capitolo 5: Primo contatto

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Dovevo tacere e lasciare a lui l'incomodo di trovare qualcosa da dire. Prendo la caffettiera, la riempio e la mette sul gas. Mia madre ha sistemato tutto in modo che io sia perfettamente autonoma, la maggior parte dei ripiani alti sono vuoti o contengono elettrodomestici e pentolame che usiamo poco o per nulla. Tutto è posizionato a portata di sedia a rotelle. Pochi minuti e nella stanza si diffonde un aroma delizioso, mi stuzzica le narici e mi fa venir voglia di berne una tazza con lui. Preparo lo zucchero e il latte, non so come gli piaccia, ma se due più due fa ancora quattro lo berrà nero e amaro. Si è già accomodato e dopo aver versato il caffè in due graziose tazze colorate che fanno le smorfie, mi avvicino a lui.

- Hai per caso dello zucchero di canna?

Ho sbagliato, gli piace zuccherato ed ha anche gusti ben precisi. Ricordo che mia madre tiene lo zucchero di canna per quando prepara i cookies, ma non sono certa di sapere dove si trovi. Apro un paio di antine, ma non c'è. Provo nella dispensa sulla parete opposta, ma anche qui non lo trovo.

- Forse è là sopra!

Lukas mi suggerisce una mensola piuttosto alta sopra la quale si scorge un barattolo di vetro dal contenuto ambrato. Se non sbaglio è proprio quella che cercavo, ma non ci arriverò mai. Mi volto verso di lui con lo sguardo costernato e lo vedo bere il suo caffè nero e senza zucchero. A quel punto capisco tutto.

- Perché lo hai fatto? Ti piace prendermi in giro? Trovi che sia divertente giocarti di una disabile?

Sono infuriata, sto bisbigliando solo perché non voglio svegliare i gemelli, benché sappia per esperienza che il loro sonno è innaturalmente pesante. Sputo le parole come fossero veleno amaro e disgustoso. Desidero ardentemente vendicarmi per quello che mi ha detto a casa di sua sorella e per quanto mi ha appena fatto. È un mostro, senza cuore e senza orgoglio e non voglio rivederlo mai più. Lukas si è alzato e cammina verso di me, prende con facilità la candida zuccheriera e la appoggia con violenza sul tavolo.

- Se tu fossi una vera disabile avrei taciuto e come ho appena fatto mi sarei servito da solo per non metterti in imbarazzo. Ma tu puoi camminare e invece stai rannicchiata su quella sedia a rotelle recitando la parte dell'inferma solo per paura di quello che hai visto quella sera. Puoi far finta con gli altri, ma non come me. Io so chi sei.

Nei suoi occhi le fiamme dell'inferno.

- Cosa vuoi da me? Di cosa diavolo stai parlando e chi ti credi di essere? Io ho un proiettile nella colonna e non recito proprio nulla!

Gli urlo queste parole come lava infuocata che fuoriesce indomita e prepotente dalla bocca di un vulcano. Lo odio e non lo voglio in questa casa. Deve andarsene. Io non ho visto niente quel giorno, però perché ho capito immediatamente a quale giorno si riferisce? Seppellisco questo pensiero in un angolo profondo della mia coscienza, non voglio affrontare questa domanda e la sua risposta. I fatti certi sono che io non sono nessuno e lui non sa un bel niente di quello che posso o non posso fare. La furia divampa incontrollabile e sento limpidamente il fuoco accendersi nelle mie vene, il calore delle fiamme diffondersi nelle braccia e nelle gambe. Mi pizzicano i piedi e mi formicolano le mani, brividi incandescenti percorrono il mio corpo da capo a piedi, mi sento potente, sicura, un leone pronto a sbranare la sua preda.

- Vattene! Vattene via da questa casa e non tornare mai più!

Lukas sorride molto più sereno di quanto la situazione preveda, i suoi occhi sono tornati normali, nocciola dorati, non più arroventati. Mi squadra dall'alto al basso, soffermandosi sul mio volto, poi fa un cenno con le sopracciglia sollevandole leggermente e indicando con lo sguardo il pavimento. Guardo giù... giù... sempre più giù. Da quanto tempo il giù non era più così giù? Oh Cielo Santo! Sono in piedi e mi sono alzata senza l'aiuto di niente e nessuno, non ho fatto leva sui braccioli, non ho ancorata i piedi a terra, non ho riflettuto su quale muscolo utilizzare per riuscire a sollevarmi. Sono in piedi! Lo guardo sbalordita, ma lui mi sta già parlando.

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