3 capitolo: Lukas

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 Quegli occhi li conosco. Sono consapevole che sto fissando quel ragazzo senza alcun ritegno, ma non posso farne a meno, quasi sicuramente penserà che sono una psicopatica. Adesso devo riprendere il controllo del mio corpo e della situazione, poi capirò perché quegli occhi mi sembrano così famigliari.

- Scusa, ciao, sono Maya. Pensavo di trovare in casa i gemelli, ma tu chi sei?

- Sono Lukas e sono il fratello di Grazia, la mamma dei gemelli. Se non ricordo male tu sei la loro baby-sitter.

Ribatto d'impulso e leggermente scocciata.

- Come fai a saperlo?

Mi sento in svantaggio, lui sa chi sono mentre io non avevo nemmeno idea che i gemelli avessero uno zio, tanto meno che ne avessero uno così figo. Sì, perché Lukas mi sta squadrando dalla testa a i piedi o meglio dalla testa alla carrozzina, come se fossi io quella mezza nuda, quando al contrario è lui che senza vergogna sta di fronte ad una perfetta sconosciuta in accappatoio.

- I gemelli ti adorano e credono siano anche segretamente innamorati di te. Ero curioso di conoscere la famigerata Maya, devo dire che la fama è stata ben meritata.

Molto preoccupata cerco di capire contro quale titolo dovrò lottare.

- Esattamente quale fama mi ha preceduta?

Se i gemelli hanno raccontato qualcosa di sconveniente questa volta li strozzo. Purtroppo passando molto tempo con loro ed essendo così piccoli spesso ho dovuto fare scelte un po' imbarazzanti, come andare in bagno con la porta socchiusa o sputacchiare e ruttare come uno scaricatore di porto solo per attirare la loro attenzione.

- Bella, bella e più bella anche della principessa Elsa di Closen!

- Frozen, Elsa è la regina di Arendelle in Frozen.

Ignorante e sfrontato, ma simpatico.

- Vieni, ti offro qualcosa.

Sto pensando e ripensando se qualcuno mi ha mai parlato di lui. Mi viene in mente che qualche volta Grazia, la mamma dei gemelli, mi ha raccontato di questo zio francese con il quale parlano telefonicamente una volta alla settimana e che li tiene al telefono un sacco di tempo, ma avevo pensato ad uno zio anziano e barboso e non a questo super figo dagli occhi nocciola fuoco. Ma dove ho già visto quegli occhi? Lo seguo in cucina, è molto educato e mi propone un bicchiere di thè freddo al limone. È la mia bevanda preferita, che i gemelli gli abbiano detto anche questo? Mi sento strana, serena e tranquilla e mi accorgo che per la prima volta da tanto, tanto tempo mi sono dimenticata di essere paraplegica e ho affrontato una conversazione senza preoccuparmi di cosa pensa il mio interlocutore della mia situazione. Lo guardo con maggior attenzione mentre si versa anche lui un bicchiere di thè. È molto carino, avrà venticinque o ventisei anni, è alto, anche se la mia percezione dell'altezza da quando sto seduta qui è un po' cambiata. Comunque sono certa che se anche mi trovassi in piedi mi supererebbe di almeno quindici centimetri. Capello biondo scuro ribelle, corti sulla nuca e più lunghi sulla fronte. Fisico atletico che da una certa sicurezza sebbene non si notino muscoli particolarmente sviluppati - Chicco, sotto questo aspetto, è decisamente più dotato. Ha un'aria rassicurante ma anche misteriosa, come se avesse dei segreti ma che sono pronti per essere scoperti. Mi piace anche il suo nome, di evidente origine latina, il cui significa se non ricordo male è "luce". Ma ciò che colpisce immediatamente al primo sguardo sono i suoi occhi, credo si possano definire nocciola, ma in realtà hanno sfumature che tendono al rosso e all' arancio. Sembrano fiammelle che si materializzano ad intermittenza nella sua iride, ne sono affascinata e forse anche un poco spaventata. Il mio esame accurato non sfugge a Lukas che però non pare esserne turbato, al contrario si lascia rimirare con un pizzico di vanità. Faccio un confronto e mi rabbuio, penso a lui così fiero e slanciato verso il cielo e il futuro e io china su me stessa e relegata a guardarmi i piedi, qualcuno la chiama depressione, io la chiamo dura realtà. Questi pensieri cupi cambiano la sensazione di parità che ho provato fino a poco fa e Lukas se ne accorge perché i suoi occhi sempre più infuocati mi fissano perplessi, riesco quasi a capire, senza che pronunci parole, la domanda che si sta facendo: perché quella ragazza ha cambiato umore? Non è la prima volta che mi capita, spesso in un momento di apparente serenità mi rabbuio e le persone che mi circondano si crucciano pensando di aver fatto o detto qualcosa di sbagliato. Il problema non sono gli altri, piuttosto sono io, che senza preavviso mi lascio deprimere da piccoli dettagli che ai più sembrano inconsistenti, mentre per me diventano motivo di sconforto e rabbia. Ad esempio una farfalla che mi svolazza accanto e che mi ricorda che mai più riuscirò a sentirmi libera dalle catene della mia sedia a rotelle o la risata cristallina di un bambino che mi ricorda che non potrò mai regalare quella stessa sensazione di sicurezza e protezione che rendono un bambino libero di sorridere spensierato o ancora la scia bianca di un aeroplano che sfreccia verso l'ignoto che mi ricorda a quanti viaggi dovrò rinunciare per la mia dipendenza a persone, cose e situazioni. Mi rendo conto che la mia è pura autocommiserazione e so anche che quel dannato giorno poteva andarmi molto peggio, ma non sono ancora capace di non soffrirne, sebbene sia pienamente consapevole della mia condizione e di ciò che comporta e estremamente convinta di poterci convivere.

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