Capitolo 37

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Ho fatto una cazzata a dirgli di sì, ma duemila euro in una serata non li guadagneró mai in questo posto. Non sarebbe possibile anche perché le prestazioni sarebbero troppe e mi farebbe male tutto poi.
Il fatto è che ho piacere a passare una serata con lui, però sono molto combattuta, perché mi guarda con quegli occhi a cui non so dire di no. Quegli occhi da cane bastonato, che non sa riprendersi più niente di quello che vorrebbe, scuri come la pece e che non lascia penetrare da nessuno, eppure io qualcosa ci ho visto, forse è quello, oltre ai soldi che mi spinge a dirgli di sì. Però non è mai una buona idea, rovino sempre tutto. Non so che fare, sarei in grado adesso anche di scrivergli in chat e dirgli di non venire, che ho cambiato idea, che ho un impegno improvviso con qualcuno, ne sarei capace. Ma duemila euro non si buttano così. Ho fatto una piccola borsa dove ci ho messo un pigiama, lo spazzolino, trucchi, profumo, spazzola, le cose necessarie perché non so che succederà dopo cena. Non so veramente niente. Penso che però mi tranquillizeró nel momento in cui arriva, si, sicuramente.
È finalmente arrivato il fatidico giorno. Sono arrivata puntuale per una volta in vita mia, io che ho sempre ritardato in tutto. Appuntamenti, treni, emozioni, oggi sono arrivata puntuale fuori il parcheggio. Ma non vedo nessuna macchina familiare, nessuno mi suona come a dire: "ei sono qui".
Sbuffo. Ci faccio le radici qua. Mi appoggio al cofano di una macchina e mi fumo una sigaretta per stemperare un po' l'ansia. Ci vogliono cinque minuti per fumarsi una sigaretta e di solito quando te la accendi succede sempre qualcosa, ad esempio quando aspetti l'auto in fermata. Ti accendi una sigaretta ed ecco che arriva. Guardo l'orologio che ho al polso, è passata mezz'ora. È in ritardo. Vuoi vedere che me la sta facendo pagare per quella volta che sono arrivata tardi io in cui non mi è suonata la sveglia. Palese, mi sembra un tipo che fa ripicche a gogo. Mi sto innervosendo, batto il piede per terra a ritmo, fa caldo e non c'è un posto all'ombra. Guarda se me ne vado eh, lo lascio come un deficiente. Mi lego i capelli in una coda, poi sento un rombo di macchina potente. Una ferrari rossa fiammante e pulita si ferma davanti a me. Tira un po' giù il finestrino ed è lui, si. Prendo la borsa che avevo appoggiato per terra e salgo. Se voleva passare inosservato, non è questa la macchina giusta. Riparte.
"Trentacinque minuti di ritardo" dico rilassandomi con l'aria condizionata.
"Sto cazzo di traffico" risponde lui. Lo guardo.
"Comunque ciao"
"Ciao" risponde senza tanto entusiasmo. Ha la mascella serrata, i nervi tesi. È incazzato per qualcosa che non mi dice ma io non chiedo. Eppure lo vedo che sta di cattivo umore. Non accende neanche lo stereo, deve essere grave allora, visto che lui canta sempre, in doccia, in macchina, penso anche durante gli allenamenti. È in tuta, sbragato sul sedile che guida sicuro di sé, con una mano sul volante, il gomito sullo spazietto del finestrino e l'altra mano sul cambio che per colpa del traffico è costretto ad usare di più. Mi riporta a casa sua, entra nel cancello e parcheggia, siamo di nuovo qua. Appena scendo è come se i ricordi mi investissero di nuovo, portandomi a quasi un mese fa. Io e lui, in questa casa che per pochi giorni è stata anche casa mia.
Entriamo e niente è cambiato, tutto è al suo posto, come ricordavo, solo che il divano letto ora non c'è più, è solo un divano chiuso e tirato a lucido. Poso la borsa sul tavolinetto in salotto e lui mi dice che è ancora presto, posso fare come voglio, di mettermi a mio agio. Una cosa che avrei voluto fare e non l'ho fatta è il bagno in piscina.
"Ti va di farci un bagno in piscina?" chiedo.
"Si va bene" dice. È di poche parole oggi, non so forse dovrei chiedere cosa abbia, ma non mi esce potrebbe fraintendere e potrei fargli male di nuovo. Mi vado a cambiare al bagno e quando esco lo trovo lì, seduto a bordo piscina con le gambe già in acqua. Lo guardo e sembra veramente un cane bastonato, fa il forte, quello che supera tutto ma poi, lo vedi così in casa sua, sempre con lo sguardo perso chissà dove. Lo raggiungo e mi siedo vicino a lui. Si gira a guardarmi.
"Gelata.." dico sentendo un brivido.
"Già.." risponde lui.
Mi do la spinta con le mani ed entro in acqua, ritirando la pancia per quanto è fresca rispetto al mio corpo. Mi avvicino e lo schizzo per farlo entrare. Che fa lì, ceh. Entra anche lui e va giù bagnandosi anche i capelli. Si fa una nuotata, poi riemerge scuotendo la testa per togliere l'acqua ai capelli.
"Vieni qui.." gli dico prendendogli un braccio.
Si avvicina al bordo e si appoggia con la schiena al mio petto. Porto le mani sulle sue spalle, gli faccio un massaggio mentre dai suoi capelli cadono delle goccioline piene di cloro. Io appoggiata al bordo, lui al mio petto. Mi sento bene, anche se sta in silenzio e sembri che ce l'abbia con me. Poggio il mento sulla sua spalla mentre gli tocco il petto con la mano sinistra. Gli chiedo come è andato il ritiro, così lo faccio parlare. Racconta che è stato duro, faticoso e volte noioso. Che il mister vuole che sudano come maiali, che si impegnano ma bisogna fare così se si vuole vincere qualcosa.
"Perché non mi hai mai risposto?" mi chiede dopo una pausa.
"Non potevo, per me è solo lavoro, sentirci sarebbe stato troppo intimo. Si comincia così no? E non possiamo farlo, sto lavorando.." dico.
Non è vero, avrei voluto sentirlo, fare video chiamate, ma non si può, mi legherei a lui e gli farei ancora più male, ho visualizzato e basta, facendogli capire che per me è solo il vederci ogni tanto, pagare e ciao a presto. Ma solo dio sa quanto ho combattuto con me stessa per non rispondere a quel fottuto messaggio. Quante volte da ubriaca ho dato il telefono a Selene per evitare di fare danni che non avrei più potuto riparare perché si sa, quando si è ubriachi, il telefono è come un'arma.
Rimane zitto dopo la mia risposta. Non gli è piaciuta lo so, lo vedo. Ma nonostante tutto non replica, nonostante io non gli dia quello che vuole, lui torna sempre da me.
"Sei strano.." gli dico.
"Scusa" risponde lui per chissà quale motivo mi vuole chiedere scusa.
"No, era un complimento, sei strano in senso buono" dico e lui annuisce ringraziandomi.
Sono le sette quando usciamo dalla piscina. Mi aiuta a salire le scalette e mi passa l'asciugamano. Me lo avvolgo addosso ed entriamo a casa, gocciolando sul pavimento, ma non mi dice nulla. Ci facciamo la doccia, da soli, uno per volta. Lui non mi tocca, mai. Ed io evito di fare cose di cui poi potrei pentirmene, quindi lo lascio stare. Vorrei sapere cosa ha, giuro che vorrei chiederglielo ma so già che mi risponderebbe che non ha nulla, di non preoccuparmi e che va tutto bene. No, affatto, non va bene. Ma se ho imparato a capirlo, non vuole dire niente per non farmi preoccupare, per non farmi sentire in modo diverso. Esco dalla doccia con l'asciugamano legato sul petto ed i capelli bagnati che mi gocciolano sulle spalle. Mi metto le ciabatte e vado di là facendomi un piccolo turbante per inumidire i capelli. Quando io esco dal bagno, lui entra. Vado in camera e trovo un vestito bellissimo sul letto. Un vestito lungo, nero con lo scollo a cuore che spezza la gonna con dei brillantini d'argento, lo spacco sulla gamba sinistra, sarà costato un occhio della testa, è di Chanel ed io non mi sono mai messa un vestito così costoso. Noto che vicino c'è una scatola, la apro e trovo le scarpe, con un bel tacco, aperte e tutte piene di brillantini che riprendono il vestito. Vicino c'è una pochette come le scarpe. Ha stile, mi asciugo mettendomi le mutande, il reggiseno no, tanto il vestito ha le coppe, non si vede nulla. Mi infilo una maglietta ed intanto mi asciugo i capelli e mi passo la piastra. Sento l'acqua della doccia aprirsi, il suo sospiro che potrei sentire anche addosso. Quel sospiro che mi arriva dentro, non è di piacere, è un sospiro di rassegnazione. Guardo verso la porta e mi vesto.

Qui, ti ho salvato dal buio. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora