Capitolo 44

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Mi sveglio e allungo una mano nella parte del letto vicino a me, come se avessi bisogno di una conferma che non c'è nessuno, come se volessi sentire il freddo ancora di più. Accarezzo le lenzuola fresche fino a portare la mano sul cuscino. Lo stringo. Ho cambiato le lenzuola, sono pulite ma giuro che posso sentire ancora l'odore del suo balsamo su questo dannato cuscino. Oppure me lo immagino, perché è rimasto nella mia testa, un odore che non scorderò mai suppongo. Mi ricordo di tutti gli odori che sento, li associo alle persone e rimangono lì stretti nel setto nasale e nella mia testa. Mia nonna per esempio ha avuto sempre un forte odore di lavanda, la metteva in tutto, tra i vestiti, nell'ammorbidente, le coltivava fuori al giardino ed ogni qual volta andavo a trovarla una nuvoletta di quell'odore me lo portavo a casa. Mi faceva sentire bene. Radja ha l'odore di sigaretta, di fumo, di caffè e di profumi costosi ma forti, quelli che ti entrano nel naso e non ti escono più, a suo dire eccitanti per il sesso femminile. La mia ex moglie per esempio profumava sempre di pesca per la sua mania di bere il tè sia freddo che caldo a tutte le ore della giornata. Lei invece profuma di fresco, di bagnoschiuma al cocco e lime, di quel profumo dolce che si spruzza e che non lo togli mai, neanche se lavi la macchina o il letto, ti sfiora sempre il naso e i suoi capelli di un balsamo delicato, mischiato a vaniglia. Ma la sua pelle è un profumo dolce, anche senza bagnoschiuma. Lei era l'odore che si avvicinava di più alla mia serenità, quello che avrei voluto sentire tutti i giorni quando avrei girato la faccia e passando la mano dall'altro lato del letto, l'avrei sentita lì, respirare e con il suo profumo che mi invadesse le narici.
Apro gli occhi e mi passo una mano in faccia per riprendermi. Sbadiglio perché ho dormito male stanotte. Sono tornato alle quattro, mi ero incantato a guardare il temporale che si abbatteva addosso alla mia macchina. È un suono rilassante quando dentro senti tutti quei rumori. Comunque a volte penso che è meglio essere così, solo. Almeno nessuno può ferirti. Nessuno può tradirti, nessuno può giudicarti. Solo silenzio, con te stesso. In un mondo in cui c'è un rumore pazzesco e che non si dà pace, nella solitudine la trovi. Resti così, senza nessun'altra ferita, nessuna incazzatura, nessuna delusione.
Dalla mia finestra entra un po' di luce, è giorno e il temporale è passato lasciando dietro di sé qualche danno, come sempre. Le buche di Roma si sono allagate, ha piovuto talmente forte che ha creato un sacco di disagi. Ma oggi c'è il sole, almeno fuori, dentro invece io sono rimasto in tempesta.
Mi alzo e scendo a piedi scalzi. Mi da un senso di libertà e di fresco visto che l'umidità oggi si sente. Non è sempre vero che dopo la pioggia si abbassano le temperature e fa più fresco. Oggi fa un caldo afoso. Entro in cucina per farmi una colazione degna di tale nome perché non ho più fatto la spesa, non ho più fatto un cazzo di niente veramente. Mi guardo intorno e sembra un campo minato, devo stare attento a dove metto i piedi per evitare di ferirmi con i cocci e vetri. Pessima idea di scendere scalzo. Decisione sbagliata parte duecentocinquanta.
Mi attacco alla credenza e prendo la moka con il caffè. Il segreto sta nel non comprimere il caffè con il cucchiaino, deve restare così che forma una piccola montagna. Lo metto sul gas e lo accendo, aspettando che venga su. Dovrei sistemare ma non prima della mia dose giornaliera di caffeina. Non riesco a fare niente prima, mi serve come spinta per andare avanti con la giornata. La caffettiera borbotta, segno che è pronto il caffè. Spengo il gas e me lo verso nella tazzina, lo prendo amaro, non mi va di cercare lo zucchero. Lo bevo tutto d'un sorso, non mi scotto mai, mi piacciono le cose bollenti. Lavo la tazzina e continuo a guardare il disastro che ho combinato. Meglio dare una pulita va. Prendo scopa e paletta, iniziando a spazzare per terra almeno i cocci. Devo sistemare questo casino, come dovrei fare con me stesso. Dovrei sistemare tutte quelle cose dentro di me che non vanno bene. Tutte le cose che mi rendono sbagliato in qualsiasi cosa. Butto i cocci in una busta, ora riesce quasi ad essere di nuovo casa. Esco, sempre scalzo, per buttare la busta che forse l'Ama, ritirerà prima o poi. Controllo la posta e noto che la buca delle lettere è piena. Le prendo e mentre vado verso casa sfoglio le bollette. Luce, gas, acqua. Tutto da pagare. Solo una cosa mi fa sorridere. Una cartolina di Naxos, riconosco il tempio di Apollo che si erge sulla città, imponente e che da piccolo i miei mi vietavano di visitare. Ma che poi da adolescente era un bel posto per portare le ragazze, soprattutto al tramonto quando il sole entra perfettamente nell'arco prima di abbracciare le acque del mare. Verso sera si riempiva di coppiette per fare colpo, ma ci andavo anche da solo, non me ne facevo problemi. Era il mio posto preferito, nel mio momento preferito. E questo mia nonna lo sa, mi ha pensato mandandomi questa cartolina. La giro e leggo.
"Ciao Kostaki, come va lì a Roma? Qui tutti bene, più o meno. Fa tanto caldo, mi manchi da morire voglio abbracciarti per un bel po'. Vieni a trovarmi presto che hai da scontare quasi cinque ore di coccole"
Sorrido, mi manca. L'unica persona in grado di capirmi e di non abbandonarmi mai. Attacco la cartolina allo specchio nell'ingresso e do un bacio alla collana. Finisco di sistemare e decido di andare a farmi una doccia fresca. Mi spoglio e mi butto sotto aprendo il getto al massimo, ma ogni volta che sto in questa doccia i pensieri si amplificano.
Mi manca anche lei, palese. Non posso fare il finto, anche se la odio mi manca da morire. Ma lei non cambierà mai ed io non posso permetterle di distruggermi ancora, di portarmi in una via senza uscita. Devo riemergere, senza di lei. Ancora una volta. Devo dimenticarla, per forza. Alla fine non è niente di che, nulla che non possa scordare. L'ho fatto dopo tre anni di matrimonio più cinque di fidanzamento, dimenticare lei sarà un gioco da ragazzi. Sopratutto adesso, nel momento clou del calciomercato. Finisce il due settembre ed io sto prendendo veramente in considerazione il fatto di andarmene da Roma, staccare, iniziare una nuova esperienza e una nuova vita. Scappare da lei e da questa casa che ha visto il mio crollo per ben due volte. Cercare di lasciarmi alle spalle tutti i pettegolezzi che mi fanno male, che mi dipingono come una vittima, come una persona da compatire, come un uomo con cui le donne possono fare come vogliono, usarmi e poi buttarmi quando non ne possono più.
Ho letto qualcosa su internet purtroppo, anche se Radja mi ha sempre detto di evitare i social per un po'. Non ce l'ho fatta e sono andato a sbirciare. Ho visto gente taggarmi e prendersi gioco di me con battutine di pessimo gusto, giornalisti che hanno raccontato per filo e per segno cosa sia successo, meme con le corna a mo di temtation island, la mia faccia sul corpo di Rocco Siffredi con donne attorno in night club come sfondo. Certe hanno fatto simpatia, tipo l'ultima. Ma sono le parole pesanti sotto le foto che non mi vanno giù. Vorrei prendere uno ad uno quelle persone e dirgli di provare a mettersi nei panni degli altri, di smettere di offendere, non me lo merito perché chiunque abbia scritto non conosce me, Kostas uomo. Conosce solo Kostas calciatore. Ho spento tutto, sui social adesso ci vado poco e niente, per una volta ho seguito il consiglio di un mio amico.
Non lo sanno che io volevo solo essere libero, però poi ho incontrato quella stronza che mi ha stravolto questa vita di merda. Mi sono illuso di credere che potevamo essere felici insieme ed io mi sono fidato, come sempre delle persone sbagliate. Pensavo di salvarla, ma come puoi salvare una persona se questa non vuole essere salvata? Non lo puoi fare, ho fatto tutto da solo, non mi pento ma potevo evitare benissimo. Evitare questo dolore che mi rende ancora piu fragile.
Non si direbbe vista la stazza, ma lo sono. Un uomo che si fa toccare da emozioni che non deve avere. Che non può avere. E a volte mi sento uno stupido solo perché penso sempre agli altri e mai a me. Esco dalla doccia e sento suonare il campanello. Chi cazzo è ora? Forse Radja visto che ogni santo giorno viene a rompere le palle a vedere come sto. Come devo sta? Come un cojone. Risuona.
"E eccooooo! Cazzo!" urlo come se potesse sentirmi. Mi lego l'asciugamano in vita e scendo. Apro la porta ma non vedo nessuno. Che strano. Mi affaccio e vedo qualcuno fuori il cancello. Accosto la porta dietro di me mettendo la chiave dentro la serratura sennò rimango fuori se c'è corrente. Mi metto le ciabatte e mi incammino davanti al cancello fino a focalizzare per bene l'immagine davanti a me.

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Spazio autrice

Ho cambiato il titolo spero vi piaccia di più 🤗🤗
Avrà un significato..

Comunque ho deciso di darvi un capitolo anche oggi, amatemi😂

Qui, ti ho salvato dal buio. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora