì sollevò con una mano le ciocche ondulate di capelli castani, che erano ormai sporche di sangue, e se le fissò dietro l'orecchio sinistro, in modo da avere la fronte libera. Lanciò ancora una volta un ampio sguardo alla terra desolata in cui era capitato: alberi, praterie e ancora alberi a perdita d'occhio.
Nessun segno di civiltà... Dove diavolo era finito?

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